IL GRANDE LIBRO: IL CONTESTO STORICO E I LUOGHI
padre Michele Piccirillo, Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme
1. Una
lettura "materiale" della Bibbia
Esistono molti modi per accostarsi alla Bibbia e per ricavarne il
messaggio; oggi vi parlerò di un modo tutto particolare: è
quello di chi, come me, svolge la professione di geografo –
archeologo.
Secondo il punto di vista di chi si occupa di queste discipline, la
Bibbia è un libro dell'antichità di cui si può
dare una "lettura materiale", che accantona per un
momento il racconto e dà la priorità allo studio dei
luoghi e dei fatti storici: la raccolta dei dati inerenti luoghi e
fatti permetterà poi di intendere con maggiore esattezza il
significato del testo biblico.
Il testo biblico
può essere studiato come storia della salvezza, ma anche come
"storia", e la storia per essere tale deve essere legata
a un territorio e a tempi precisi. Certamente questa è la
parte iniziale del discorso biblico, sul quale poi l'esegeta
lavorerà per capire correttamente il testo.
Se da cent'anni
a questa parte possiamo disporre di strumenti molto raffinati per
penetrare nella Bibbia, dobbiamo proprio ringraziare il lavoro degli
archeologi; l'inizio della ricerca archeologica in Mesopotamia,
Egitto, e nella stessa Terra Santa, ha portato veramente una grossa
novità nella conoscenza del mondo della Bibbia e dello stesso
testo biblico.
Parleremo dunque
della dimensione geografica e storica della Bibbia, individuando le
fonti archeologiche e documentarie che ci permettono di ricostruire
il messaggio di salvezza di cui il popolo d'Israele è
portatore per l'umanità intera. Da Abramo, a Davide, a
Gesù, l'opera di Dio si svolge in questa terra prima di
diventare il lieto messaggio, l'evangelo annunciato ai popoli
del mondo.
2. L'orizzonte
geografico che fa da sfondo al racconto biblico
L'orizzonte
geografico che fa da sfondo al racconto biblico, letterariamente e
ideologicamente formulato sul regno di Davide, è l'area
siro-palestinese, una regione geograficamente stretta tra il deserto
e il mare, corridoio di passaggio tra l'Asia e l'Africa,
tra l'Oceano Indiano e il Mediterraneo, situata tra il 27°
e il 36° grado di latitudine nord, e il 33° e il 39°
grado di longitudine est.
Politicamente oggi
tale territorio è diviso tra la Repubblica Araba di Siria, il
Libano, il Regno Hashemita di Giordania, lo Stato di Israele, i
Territori dell'Autonomia Palestinese, e la penisola di Sinai,
territorio della Repubblica Araba d'Egitto.
La
Siria-Palestina si configura grosso modo come un altopiano chiuso tra
le montagne dell'Amano, a nord di Antiochia, e la valle del
fiume Eufrate, a est, e il deserto arabico e il mar Rosso, a sud. Una
fascia di terra morfologicamente movimentata che, prima di
affacciarsi sul mare Mediterraneo, è interrotta in longitudine
dalla fossa siro-giordana, e tagliata in latitudine da profondi e
scoscesi wadi nel sud palestinese.
Il territorio
abitato e coltivato può essere diviso in due bacini fluviali.
Il bacino settentrionale, con centro a Baalbek, nella Beqaa (o conca)
libanese, dove hanno origine il fiume Oronte che scorre verso il
nord e il fiume Litani che scorre verso il sud, e il bacino
meridionale che comprende la parte della depressione siro-giordana
dove scorre il fiume Giordano, più il mar Morto e la valle
dell'Araba, fino al mar Rosso. L'Oronte, che verso il
nord scorre tra le montagne Alawat a ovest e le pendici delle colline
che chiudono la regione intorno ad Aleppo, irriga la piana di Homs,
di Hama, di Apamea e di Antiochia, formando sul mare il porto di
Seleucia. Nell'alta valle dell'Eufrate, confine naturale
della Siria settentrionale, sorsero nell'antichità le
città di Karkemish e di Mari.
L'area
centrale del territorio siro-libanese, fino alla valle del Litani,
comprende la montagna del Libano e dell'Antilibano più
il monte Ermon, separati dalla Beqaa. Il fiume Barada, che scende a
irrigare l'oasi di Damasco, separa la catena dell'Antilibano
dal monte Ermon. Sulla costa siro-libanese si svilupparono città
portuali importanti come Ugarit, Arrvad, Tripoli, Sumur, Biblos,
Sidone, Tiro e Acco.
Dalle pendici del
monte Ermon nasce il fiume Giordano che, dopo aver attraversato la
valle di Hule e il lago di Tiberiade, termina nel mar Morto,
aprendosi il percorso tortuoso nelle collinette marnose del Ghor (o
depressione), nome con il quale è conosciuta dagli Arabi la
valle del Giordano e del mar Morto. Il territorio, ad est e ad ovest
della fossa giordanica, due aree geologicamente simili, costituisce
la regione meridionale della Siria – Palestina. L'altopiano
del Golan, chiuso a sud dalla valle dello Yarmuk, fronteggia a est la
montagna della Galilea, interrotta a nord dal corso del fiume Litani,
e a sud dalla pianura di Esdrelon. Il Jebel Ajlun, sulla sponda
settentrionale del wadi Yabbok o Zerqa, fronteggia la montagna di
Efraim o di Samaria divisa in due dal wadi Faria. L'altopiano
di Madaba, tra Amman e il wadi Mujib-Arnon (la Belqa dei geografi
arabi), fronteggia il deserto e la montagna di Giuda. L'altopiano
di Moab e le montagne di Edom (la Shara dei geografi arabi), dallo
Zered-Hesa al mar Rosso, fronteggiano il Negev palestinese.
Sulla costa
palestinese, poco adatta all'attività portuale, la
montagna del Carmelo divide la pianura di Acco, chiusa a nord dal
capo di Ras en-Naqura, dalla pianura di Sharon con i porti di Dor e
di Cesarea sul mare. A sud del fiume Yarkon, fino al Nahal Besor (o
wadi Ghazzeh) si estende la pianura della Filistea, con le città
portuali di Joppa, Ascalon e Gaza. Nell'interno, stretta tra
le montagne della Galilea, il Carmelo e le montagne di Samaria, si
estende la pianura di Esdrelon, con le città di Megiddo,
Yoqneam e Taannak. Nella depressione giordanica si allarga la pianura
di Bet Shean irrigata dalle acque del Nahal harod che sgorgano dalle
pendici del monte Gelboe.
Di fronte, sulla
sponda orientale del fiume, si sviluppò nell'antichità
la città di Phail-Pella. Più in basso, ai piedi della
montagna di Giudea, una sorgente perenne dà vita all'oasi
di Gerico. Altre sorgenti danno vita, sulla sponda occidentale del
mar Morto, all'oasi di En Gheddi. Tra le altre città
della regione di notevole importanza storica, dobbiamo ricordare Dan,
alle sorgenti del Giordano, Hazor sul margine occidentale della piana
acquitrinosa di Hule, Kadesh di Neftali, sulla montagna galilaica,
Sichem e Samaria nel cuore della montagna di Efraim, Gerusalemme e
Ebron sulla montagna di Giuda, Gezer nella zona collinosa o Shefela,
Beersheba nel Negev, e Elat sulla sponda del mar Rosso.
