PER LEGGERE LA BIBBIA COME PAROLA DI VITA
Prof. don Carlo NANNI, Università Pontificia salesiana, Roma
Leggere, interpretare e comprendere
Leggere non vuol dire solo capire un testo. Implica anche una comprensione di ciò a cui si fa riferimento leggendo. E comporta anche in qualche modo una ricomprensione e una presa di posizione su noi stessi. Quando diciamo di "leggere" non solo un testo scritto, ma anche quel testo "analogo" che può essere un fatto, un evento, un comportamento, un atteggiamento nostro o altrui, ecc., non solo percepiamo dei segnali sintatticamente ordinati e cogliamo un significato, ma siamo portati anche a vederne le risonanze e le conseguenze pratiche e le estensioni alla realtà da noi già conosciuta o comunque vissuta. Anzi mettiamo anche in atto una sorta di "ermeneutica", vale a dire un processo di interpretazione, comprensione e ricomprensione della realtà e di noi stessi. Ripeto, lo facciamo quando leggiamo un articolo, un libro, un romanzo, ma anche quando leggiamo la condizione giovanile, i fatti che ci capitano, quando cerchiamo di capire i comportamenti nostri o di altre persone con cui veniamo a contatto.
In ogni caso mettiamo in atto una dinamica, un movimento, un processo di riflessione e spesso di meditazione, vale a dire di considerazione più o meno lunga e attenta attorno a qualcosa, oltre la stessa lettura.
Questo vale in genere.
Intuite subito che ciò vale in particolare per una "lettura" religiosa di fatti, persone ed eventi; e più specificamente per quella che oggi comunemente diciamo "parola di Dio" (per la Bibbia in genere) e "parola del Signore" (per il Vangelo in particolare).
Quando, secondo la tradizione, leggiamo e meditiamo sulla Parola di Dio, indubbiamente siamo portati a considerarla con attenzione, a vederne le implicanze per la nostra condotta e per la nostra vita. Si tratta di una profonda riflessione della mente (e del cuore), intesa a ricercare la verità, le ragioni e il senso religioso della vita. Ma c'è di più! Tutto ciò avviene "nella fede" e "nello Spirito": quello che leggiamo non è più solo parola scritta di Isaia o di Matteo, di Paolo o di Giovanni, ma di Dio, di Gesù!
Dal letterario e dal cultural-religioso (ma anche dallo spirituale e dall'etico o dal pedagogico) ci eleviamo al piano della relazione con il Dio vivente e con gli altri in Lui: grazie alla luce dello Spirito Santo e dal nostro lasciarci illuminare e "animare" da Lui.
Fatevi la vostra predica
Il modo più semplice di "leggere la parola di Dio", lo abbiamo partecipando alla messa. Ascoltando o anche leggendo (magari in contemporanea), su un foglietto o su un messalino, le tre letture della messa, noi abbiamo l'occasione, più unica che rara, nel corso di tre anni, di leggere il meglio di quei "libri" che proclamiamo "parola di Dio".
Infatti, le letture liturgiche assumono in un ciclo di tre anni (anno A, anno B, anno C) la gran parte della Bibbia e ce la mettono in una prospettiva di celebrazione e di vita. Inoltre, devoti e pazienti (!) ascoltiamo pure la "predica", che, come dice il corrispondente termine tecnico, "omelìa", dovrebbe essere una "pia esortazione" a lodare, ringraziare Dio per quanto ci ha rivelato e ad attuarlo nella celebrazione liturgica e poi, fuori di essa, nella vita quotidiana.
Ma se si è distratti o il prete non ci basta o non ci soddisfa, occorrerà che ci facciamo da noi stessi la predica! Sarebbe un po' svilire la comunione se non si facesse "eucarestia", cioè azione di grazie per ciò che si è ascoltato e avuto in dono, e non si dovrebbe uscire di chiesa senza un'"idea evangelica" da portare a casa, nel lavoro e nella vita.
Allora come fare?
Anzitutto, prima di entrare in chiesa o quando ci stiamo, è importante sapersi raccogliere, ma più importante, anzi fondamentale, è invocare lo Spirito Santo che ci doni, nel partecipare alla messa, una "parola di vita". A questo scopo, certo sarà da ascoltare attentamente (non distraendosi troppo!) quanto ci viene letto. E quindi "rileggere" e far proprio quanto ci viene suggerito dal celebrante o da chi, comunque, offre una risonanza alla parola di Dio ascoltata.
