LA "CANTINA DEI SANTI"
A ROMAGNANO SESIA


Da tempo immemorabile si chiama "Cantina dei Santi" un locale che apparteneva alla perduta abbazia benedettina di San Silvano (già Silano), importante centro religioso ed economico del Novarese, che la tradizione vuole fondata ai primi del Mille, e che, divenuta commendatizia, vide tra i suoi abati Giovanni Angelo De Medici (il futuro papa Pio IV) e suo nipote Carlo Borromeo.


Essa è sita in contrada Badia, un tempo abitata dai contadini che lavoravano per i frati, e oggi risulta completamente circondata da costruzioni di epoca più recente.


Vi si accede da un doppio portico, in parte di epoca medioevale, in parte settecentesco, che un tempo affacciava sull'ortaglia dell'abbazia e ne costituiva il limite estremo.


Il locale è coperto da una volta a botte in mattoni; i muri sono costruiti con ciottoli di fiume legati con malta disposti in file alternate "a spina di pesce", ma non mancano inserti diversi, segno di avvenute trasformazioni.
Nulla si sa della sua destinazione originaria, anche se la rilevante presenza di simboli araldici, le eroiche vicende narrate negli affreschi e l'assenza di riferimenti certi al rito religioso farebbero pensare o ad un uso del tutto privato o anche ad un uso collettivo e pubblico, ma di rappresentanza o di riunione, più che liturgico.
Il degrado successivo è stato determinato dall'uso a cantina (documentato fin dal 1777), dalla conservazione delle botti contro le pareti e dalle conseguenze indotte dalle pratiche di vinificazione.


Dal disastro si sono salvati, grazie alla loro collocazione, gli affreschi della volta nella loro integrità, le sole parti superiori degli affreschi sulle pareti lunghe, qualche lacerto sulla parete di fondo (che rivela un doppio strato di intonaco e due distinti interventi decorativi), gli emblemi della parete d'ingresso nella faccia interna e qualche residuo pittorico su quella esterna.
Soppressa l'abbazia in età napoleonica, dopo vari passaggi di proprietà, nel 1971 la Cantina viene acquistata dalla Pro Loco di Romagnano con l'intervento di alcuni privati cittadini e donata al Comune. Nel 1975 è avvenuto il primo restauro di Gian Luigi Nicola e nel 1986 un secondo, che le ha conferito l'aspetto attuale (tetto e pavimento rifatti, illuminazione…).


Emblemi araldici sono presenti sia all'esterno che all'interno della Cantina.
All'esterno, sopra l'ingresso, uno stemma con fascia bianca in campo blu è riferibile a Benedetto Caimo che fu Abate commendatario nel 1513.


Le figure dell'aquila e dei bastoni con tizzoni accesi, che compaiono sulla parete d'ingresso sia all'esterno che all'interno, sono invece riconducibili forse alla famiglia dell'abate Pietro Tizzoni (metà del secolo XV), le cui iniziali compaiono due volte, cui potrebbe riferirsi anche lo stemma con le bande rosse e bianche alternate che l'aquila sormonta in campo oro. La figura di un abate compare anche nel bel mezzo delle storie affrescate sulla parete lunga a sinistra.
La curiosa denominazione tradizionale di "Cantina dei Santi" (vera e propria mescolanza del sacro col profano), se da un lato identifica l'uso che del locale si è fatto nei secoli, al tempo stesso esprime in forma ingenua le difficoltà che a lungo hanno impedito di riconoscere il significato iconografico degli affreschi in essa contenuti.


Quelle che un tempo apparivano come generiche "Storie di Santi" non meglio identificati si sono rivelate dopo il restauro, grazie ad una attenta lettura delle didascalie che le corredano integralmente, come altrettante parti di un'unica lunga storia, quella di David, rappresentata sulla base del testo biblico del I e del II libro di Samuele.


Lungo i ventotto pannelli sono narrate in continuità, a partire dalle zone superiori e percorrendo due volte il giro del locale, le vicende che vanno da un inizio oggi integralmente perduto fino al riconoscimento di David come unico "capo di Israele", popolo di Dio.


Le vicende tratte dalla Bibbia vengono qui trasferite in una dimensione decisamente moderna e contemporanea, pur mantenendo un alone mitico che le rende comunque straordinarie.
L'eroe antico diventa il protagonista di una vicenda cavalleresca di tono letterario romanzesco, che si sviluppa dagli anni della sua infanzia attraverso imprese che ne rendono popolare e amata la figura, una specie di leggenda vivente che assume potenza e autorevolezza fino a diventare l'elemento pacificatore e unificatore del suo popolo sparso e diviso.


In questa ascesa, in questa "carriera" progressiva, fulgida e quasi fatale è forse contenuto il riferimento o a qualche personalità storicamente concreta o ad un modello ideale di autorità militare, ma al tempo stesso spirituale, cui il ciclo era probabilmente ispirato se non esplicitamente dedicato.
Gli affreschi sono databili intorno alla metà del secolo XV sia per ragioni stilistiche che in relazione alla storia del costume civile e militare.


Lo stile è quello inconfondibile del periodo tardogotico, cortese cavalleresco e internazionale, ampiamente diffuso lungo le zone alpine e prealpine, in particolare nei territori sabaudi, viscontei e scaligeri. E alla stessa area sembrano rinviare quelle armature composite ed articolate sulle quali l'artista si è tanto accuratamente soffermato.
Il nome che pare più probabile per l'identificazione dell'autore è quello di Bartulonus da Novara attivo in svariate imprese decorative nell'area novarese.

Un ulteriore approfondimento potrà riguardare la lettura dettagliata degli affreschi sia nel loro aspetto narrativo e iconografico che in quello stilistico.



Questa scheda è stata redatta da Willy Beck sulla base del testo di Carlo Brugo L'Abbazia di San Silvano in Romagnano. Fatti Uomini Documenti, edito dal Comune di Romagnano Sesia e dalla Parrocchia SS. Annunziata e S. Silvano nel 2000, unica e ormai rara pubblicazione a stampa che tratti in modo completo sia del grande centro benedettino che degli affreschi.
Le fotografie sono di Carlo Spinelli.
Si ringraziano Rossana Fornara, Assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Romagnano, l'architetto Antonio Castignoni e Carlo Brugo per la disponibilità e l'interesse fattivamente dimostrati. Si ringrazia inoltre il professor Giorgio Brandone.