Le difficoltà
ambientali, quali la mancanza di precipitazioni e di sorgenti, e la
povertà del suolo, che aumentano man mano che ci si spinge
verso est e si scende verso sud, riducono l'area coltivabile e
abitabile, in condizioni normali di vita sedentaria, a una fascia
profonda un centinaio di chilometri, al margine della steppa e del
deserto, che hanno un posto preponderante nel quadro naturale del
territorio siro-palestinese. Non si tratta del deserto di sabbia,
presente solo in parte nella penisola sinaitica, ma di un terreno
arido per mancanza di acqua, che può essere vivificato durante
la stagione delle piogge, e produrre non solo vegetazione spontanea,
pascolo delle greggi, ma anche cereali seminati dai beduini
seminomadi che si cambiano per l'occasione in agricoltori. Con
il deserto arabico, che progressivamente cede il posto alla steppa
dell'altopiano siriano, in area palestinese ricordiamo il
deserto di Giudea, sul versante orientale della montagna di Giuda e
di Efraim, che delimita a ovest la valle del Giordano e la sponda
occidentale del mar Morto, che continua a sud nel Negev.
All'estremo
limite della regione, si estende il cuneo della penisola sinaitica
lanciato nelle acque del mar Rosso, tra il golfo di Suez e il golfo
di Aqaba, che con il massiccio granitico meridionale si alza oltre i
2000 metri. Gran parte delle piogge torrenziali che si abbattono
sull'altopiano centrale della penisola trovano la loro strada
verso il Mediterraneo raccogliendosi nell'immenso bacino del
wadi-el-Arish, confine naturale e storico tra la Siria-Palestina e
l'Egitto.
3. La Terra promessa ai padri
"E una terra
buona, terra con torrenti e sorgenti che scaturiscono dagli abissi
nelle valli e sulle montagne, terra di frumento, orzo, viti, fichi e
melograni, terra di oliveti e miele... La terra in cui entrate in
possesso è una terra di monti e di valli che si abbevera
dell'acque e della pioggia del cielo, una terra di cui ha cura
Yahweh tuo Dio (
Dt 8, 7-9; 11,10-15)
Ad Abramo,
capostipite della nazione, Dio disse: "Esci dalla tua terra...
verso la terra che ti indicherò. Io farò di te una
grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo
nome, che diverrà una benedizione. Benedirò coloro che
benediranno e maledirò coloro che ti malediranno. In te si
diranno benedette tutte le tribù della terra " (
Gn
12, 1-3).
Abramo "si
incamminò verso la terra di Canaan, dove ancora una volta Dio
gli apparve per dirgli: Alla tua discendenza io darò questa
terra" (
Gn 12, 7). Promessa sanzionata da una alleanza:
"Alla tua discendenza io do questo paese, dal torrente d'Egitto
fino al grande fiume, il fiume Eufrate" (
Gn 15, 18).
Il nome Canaan ci
dà dunque una chiave di lettura per intendere gli eventi che
si snodano lungo la Bibbia per millenni; a partire dalla storia di
Abramo che risale all'incirca al XX sec. a.C.
Con il termine
tardivo di "oltre il fiume", equivalente del Canaan,
nella geografia teologica biblica il regno davidico-salomonico viene
presentato come la realizzazione storica della promessa fatta ad
Abramo, ripetuta ai patriarchi e, per ultimo, a Mosè: "Va',
di' ai figli di Israele: Io sono Dio. Vi farò uscire
dall'oppressione degli Egiziani.... vi assumerò come mio
popolo e sarò il vostro Dio... vi introdurrò nella
terra che ho giurato ... di dare ad Abramo, a Isacco e Giacobbe: la
darò a voi in proprietà (
Es 5, 6-8).
Ma è in
Davide, l'Unto del Signore, il re secondo il cuore di Dio, che
confluirono le tradizioni e le speranze delle tribù di Giuda e
di Israele, così da costituire il nucleo storico e familiare
del suo regno. Il patrimonio tribale comune, sul quale si sviluppò
la nuova nazione erede di tradizioni diverse e spesso parallele delle
singole tribù, confluì in una visione storico-teologica
unitaria che ebbe nell'espressione geografica della Terra
promessa ai padri e conquistata da Davide un supporto ideologico
definitivo e programmatico.
Da fuggiasco nel
deserto di Giuda, al tempo di Saul, a capobanda di scontenti e
vassallo del re filisteo di Gat, Davide divenne re di Giuda e delle
tribù meridionali del Negev da lui beneficate: "Vennero
gli uomini di Giuda e là (nella città di Ebron) unsero
Davide re della casa di Giuda (
2 Sam 2, 1-4;
1 Sam 30,
26-31). La successiva adesione della tribù di Beniamino e
delle tribù di Israele, presenti nel nord del paese, sulla
montagna di Efraim, sulla montagna di Neftali e a est del Giordano
(
2 Sam 5, 1-5) che inizialmente parteggiavano per Saul e i
suoi discendenti (
2 Sam 5, 2-9), rese possibile la
sottomissione delle città cananee, l'elemento sedentario
nella regione accanto all'elemento tribale semi-nomade in via
di sedentarizzazione, e l'unificazione del territorio.
Davide è il
nuovo Abramo che realizza la promessa di Dio; a lui, giunto al
massimo della sua potenza, Dio promise: "Ti farò un nome
grande come il nome dei grandi della terra. Fisserò un luogo
al mio popolo Israele e ve lo stabilirò ... Te poi Dio farà
grande" (2 Sam 7,9-11).
Di Salomone,
figlio di Davide, si dirà che "regnava su tutti i
regni, dal fiume fino al paese dei Filistei e al confine d'Egitto.
Egli infatti dominava su tutto il paese oltre il fiume, da Tipsa fino
a Gaza su tutti i re oltre il fiume, mentre tutt'intorno ai
suoi confini c'era pace "( 1 Re 5, 1-4).
"In seguito,
tutti gli anziani di Israele vennero dal re a Ebron: il re Davide
strinse con loro un patto a Ebron al cospetto di Dio ed essi unsero
Davide re d'Israele. Davide a Ebron regnò su Giuda ... a
Gerusalemme regnò su tutto Israele e su Giuda" (
2 Sam
5, 1-5)
Con la
terminologia usata (
Giuda... Israele... tutto Israele) il
redattore ha voluto evidenziare il passaggio graduale della regalità
davidica che raggiunge il suo vertice ideale quando Davide diventa re
di Gerusalemme, città posta strategicamente sullo spartiacque
della montagna, al crocevia di strade importanti. La cittadella reale
di Sion, politicamente neutrale, perché al di fuori dei
blocchi tribali del sud e del nord, con il suo tempio, divenuto
santuario del regno e della dinastia, resterà così
legata al futuro della discendenza di Davide.