Altrimenti, prima o dopo, si riprendono in mano i testi, si parte dal Vangelo e/o dalla prima lettura, in modo da cogliere quella parte o aspetto della rivelazione che viene messo in evidenza (cioè cosa viene evidenziato del mistero di Dio e del nostro rapporto con Lui; o meglio quale "buona notizia", quale "evangelo" lo Spirito "oggi" ci dona). Quindi si passa alla seconda lettura, che normalmente ci aiuta a vedere alcune concretizzazioni etiche e comportamentali che il Vangelo ci invita ad assumere e a praticare.
Come leggere da soli la parola di Dio della Bibbia o da un libro devoto?
Più o meno la stessa tecnica si può praticare (io la pratico da quando ero studente al liceo) quando ci mettiamo a "leggere" o, come dicevamo una volta, a meditare la parola di Dio, direttamente dalla Bibbia, dal Vangelo o da un libro devoto.
- Anzitutto prepararsi invocando lo Spirito (non è leggere un romanzo o la Divina Commedia!), magari facendo nostra l'invocazione di sant'Agostino "Che io creda per capire, che io capisca per credere".
- Leggere attentamente (caso mai sottolineando o evidenziando parole o frasi interessanti) per capire il testo (e il suo genere letterario: i Salmi non sono lo stesso che il Libro dei Re o quello dei Maccabei).
- Cercare per quanto è possibile di immaginare l'ambiente vitale nel quale furono scritti (il contesto cui si riferiscono) e di capire le intenzioni dello scrittore (dell'evangelista in particolare: san Matteo parla a cristiani che vengono dall'ebraismo e per questo abbonda di citazioni dell'Antico Testamento).
- Se si tratta di un testo messo dentro la messa o altra forma liturgica, domandarsi il perché dell'inserzione nella liturgia (il che significa essere attenti ai periodi dell'anno liturgico, ad es. al fatto che siamo nel periodo dell'Avvento o del Natale).
- Cercare di cogliere il significato originario del testo, magari distinguendolo, se si riesce, dall'eventuale aggiuntivo che la comunità o l'autore vi hanno aggiunto. Per farlo, può essere utile confrontare il testo con passi paralleli o simili dell'uno o l'altro Testamento (antico e Nuovo Testamento). In ogni caso, come si dice, la Bibbia si spiega con la Bibbia: un testo va letto nell'insieme del libro in cui è contenuto e nell'insieme della Bibbia. Anzi per noi cristiani è fondamentale leggerlo "alla luce di Cristo e del suo Spirito" (come si dice nella Costituzione del Concilio Vaticano II, "Dei verbum").
- Ma soprattutto c'è da chiedersi: e per me/noi, oggi? Quale aspetto del "mistero" (di Dio, della nostra vita) viene messo in luce? Quali conseguenze per la vita e per l'azione personale e comunitaria (ecclesiale, civile, professionale, di gruppo...)?
- Sarà importante ritornarci su durante il giorno e/o durante la settimana per ricordare e fissare nella memoria; per vedere di attuare quanto si è capito per la vita; o per farne fonte di preghiera o di celebrazione nell'eucarestia o nella preghiera comunitaria.
Il metodo della "lectio divina"
Oggi va abbastanza di moda per gruppi di cristiani parlare di "lectio divina", una sorta di meditazione della parola di Dio in una situazione di preghiera di gruppo.
Non sono un grande esperto. Per quello che pratico e so, mi pare che, anche qui, si hanno, grosso modo, gli stessi passaggi.
- Anzitutto l'invocazione allo Spirito Santo, perché illumini la mente e riscaldi il cuore (in termini tecnici si dice "epiclesi", cioè preghiera perché lo Spirito "discenda)".