I rapporti di
amicizia e di alleanza con i Fenici (
2 Sam 5, 11), e i re di
Hama e di Geshur (
2 Sam 3,3; 8, 9-10), al nord, e le pesanti
sconfitte con le quali sottomise a tributo i Filistei della costa
palestinese, gli Aramei, gli Ammoniti, i Moabiti, e gli Edomiti sul
confine orientale (
2 Sam 8, 1-14), più che aggiungere
nuovi territori, frutto di una politica espansionistica a danno di
popoli considerati e rispettati come discendenti di padri comuni,
significarono controllo dei confini e sicurezza politica ed
economica per tutto Israele.
Il territorio sul
quale si trovò a regnare Davide è descritto
sinteticamente con l'espressione "da Dan a Beersheba"
(
2 Sam 3, 10), e più in dettaglio dalla descrizione
dell'itinerario seguito dai funzionari reali durante il
censimento del regno: "Girate per tutte le tribù di
Israele da Dan a Beersheba e passate in rassegna la popolazione, così
che io possa saperne il numero". Joab e i suoi uomini
"passarono il Giordano e si accamparono ad Aroer ... poi
proseguirono per Gad fino a Jazer. Giunsero poi in Galaad e nella
regione sottostante all'Ermon, andarono a Dan e da Dan
piegarono verso Sidone. Vennero alla fortezza di Tiroe a tutte le
città degli Ivvei e dei Cananei. Infine uscirono al Negev di
Giuda, a Beersheba. Girarono dunque tutto il paese, e tornarono a
Gerusalemme (
2 Sam 24, 2.5-8).
Questo territorio
se non durante il regno di Davide (come farebbe supporre
1 Cr 27),
certamente al tempo di Salomone, fu diviso in dodici distretti
amministrativi, comprendenti il territorio tribale e le città
cananee sottomesse (
2 Sam 4,7-19).
Dal confronto tra
l'estensione di tale territorio reale, confermata da tutta la
storia seguente del popolo di Israele, e la doppia serie di testi che
presentano il regno davidico-salomnico come realizzazione della
promessa fatta ai Padri e perciò come il Canaan, risulta
chiara la natura teologico-letteraria dello schema storico-geografico
adottato dagli autori biblici nel racconto della storia della
salvezza.
4.
L'identificazione dei luoghi biblici: le fonti
antiche extra bibliche
Nell'Antico
Testamento le località importanti citate sono intorno a 600
nomi; finora ne sono state identificate soltanto 200; con buona
approssimazione ne possiamo individuare altre 200, ma il resto è
completamente sconosciuto.
A questo proposito
apro una parentesi: anche oggi vengono pubblicati molti atlanti
biblici, dove è possibile trovare la collocazione di tutti i
nomi di località citati nel Testo sacro, e questo fa molto
comodo a chi vuol leggere con competenza la Bibbia. Purtroppo però
molte di quelle indicazioni non sono attendibili; di gran parte di
quei nomi, infatti, non esistono a tutt'oggi identificazioni
certe, ma possiamo dire solo con molta approssimazione dove potevano
trovarsi.
Gli archeologi e i
geografi stanno cercando di imporre la collocazione almeno di un
punto interrogativo accanto ai nomi delle località
sconosciute che invece vengono indicate negli atlanti biblici come
identificate con certezza.
Di grande aiuto
per dare una precisa collocazione territoriale e geografica ai tanti
nomi di località che troviamo nella Bibbia è
l'
"Onomasticon dei luoghi biblici",
un'opera del vescovo Eusebio di Cesarea, del III secolo d. C.
Eusebio di Cesarea
raccolse tutti i nomi di località del testo biblico e cercò
di identificare le singole località a livello geografico. Sono
quasi novecento nomi, presi però dal testo greco, non ebraico,
ma soltanto per quattrocento di essi dice "oggi sono",
cioè corrispondono a un certo villaggio che conosciamo oggi, e
li localizza. Al suo tempo Tolomeo aveva già usato i concetti
di latitudine e di longitudine, ma Eusebio di Cesarea non li
utilizza, preferendo alla geografia matematica quella descrittiva.
Se consideriamo,
per esempio, il termina Nebo, località dalla quale Mosè,
prima di morire, volle dare uno sguardo alla Terra promessa,
l'"
Onomasticon" lo cita almeno tre volte
come montagna, città, fortezza e lo localizza a sud di Esfan,
a nord est di Madaba, al sesto miglio di strada. Certamente è
un'indicazione molto vaga, ma per noi è un primo
tentativo di quel lavoro scientifico che deve porsi alla base della
conoscenza del testo biblico.
Per ricavare in
modo scientifico i dati che ci interessano, a proposito dei luoghi
citati dalla Bibbia, occorre partire da lontano, dalla conoscenza che
di quel territorio avevano i popoli vicini, all'epoca in cui si
svolsero i fatti narrati nella Bibbia.
La Siria –
Palestina, la zona geografica che noi consideriamo terra biblica, si
trova tra la Mesopotamia (l'attuale Iraq), e la valle d'Egitto
ed è quindi naturale che questa terra si trovi spesso citata
in testi scritti egiziani e mesopotamici.
I beduini del
deserto sinaitico, a sud, e quelli della steppa siriaca, a nord, che
premevano come una minaccia sulla frontiera orientale dell'Egitto
e sul confine occidentale mesopotamico, nei documenti più
antichi caratterizzano gli abitanti della Siria – Palestina. La
penisola sinaitica, per la sua vicinanza al confine egiziano, è
con i suoi abitanti la prima regione a essere ricordata. Sull'entrata
delle miniere di rame e di turchese di Mughara, aperte al tempo dei
primi faraoni egiziani nella regione mineraria della costa
occidentale della penisola, furono scolpiti dei bassorilievi che
rappresentano il faraone che colpisce a morte un siriano nomade, un
Harw Shashu (un Hurrita di quelli che camminano sulla sabbia), titolo
spregiativo che accompagnerà nei testi egiziani posteriori le
popolazioni della Siria – Palestina. Gli Shashu, i beduini,
erano trattati dagli Egiziani con molto disprezzo perché non
avevano né casa né un posto fisso per pregare, né
tombe (e si sa quanto gli Egiziani tenevano alle tombe: i beduini
invece mettevano i morti in pelli di animali e li seppellivano nella
sabbia).
La prima
descrizione della montagna palestinese caratterizzata da città
fortificate, da fichi e vigneti, la dà il racconto di una
spedizione militare condotta vittoriosamente dall'ufficiale Uni
al tempo del faraone Pepi I (2375 – 2350 a. C.): "Quando
sua Maestà attaccò gli Asiatici nomadi – si legge
sulle pareti della tomba di Uni – Sua Maestà formò
un esercito di molte decine di migliaia e mi inviò alla testa
di tale esercito ... Tornò l'esercito in pace, dopo aver
distrutto la terra dei nomadi ... tornò l'esercito in
pace dopo che aveva saccheggiato e distrutto le fortificazioni dei
nomadi ... dopo che aveva tagliato i suoi fichi e le sue viti ...
dopo che aveva appiccato il fuoco alle case di quella gente".