- Segue la lettura del testo (quello liturgico, quello scelto o quello tratto da un libro della Bibbia, isolatamente o letto in maniera continuata): così com'è. Una lettura obbediente, che non tralascia nulla, che non applica subito, ma dà il primato all'accoglienza della parola di Dio che risuona e che ci giudica (è lei, non noi a giudicare). Leggere (per "audire", per far "rimbombare" agli orecchi, alla mente e al cuore) e rileggere! C'è chi trascrive e riscrive e chi prova a ridire per vedere cosa sfugge o casa si tralascia o cosa si accentua. C'è chi, più tecnicamente, vede le varianti che spesso i testi critici della Bibbia riportano a lato o in calce. Per questi alcuni pensano all'inizio ad una breve introduzione letteraria ed esegetica (cioè "tecnicamente" esplicativa).
- Il terzo passaggio o momento è La "meditazione" vera e propria. Per questo alcuni leggono la Scrittura con la Scrittura (in modo che il testo "cresca" con il testo) e/o vi aggiungono "commentari di Padri della Chiesa (sant'Agostino, sant'Ambrogio, san Gregorio,ecc...). Lo scopo è applicare il testo al "tutto del mistero" di Dio e della vita. Non si deve fare un compulsivo "esame di coscienza" o un estetizzante ripiegarsi su noi stessi o sulla nostra condotta, ma tendere a cogliere la "gloria del Signore" in Lui e in noi. E' una "immersione nel teologale", non un invischiamento moralistico. Solo così si camminerà nelle vie del Signore (o, come dice Michea, si camminerà umilmente con Dio, praticando la giustizia e amando la pietà).
- Il quarto momento è quello della preghiera (tecnicamente dell'"oratio"). A partire dalla Parola e dalla storia (Bart diceva che il cristiano doveva avere sempre in tasca la Bibbia e nell'altra il giornale) e accordandosi nel nome di Gesù Cristo, si cercherà di pregare ispirandosi al testo e lasciandosi ispirare da esso anche a riguardo di ciò che si vive. Così, piano piano, ci si abituerà a pregare come Gesù ha pregato, ma anche ad avere gli stessi sentimenti che furono in Gesù. Allora sarà una preghiera grande, che farà anche la mente e il cuore.
- Il quinto momento (ma come si vede le cose vanno spesso insieme) è quello della contemplazione. A partire dal mistero di cui si è stati messi a parte dalla "lectio", si cerca di vedere e vedersi nella grandezza del mistero di Dio. Con il tempo e con la pratica di tale modo di meditare la parola di Dio, si è aiutati ad andare verso lo spirito di sintesi (che vede le cose alla grande, nella loro essenzialità e profondità, oltre ogni contingenza e piccolezza), verso lo spirito di grandezza di cuore (quella che è detta la "macrotymia", cioè il cuore grande e generoso, come Dio lo è con noi), verso lo spirito che da dire grazie e vive rendendo grazie (detto per questo spirito "dossologico").
- Si conclude con una preghiera comune di ringraziamento e con la domanda o il gesto della benedizione di Dio, con cui, come sempre quando si scioglie un gruppo radunato nel nome di Gesù, si "va in pace".
Conclusione
Concludo, ribadendo che le tecniche (anche quelle della meditazione della parola di Dio) sono per noi e non noi per le tecniche; che bisogna cogliere il fine e l'essenziale e non perdersi nell'esercizio e nei particolari, ed anche con uno stile personale o di gruppo.
Resta, comunque che, come San Girolamo dice, "l'ignoranza della Scrittura è l'ignoranza di Cristo".
A loro volta, i domenicani,vale a dire i seguaci di san Domenico, hanno fatto loro il motto: "revelata contemplare; contemplata aliis tradere (contemplare le realtà rivelate; trasmettere [donare, consegnare] agli alti ciò che si è contemplato).
Vale anche per noi, che per professione siamo "anelli di congiunzione" della trasmissione culturale intergenerazionale, e che intendiamo esserlo secondo un'ispirazione cristiana (anche e proprio come cittadini dell'Unione Europea nelle sue radici più profonde).
Lo Spirito, "che è Signore e dà la vita" (come diciamo nel Credo) ci dia la gioia di "leggere" come parola di vita (e non lettera morta) la parola contenuta in quel libro che denominiamo Bibbia, perché narra la vita di Dio e nostra, che tutti i libri scritti vorrebbero narrare e trasmettere ai loro lettori.
Da "La scuola e l'uomo"
Sitografia