L'asprezza
e le difficoltà della regione orientale, contrapposta alla
valle del Nilo piana e ricca di acqua, è uno dei temi di un
testo politico – militare della fine del III millenio. Kheti
II, presunto autore dell'insegnamento al figlio Merikara, tra
le imprese più significative ricorda il rafforzamento della
frontiera orientale dell'Egitto contro i nomadi asiatici che
abitano una zona impraticabile, montagnosa e priva di acqua. "...
E' cattivo il luogo dove abitano, povero d'acqua,
impraticabile a causa dei numerosi alberi, con strada impossibili a
causa dei monti.... Non abita in un solo posto, ma i suoi piedi
vagano e camminano. Combatte fin dal tempo di Horo, ma non vince e
non è sconfitto.. Non comunica il giorno del combattimento,
come un ladrone cacciato dalle truppe regolari..."
Storicamente il testo è notevole anche per il ricordo della
Strada di Horo che conduceva verso oriente, difesa da un sistema di
fortini, i Muri del Principe, ricordati in altri testi contemporanei.
Mentre gli
Egiziani si difendevano contro i Shashu a oriente, i re mesopotamici
prendevano analoghi provvedimenti contro i popoli di Amurru (gli
Amorrei, letteralmente "occidentali", abitanti nella
Siria settentrionale, a occidente della Mesopotamia) che tentavano di
invadere la pianura tra il Tigri e l'Eufrate. Di Shu Sin, re
della III dinastia di Ur (1977 – 1968 a. C.), le cronache
ricordano come respinse le orde amorreee e costruì un muro di
difesa: "Anno in cui Shu Sin costruì il muro di Amurru
Muriq Tidnim (che tiene lontano gli Amorrei)". Le descrizioni
che gli scribi mesopotamici danno dei nomadi amorrei gareggiano con i
titoli ingiuriosi dei colleghi egiziani. Gli Amorrei sono nomadi che
non conoscono casa, montanari che non conoscono città, che non
piegano le ginocchia (che non pregano), che mangiano carne cruda, che
"durante la vita non hanno casa, che dopo la morte non hanno
sepoltura".
Per l'epoca
precedente, la Cronaca di Sargon e altri documenti mesopotamici
ricordano come il re Sargon, fondatore della dinastia di Akkad (2370
– 2190 a. C), e dopo di lui Naram Sin conquistarono la regione
di Amurru con le città di Mari, di Iarmuti e di Ebla, fino
alla foresta dei cedri (il Libano) e alle montagne di argento (Amano
e Tauro), dal mare superiore al mare inferiore (dal Mediterraneo al
Golfo Persico).
La descrizione più
pittoresca, esatta e umanamente cordiale del mondo siro
-palestinese, la si legge nella storia di Sinuhe, un'opera di
propaganda lealista in favore del nuovo ordine instaurato in Egitto
da Amenemhet I (1991 – 1962 a. C.). In un tempo di torbidi
politici che precedettero la restaurazione della XVII dinastia, un
funzionario egiziano, Sinuhe, cerca rifugio in Asia. Il racconto è
in prima persona. All'annuncio della morte del faraone, Sinuhe,
fuori di sé, si dà alla fuga dirigendosi verso oriente:
"Toccai i Muri del Principe, fatti per tenere lontani gli
Asiatici e schiacciare i nomadi... Camminai di notte ... mi prese un
assalto di sete, ero riarso e la mia gola era secca, allora dissi:
Questo è il gusto della morte. Mi risollevai il cuore e riunii
le mie membra quando udii la voce del muggito di armenti e scorsi
degli Asiatici. Il loro capo che era stato in Egitto mi riconobbe,
mi dette dell'acqua, mi cosse del latte e andai con lui nella
sua tribù.... Mi diressi a Biblos e mi avvicinai a Qedem... Mi
fece scegliere nel suo paese del meglio che possedesse sul confine
con un altro paese. Era una bella terra, Yaa era il suo nome: vi
erano fichi e uva, il vino era più abbondante dell'acqua.
Molto era il suo miele, abbondante il suo olio, ogni specie di frutti
era sui suoi alberi. C'era orzo e frumento e bestiame di ogni
tipo, senza numero ... e latte in tutto ciò che si cuoceva".
E' una descrizione che trova paralleli nelle più belle
pagine della Bibbia (
Os 14,6ss).
A partire dal II
millennio a.C. i rapporti tra i due popoli si erano fatti sempre più
intensi e tesi. I
Testi di Esecrazione, datati al XIX sec.
a.C., ne danno una testimonianza drammatica. Consistono in una doppia
serie di testi tracciati su coppe e statuette di terracotta in forma
di prigionieri, che furono rotte in un gesto di maledizione, forse
prima di una spedizione militare. Vi si leggono i nomi di città
della Siria – Palestina, come Gerusalemme, Sichem, Pahil-Pella,
Hazor, Laish-Dan, Acco, Jibeil-Biblos; i nomi di tribù o
popoli come gli Shutu ("figli di Set" di
Num 24,
17?), considerati nemici dell'Egitto. Malgrado le difese, gli
Asiatici riuscirono a sfondare il Muro del Principe e a occupare il
Delta egiziano, restandovi padroni per almeno tre secoli (durante il
periodo degli Hyksos, dal XVIII al XVI sec. a.C.), finché la
resistenza egiziana, rafforzatasi a Tebe nell'alto Egitto, non
riuscì con i faraoni della XVIII dinastia a ricacciarli oltre
confine. Sotto la spinta della guerra di liberazione, l'armata
faraonica occupò stabilmente la Siria – Palestina che
per secoli restò la provincia orientale dell'impero, il
Canaan, nome originato dalla costa dove si produceva e si lavorava la
porpora (da
kinahhu, rosso porpora nei documenti hurriti di
Nuzi, al Canaan, come in greco, da
foenix, rosso porpora, la
Fenicia).
Altri documenti
molto importanti sono delle tavolette trovate nella città di
Mari e risalenti al 1700 a. C. Sono scritte in accadico, che era la
lingua internazionale di quell'epoca. In quel tempo la Siria
aveva conquistato la città di Mari, di cui era diventato
governatore il fratello del re di Assiria; in Mari risiedevano quindi
truppe e ufficiali dell'esercito assiro. Tra le tavolette di
Mari abbiamo trovato un dispaccio di un ufficiale che informa i suoi
superiori sul comportamento dell'esercito dei "Cananei".
Sappiamo perciò
che nel 1700 a.C. questo territorio era chiamato Canaan, o almeno che
i suoi abitanti erano chiamati Cananei.
Nel 1500 a. C.
abbiamo la testimonianza di un re di Alalak, un'altra città
della Siria settentrionale, vicino ad Aleppo, la cui statua, che
attualmente si trova a Parigi, al Louvre, reca una singolare scritta
di autocelebrazione. In questa scritta, collocata sul petto della
statua, si dice che il nome del personaggio è Itrimi, di
Alalak, figlio del re di questa città, ma costretto a fuggire
con la sua famiglia per una congiura. Mentre i suoi fratelli si
erano fermati ad Aleppo, egli era riuscito col tempo a formare un
esercito e a riconquistare la città. Per indicare il
territorio intorno ad Aleppo, dove era vissuto, viene usata la parola
Canaan: siamo sull'Eufrate, nel nord della Siria, molto
lontano da quella che noi conosciamo come Palestina.
Con l'avanzata
vittoriosa dell'esercito egiziano verso oriente, diligentemente
registrata, stazione per stazione, dagli scribi guida, siamo in grado
di tracciare l'itinerario di marcia seguito dal faraone
Tutmosis III e dai suoi successori. Da Sile, la fortezza di confine
sulla strada di Horo, l'esercito seguiva il tracciato della
strada che resterà anche per i secoli futuri l'asse
principale di viabilità tra il nord e il sud. Da Sile la
strada proseguiva per Rafia e giungeva a Gaza. Costeggiando il mare,
ma evitando le dune di sabbia della costa palestinese, proseguiva per
Ashdod, Ascalon e Joppa, dove deviava verso la montagna di Samaria
per evitare il passaggio del fiume Yarkon e l'attraversamento
della pianura di Sharon, e giungeva a Afek alle sorgenti del fiume.
Strategicamente delicato era il passaggio della catena del Carmelo.
Negli anni di
Tutmosis III (1490 – 1436 a: C.) si legge: "Anno 23°,
primo mese della terza stagione, giorno 16, nella città di
Yehem. Sua Maestà ordinò un consiglio con il suo
esercito vittorioso dicendo: Il vile nemico di Kadesh è venuto
ed entrato in Megiddo dove egli si trova. Ha radunato là i
grandi di tutti
i paesi che erano
soggetti all'Egitto, i loro cavalli, i loro soldati, le loro
genti. Egli dice: Aspetterò per combattere qui a Megiddo
contro Sua Maestà. Dite quello che è nel vostro cuore".
L'esercito
di Tutmosis III è giunto nella pianura di Sharon senza
incontrare resistenza. Gli esploratori hanno riferito che il nemico,
cioè la coalizione degli staterelli della Siria-Palestina
riuniti dai Mitanni, attendono il faraone a Megiddo, pronti a dare
battaglia all'uscita dei passi che, attraversando il Carmelo,
uniscono la pianura di Sharon con quella di Esdrelon. I generali
fanno presente al faraone la difficoltà:"Essi dissero:
Come è possibile andare per questa via che è così
stretta? I nemici sono là che aspettano all'uscita e
sono numerosi. Non dovrà andare cavallo dietro cavallo e così
gli uomini? Non sarà la nostra avanguardia già in
combattimento mentre la retroguardia sarà ancora a Aruna
(all'entrata del passo) senza poter combattere? Ci sono due
strade (alternative): una delle vie è facile per il nostro
signore e uscirà a Taannak; l'altra è la via a
nord di Gefty e usciremo (lo stesso) alla città di Megiddo.
Possa il nostro signore vittorioso scegliere a suo gradimento fra
queste (due).
Ma non fare che
andiamo per questa strada difficile". Al passo di Ira, più
diretto ma più pericoloso che usciva a Megiddo, i generali
prospettano l'attraversamento del Carmelo con una deviazione
che esce a Yoqneam, a nord di Megiddo, o una strada a sud che sbuca
alla fortezza di Taannak. La decisione del faraone è
presentata senza esitazione: "La mia Maestà andrà
per questa via di Aruna. Venga chi di voi lo desidera al seguito
della mia Maestà. Se no diranno i nemici: Sua maestà è
andata forse per un'altra via perché ha avuto paura di
noi?" La battaglia di Megiddo, vittoriosa per l'esercito
egiziano, decise del futuro della regione.
Un'altra
citazione molto importante si trova in un documento rinvenuto in
Egitto tra le lettere di Tell el-Amarna e risalente al 1400 a.C.;
qui è stato ritrovato, infatti, l'archivio di Aknaton;
le lettere sono scritte in assiro, perché sono state spedite
dalla Mesopotamia e anche dalla Siria.
Nella lettera n. 8
il re di Babilonia scrive al Faraone d'Egitto per chiedergli
che faccia giustizia per l'assassinio di alcuni suoi mercanti
che, dopo aver acquistato in Egitto delle merci, stavano tornando in
Mesopotamia, ma lungo la strada erano stati assaliti, derubati ed
uccisi.
In questa lettera
viene usata la parola Canaan per indicare un territorio che si trova
al sud della Palestina, vicino dunque a luogo che intendiamo noi con
questa indicazione geografica.
Sempre a Tell
el-Amarna sono stati trovati i documenti della cancelleria di
Amenofis III e IV; questi testi ci permettono di conoscere
l'organizzazione amministrativa della nuova provincia di
Canaan. Il Canaan era diviso in tre distretti amministrativi che
facevano capo alle città di Gaza, Sumur e Kumidi. Il distretto
con Gaza capitale comprendeva il territorio palestinese fino a Acco.
L'area settentrionale con Sumur capitale comprendeva le città
della costa libanese, il regno di Amurru e l'alta Galilea. La
Beqaa libanese, la regione di Damasco, con il Bashan e l'alta
valle del Giordano dipendevano dal governatore di Kumidi. A parte il
regno di Amurru, il territorio del Canaan era suddiviso in regni
cittadini, una situazione non molto dissimile da quella che risulta
dai testi biblici al momento della conquista.
Del periodo
ramesside (XIII secolo a.C.) abbiamo un trattato di geografia, la
"Lettera satirica di Hori".
Hori era un maestro
degli scribi e aveva compilato una specie di manuale di addestramento
per gli apprendisti scribi, fatto a domande e risposte; chiedeva, ad
esempio: "Dove si trova l'impero ittita?, "Dove si
trova la città di Jibeil?" e così via.
Tra le varie
domande ce n'è una che chiede: "Dove comincia il
territorio di Canaan? Come si fa per arrivarci e quanti giorni di
cammino ci vogliono?"
E' importante
sapere che uno dei compiti degli scribi era di fare da guida agli
eserciti dei Faraoni. Poiché tra l'Egitto e la Siria –
Palestina c'è il Sinai, una zona completamente
desertica, era essenziale sapere quanti giorni ci volevano per
attraversare quella zona e soprattutto sapere dove si trovavano i
pozzi per l'acqua.
Sempre di epoca
ramesside sono i due tentativi di invasione dei Popoli del mare che,
respinti da Merneptah e da Ramses III, finirono come mercenari
dell'Egitto o furono costretti a fermarsi sul confine
dell'Egitto, sulla costa palestinese. Nell'inno di
vittoria di Marneptah (1224 –1214 a.C.), per la prima volta
leggiamo il nome di Israele insieme alle altre popolazioni della
Siria – Palestina: "Il re cacciò via la tempesta
che era sopra l'Egitto permettendo all'Egitto di rivedere
i raggi del sole. ... Ora c'è pace. Una grande gioia
regna in tutto l'Egitto. I principi prosternati gridano: Pietà.
Nessuno alza la testa tra i Nove Archi. Il paese di Tjehnu è
distrutto, Khatti è in pace. Canaan è stata
saccheggiata con tutto il male. Ascalon è presa e Gezer
catturata. Yeno'am è ridotta come se non fosse mai
esistita. Israele è desolata e non ha più seme. Khor è
rimasta vedova per l'Egitto".
L'ottavo
anno del suo regno (1188 a.C.), Ramses III dovette intervenire per
respingere un'imponente invasione dei popoli del mare
proveniente da terra e dal mare: "Le nazioni straniere ordirono
un complotto nelle loro isole. In una sola volta le terre furono
sconvolte e disperse per la paura. Nessuna terra poté
resistere di fronte alle loro braccia, da Hatti, Kode, Karkemish,
Arzawa, Alasia ... Essi desolarono la terra di Amurru e la sua
terra fu come qualcosa che non è mai esistito. Essi scendevano
verso l'Egitto. Era una confederazione di Peleshet, Tjeker,
Sheklesh, Denyen, Weshesh ... Essi misero le loro mani sulle terre
fino ai confini della terra ... Io organizzai la mia frontiera in
Djahi, preparata contro di loro ... Io avevo preparato le bocche del
fiume come un muro forte, con navi da guerra ... Quelli che
raggiunsero la mia frontiera, il loro seme non è più,
il loro cuore e la loro anima sono finiti per sempre. Quelli che
vennero avanti insieme dal mare, la fiamma era davanti a loro alle
bocche del fiume, mentre una palizzata di lance li circondò
sulla spiaggia. Essi furono trascinati, circondati e prostrati sulla
spiaggia, uccisi, ammucchiati. Le loro navi e i loro beni sprofondati
in acqua..."
Di epoca
salomonica è il testo degli Annali della spedizione del
faraone Sheshonq (Shishaq di
1 Re 14,25). Il testo
identificato dallo Champollion nel 1828 fu il primo documento
extrabiblico decifrato che trattava di un avvenimento ricordato nei
libri dell'Antico Testamento. E' una grande iscrizione su
una parete del tempio di Amon a Karnak, divisibile in due registri: a
destra il faraone che uccide i principi nemici, a sinistra il dio
Amon e la dea Wast che tengono legati con corde i cartigli con i
nomi delle città asiatiche sconfitte dal faraone.
Con i nomi delle
città identificabili, si può seguire l'itinerario
della spedizione militare egiziana da Gaza alla montagna di Giudea,
in Transgiordania, in Galilea, nella valle di Esdrelon e nel Negev.
I testi
mesopotamici, come gli Annali dei re Assiri, da Tiglat Pileser I
(1114 – 1076 a. C.) a Asarhaddon (681 – 669 a.C.) e gli
annali dei re babilonesi, descrivono il percorso inverso seguito per
conquistare la Siria – Palestina scendendo dal nord. "Io
sono Tiglat Pileser, il grande re, re del mondo, re dell'Assiria
– scrive il fondatore della dinastia assira - . Al comando del
mio signore Assur fui un conquistatore. ... Andai in Libano ...
continuai la mia marcia verso la terra di Amurru e conquistai tutta
la terra di Amurru. ... Ricevetti tributo da Biblos, Sidone e Arvad.
Da Arvad, che si trova sul mare, salpai per Sumur ..."
"Attraversai
l'Eufrate – scrive Assurnasirpal II (885 – 889
a.C.) – e avanzai verso Karkemish ... Passai il fiume Apre
(Aprin) ... Attraversai il fiume Oronte ... misurai tutta la regione
della montagna del Libano e raggiunsi il mare Grande della regione
di Amurru (il Mediterraneo). Sciacquai le mie armi nel mare
profondo".
Asarhaddon (681 –
669 a.C.), alle titolature reali dei suoi predecessori aggiunge anche
quella di re d'Egitto. Così ricorda la conquista e il
passaggio nel sud palestinese: " Nella decima campagna marciai
verso Kushu e Musuru (l'Egitto).. Partii da Assur ...
attraversai il Tigri e l'Eufrate, poi marciai fino alla città
di Rapihu (Rafia) nella regione sulla sponda del torrente d'Egitto
... ma lì non c'era un fiume e dovetti scavare pozzi per
dare da bere ai soldati e portare l'acqua con i cammelli".
5. L'itinerario di Mosè
"Dalle steppe di Moab Mosè salì sul monte
Nebo, sulla vetta del Pisga che è di fronte a Gerico e Dio gli
mostrò tutta la terra: il Galaad fino a Dan, tutto Neftali, la
terra di Efraim e di Manasse, tutta la terra di Giuda fino al mare
occidentale, il Negev, il distretto della valle, Gerico città
delle palme, fino a Zoar. Dio gli disse: Questa è la terra che
ho giurato ad Abramo, Isacco e Giacobbe dicendo: Alla tua posterità
io la concederò" (
Dr 34, 1- 4).
Al termine di un lungo viaggio iniziato da Abramo, la terra che
era stata dei Cananei, degli Ittiti, degli Ivvei, dei Ferezei, dei
Gergesei, degli Amorrei e dei Gebusei (
Gs 3, 10) viene
occupata e divisa tra le dodici tribù di Israele. Il lungo
processo storico che aveva portato alla formazione dello stato
davidico nel Canaan diventa nel racconto biblico un'epopea
unitaria nazionale, una marcia vittoriosa guidata da Dio.
Abramo, il portatore della promessa, parte da Harran, attraversa
l'Eufrate e entra nel Canaan, dove tocca le città
santuario di Sichem, di Betel, di Mambre-Ebron, di Gerusalemme e di
Beersheba. A Ebron compra la grotta di Macpela.
Isacco abita nel Negev a Beersheba. Giacobbe "partì
da Beersheba e si diresse verso Harran" per andare in Paddan
Aram presso Labano l'Arameo, con sosta a Betel (
Gn 28, 1
- 19).
Di ritorno nel Canaan con le mogli e i figli, Giacobbe attraversa
la regione del Galaad fermandosi a Mahanaim (
Gn 32, 3), a
Penuel, al guado dello Yabbok (
Gn 32, 23 - 31), e a Succot
(
Gn 33, 17), giungendo sano e salvo nella città di
Sichem che è "nella terra di Canaan" (
Gn
33, 18). Prosegue per Betel e Kiryat Arba-Ebron, e "Giacobbe
si stabilì nella terra dove suo padre aveva soggiornato come
forestiero, nella terra di Canaan" (
Gn 37, 1).
Giuseppe, uno dei suoi dodici figli capostipiti delle tribù
di Israele, venduto per invidia dai fratelli, diventa il mezzo
provvidenziale preparato da Dio per ricevere in Egitto Giacobbe e le
famiglie dei suoi figli durante una carestia: "Giacobbe-Israele
levò le tende con tutti i suoi averi e arrivò a
Beersheba ... Dio gli disse: Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non
temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò
di te un grande popolo. Io scenderò con te in Egitto e
certamente ti farò tornare..." (
Gn 46, 1 - 4).
Schiavi e oppressi in terra d'Egitto, Dio inviò loro
un liberatore, Mosè: "Ho visto la miseria del mio popolo
... sono disceso a liberarlo ... e a farlo uscire da quella terra
verso un paese prosperoso e vasto, verso un paese dove scorre latte e
miele" (
Es 3,7). La fuga-liberazione, incalzati dalle
truppe del faraone, diventa un andare incontro a Dio che li attende
nel deserto, sulla montagna, per stringere con loro un'alleanza
di predilezione: "Avete visto tutto ciò che io feci agli
Egiziani, come vi abbia portato su ali di aquila e come vi abbia
condotto verso di me. Ormai, se voi ascolterete veramente la mia voce
e osserverete la mia alleanza, sarete per me una proprietà
particolare fra tutti i popoli" (
Es 19, 4-5).
La molteplicità delle tradizioni tribali confluite nel
racconto, non sufficientemente armonizzate nel processo letterario,
rompono la direttrice unitaria dello schema geografico portante: da
Harran al Canaan, all'Egitto; dall'Egitto al Canaan,
attraverso la penisola sinaitica e la regione transgiordanica, fino
alla sponda orientale del fiume Giordano. L'itinerario coerente
e unitario, se non reale almeno fittizio, lungo una delle strade che
univano l'Egitto alla Siria-Palestina, viene complicato da una
serie di itinerari parziali e contraddittori.
Sul piano storico-geografico i vari itinerari, con le stazioni e
i santuari toccati dalle tribù in cammino verso la terra
promessa, completano la descrizione della rete viaria del Canaan
complessa e articolata, come la geografia della regione.
Per la sua posizione ponte tra due continenti, la Siria-Palestina
era attraversata, in ogni direzione, da vie carovaniere che ne hanno
condizionato la vita economica e l'importanza politica.
I Patriarchi, nei loro spostamenti, si mossero lungo la strada
della montagna, la strada mediana che correva sullo spartiacque della
montagna di Giuda e di Efraim. Partendo da Beersheba, nodo viario,
nel Negev, delle piste carovaniere provenienti dal sud, la strada
saliva a nord toccando i santuari e le città di Ebron, Mambre,
Betlem, Gerusalemme, Betel, Silo, Sichem, Samaria e Dotan,
all'incrocio di altrettante vie che univano la strada
costiera, o via del mare e via dei Filistei, con la strada dei re che
passava sull'altopiano transgiordanico.
"Quando il faraone lasciò partire il popolo, Dio non
li guidò per la via dei Filistei, sebbene fossa la più
breve ... Dio fece quindi piegare il popolo per la via del deserto
(
Es 13, 17-18).
L'asse portante di una fitta rete viaria, che diremmo
secondaria e locale, erano le due strade che attraversavano la
regione in direzione nord-sud, sulle quali si riversava il traffico
internazionale: la via dei Filistei e la strada dei re.
La via costiera, conosciuta dagli scribi-guida egiziani e
mesopotamici, fu la più seguita dagli eserciti invasori. La
strada, conosciuta anche come la via del mare, nome mutuato da un
testo di Isaia (9,1), era la continuazione in terra asiatica della
strada di Horo con partenza nella terra dei Filistei, la regione più
meridionale del Canaan. Superato il Carmelo, da Megiddo, nella valle
di Esdrelon, la strada si divideva in un ramo orientale, che scendeva
a Bet Shean e attraversava il Giordano di fronte a Pahil-Pella; nel
percorso centrale, che, superando le colline della bassa Galilea e
costeggiando la sponda occidentale del lago di Genezaret, saliva a
Hazor e a Dan, entrava nella Beqaa libanese e proseguiva verso la
Siria settentrionale; e nel ramo occidentale che, costeggiando le
pendici del Carmelo, ripigliava la costa del Mediterraneo ad Acco,
superava l'ostacolo naturale di Ras en-Naqura e proseguiva per
Tiro, Sidone, e le altre città della costa fino all'alta
Siria.
I fuggitivi ebrei, secondo il testo biblico, giunti alla strada
di Horo, non prendono la via dei Filistei, ma la via del deserto, che
li conduce nel deserto di Shur (
Es 15, 22).
Dopo tre giorni giungono a Mara, poi a Elim "dove erano
dodici fonti d'acqua e settanta palme", e entrano nel
deserto di Sin "che è tra Elim e il Sinai" (
Es
15,23 – 16,1). Levate le tende dal deserto di Sin, si
accamparono a Rafidim (
Es 17, 1) e "giunti nel deserto
del Sinai si accamparono in questo deserto. Qui Israele si accampò
davanti alla montagna" (
Es 19, 1-2)
Dopo essersi soffermato lungamente a descrivere la teofania e
l'alleanza tra Dio e il popolo, il racconto del viaggio
riprende. "I figli di Israele ... levarono le tende dal deserto
del Sinai ... e giunsero nel deserto di Paran" (
Nm 10,
11). "Partirono dal monte di Dio e fecero tre giorni di
cammino" (
Nm 10, 33) giungendo a Taberah, con sosta a
Hibrot-Hattaava e Hazerot (
Nm 11, 3.35), per accamparsi nel
deserto di Paran (
Nm 12,16).
Dal deserto vengono inviati degli esploratori nella terra di
Canaan (
Nm 13,1 ss). Di lì alcuni tentano di aprirsi la
strada verso il sud della Palestina, subendo una pesante sconfitta
nel Negev (
Nm 14,45). Dal deserto di Paran giunsero "nel
deserto di Sin e il popolo si stabilì a Kadesh" (
Nm
20,1 ss), da dove Mosè inviò dei messaggeri al re
di Edom chiedendogli di permettere al suo popolo di attraversare il
suo territorio.
Del primo tratto di strada che va dall'Egitto a Kadesh è
possibile identificare il punto di partenza e il punto di arrivo: dal
delta egiziano all'oasi di Kadesh Barnea. Restando però
sconosciuta l'ubicazione della montagna di Dio, è
difficile identificare le stazioni dell'itinerario lungo la via
del deserto, che attraversando la penisola sinaitica univa l'Egitto
all'oasi santuario sul confine del Canaan.
Basandosi sul sommario geografico di
Gdc 11,16-18 ("Quando
uscì dall'Egitto Israele marciò dal deserto fino
al mare dei giunchi e giunse a Kadesh") c'è chi
propone di identificare la montagna di Dio nelle vicinanze di Kadesh,
lungo la pista che attraversando il deserto conduceva direttamente
all'oasi santuario e proseguiva fino a Elat sul mar Rosso.
La lista-sommario più dettagliata delle stazioni,
conservata in
Nm 33, presuppone un ordine di marcia secondo
una progressione: mare dei giunchi, deserto del Sinai, Yotbata, Ezion
Geber (sul mar Rosso), Kadesh Barnea. Il porto di Ezion Geber, da
alcuni identificato con l'isola del faraone, centro
dell'attività commerciale salomonica del mar Rosso (
1
Re 9,26), dà un senso di marcia da sud verso nord alla
seconda parte dell'itinerario: "Levarono le tende dal
mare dei giunchi ... e si accamparono nel deserto del Sinai ... a
Yotbata ... a Ezion Geber. Levarono le tende da Ezion Geber e si
accamparono nel deserto di Sin che è Kadesh" (
Nm
33,10.33.35-36).
L'itinerario percorso dai pellegrini cristiani, già
documentato nel IV sec. d.C. da Suez a Ayoun Mousa (Mara), a
Gharandal (Elim), all'oasi di Feiran (Rafidim), al Jebel Mousa
(la montagna di Dio), avrebbe, in tale progressione di marcia, la sua
giustificazione storica.
"Da Kadesh Mosè mandò messaggeri al re di
Edom per dirgli: Così dice tuo fratello Israele: Ecco ci
troviamo a Kadesh, città che è all'estremità
del tuo territorio. Permettici di attraversare la tua terra: non
attraverseremo i campi né le vigne e non berremo l'acqua
dei pozzi, cammineremo per la via del re senza deviare a destra o a
sinistra, finché non avremo attraversato il tuo territorio
... Saliremo per la strada pubblica..." (
Nm 20, 14-19).
La strada dei re, la seconda via internazionale che passava in
Transgiordania, aveva due tracciati che correvano più o meno
paralleli.
Il percorso occidentale, ricordato nella richiesta di Mosè
al re di Edom, partiva da Elat sul mar Rosso, attraversava
l'altopiano transgiordanico nella fascia abitata e coltivata,
scendendo e inerpicandosi nei wadi che interrompono la regione,
toccava Sela e Borsa in Edom, Rabbat, Dibon, Madaba e Heshbon in
Moab, e giungeva a Rabbat Ammon. Era un percorso che si avvantaggiava
della presenza di sorgenti e dei centri abitati, anche se la distanza
veniva notevolmente allungata. Il percorso orientale, o strada del
deserto, evitava la fascia coltivata con i wadi, rendeva più
spedito il viaggio, con l'inconveniente però della
mancanza d'acqua e il pericolo degli attacchi dei beduini.
Entrambi i percorsi si ricongiungevano a Rabbat Ammon, da dove,
attraverso ramificazioni che ripetevano il tracciato accidentato o
veloce del tratto precedente, raggiungevano l'oasi di Damasco;
proseguendo per la Siria settentrionale. In
Nm 21,33 e
Dr
3,1, essa diventa la strada di Bashan, con riferimento al tratto
settentrionale che, prima di raggiungere Damasco, attraversava la
regione vulcanica a est del lago di Genezaret, sull'altopiano
siriano. L'importanza della via dei re, divenuta in epoca
romana la Via Nova Traiana della Provincia Arabia, fu essenzialmente
commerciale. La strada convogliava verso i mercati e i porti del
Mediterraneo il commercio carovaniero proveniente dalla penisola
arabica, che aveva i suoi centri principali nel sud (Adramaut) e nel
nord (Mecca e Medina).
Ripreso il cammino e giunti da Kadesh al monte Hor "sul
confine della terra di Edom" (
Nm 20,23), poiché
il re di Edom aveva risposto negativamente alla domanda di
lasciarli passare attraverso il suo territorio, gli Israeliti,
secondo una prima tradizione, presero la strada "in direzione
del mare dei giunchi per fare il giro della terra di Edom" (
Nm
21,4). "Per lungo tempo – racconta coerentemente Mosè
- abbiamo girato intorno alla montagna di Seir (o Edom) ... per il
cammino dell'Araba per Elat e per Ezion Geber, quindi ci siamo
voltati e abbiamo preso la via del deserto di Moab" (
Dt
2,28). Secondo un'altra tradizione, gli Israeliti dal monte
Hor scesero nell'Araba e risalirono sull'altopiano
orientale lungo uno dei percorsi trasversali. Tra le stazioni
dell'Araba, viene ricordata Punon-Feinan, importante centro
minerario, dopo la quale gli Israeliti, risalito il wadi Zered-Hesa,
e attraversato il Moab e il wadi Arnon-Mujib, conquistarono il
Mishor Moab, regno di Heshbon, e scesero nelle steppe di Moab,
davanti a Gerico, per la via del monte Nebo-Abarim (
Nm
21,10ss; 33,41ss).
6. La nuova Gerusalemme
Agli evangelisti, interessati teologicamente a mettere in luce il
messaggio di Gesù e il mistero della sua persona come
superamento dell'antico ordine giudaico, i pochi accenni
geografici servono principalmente a legare la sua figura al
Re-Messia, sofferente realizzatore delle promesse fatte ai Padri,
con la terra dell'antica alleanza, con il suo popolo e con
Gerusalemme
.Gesù è il discendente di Davide, nato a Betlem,
della tribù di Giuda (
Lc 2,1-6), che dalla Galilea,
nella terra di Zabulon e Neftali, inizia a irradiare la sua luce (
Mt
4, 3ss). Figlio di Davide, egli predica per i villaggi di Israele la
venuta del Regno che egli raduna nella fede alla sua Persona e nel
suo sangue sparso in sacrificio per tutti i dispersi figli di Dio.
Con la sua parola di vita egli ricostituisce il nuovo Israele
chiamando a seguirlo i dodici apostoli continuatori della sua
opera. Perché la strada che aveva condotto Gesù alla
morte in croce non termina a Gerusalemme. Gesù lascia ai suoi
apostoli la missione di essere "suoi testimoni a Gerusalemme,
in Giudea e Samaria, fino ai confini del mondo" (
At
1,8).
Conseguentemente l'autore degli Atti degli Apostoli, dopo
essersi soffermato sul progressivo affermarsi della missione
cristiana in Gerusalemme, Giudea e Samaria,, missione che porta
Pietro in Samaria (
At 8, 14), a Lidda, a Joppa e a Cesarea
sul mare (
At 9,31 – 10, 1ss), si dilunga a raccontare
l'attività apostolica di Paolo, che si esplica in un
infaticabile viaggio missionario per le vie dell'impero romano
fino a Roma, centro di quel mondo al quale l'evangelo doveva
essere annunziato (
At 13, 28).
Nella visione universalistica e spirituale che si apre ai pagani
e al mondo, oltre i confini dell'Israele storico, la terra
santa, Gerusalemme e il suo tempio, sono un ricordo preparatorio, un
momento temporale di una realtà eterna e immutabile promessa e
realizzata da Dio con il suo Cristo: "E vidi un cielo nuova e
una terra nuova. Infatti, il primo cielo e la prima terra passarono,
e il mare non è più. E vidi la città santa,
Gerusalemme nuova, che scende dal cielo, da presso Dio, preparata
come una sposa... E udii una voce grande proveniente dal trono, che
diceva: Ecco la dimora di Dio con gli uomini; e dimorerà con
essi, e essi saranno i suoi popoli, e Dio stesso sarà con
essi. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi, e la morte non
sarà più, né lutto né grido né
dolore saranno più; pèrché le cose di prima
passarono" (
Ap 21, 1-4).
Relazione
tenuta nel Convegno UCIIM
Lungo i sentieri della Bibbia,
svoltosi a Torino il 3 febbraio 2004