Introduzione

Poche cose sono evocative come la musica: bastano il suono di un clavicembalo o di uno strumento arabo a trasportarci a volta a volta nell'Europa del ‘700 o nel Magreb di oggi. La musica medioevale non fa eccezione ed ha il potere di ricondurci addirittura in un altro millennio da attori e non da turisti del tempo, anche perché la musica esiste soltanto nel momento in cui è eseguita e quindi chi la ascolta - ma ancor più chi la esegue - vive, di fatto, nel tempo di quella musica stessa.
Ma che cosa rimane, in realtà, della musica medioevale? Poco o molto, a seconda di quale parte di essa si parli. La storia, si sa, la si fa coi documenti. Niente documenti, niente storia e quando il documento è costituito da un "flatus vocis", come è proprio il caso di dire per quella musica, se qualcuno non l'avrà scritto i posteri non potranno venirne a conoscenza. Ma perché qualcuno impieghi tempo, fatica e denaro per conservare in forma scritta un prodotto dell'ingegno occorre che questo ne sia riconosciuto degno.
Nel caso della musica medioevale la decisione sulla "dignità" dei generi musicali fu a discrezione di monaci per i quali la musica profana, che parlava d'amore e magari serviva a far ballare in pericolosa promiscuità uomini e donne, era roba del diavolo. E infatti fino al nono secolo si ha notizia di canti e di balli soltanto da atti ecclesiastici e regi, emessi al fine di perseguitarli e proibirli.
Dovremo arrivare ai trovatori, cioè a "cantautori" che si collocano fra il 1070 e il 1220 circa, perché ce ne vengano conservate le composizioni; ma nel loro caso la dignità era costituita anzitutto dal fatto che fra di essi si trovavano conti e duchi, le cui composizioni potevano essere tranquillamente tramandate ai posteri. Comunque fu così che tutta la musica profana del primo millennio, in mancanza di estimatori che la ritenessero degna di impegnarvi tempo, fatica e denaro, andò perduta.
In realtà di quel periodo non venne scritta nemmeno la musica sacra, ma in questo caso l'interrogativo vero è perché essa non lo sia stata; per secoli, infatti, i monaci, che pure ne possedevano il codice di scrittura fondamentale - i nomi delle note rappresentati dalle prime lettere dell'alfabeto - non lo fecero e il dato di fatto è che le prime forme di notazione musicale rimasteci del canto liturgico antico della chiesa cattolica, il canto gregoriano, sono del secolo IX.
La ragione di questo sta forse nel fatto che nel Medioevo la musica era al servizio della parola.
Gli strumenti utilizzati (liuti, vielle, arpe, ribeche, cometre) non avevano un suono forte ed erano adatti per gli ambienti piccoli, come le sale e le stanze del castello.
La musica "presentava " la parola e l'accompagnava con un suono delicato, seguendo l'intonazione della voce. La caratteristica di accompagnamento della musica medievale fa sì che sia decisamente difficile da capire e da interpretare. Infatti non presenta nessuna divisione delle battute, si deve interpretare l'altezza dei suoni, i ritornelli venivano ripetuti sfalsati.
Tutte le musiche medioevali partono da un "tenor", una nota o una serie di note che viene tenuta per tutto il pezzo. Su questo veniva poi costruita la linea melodica. Tuttavia era spesso improvvisata o composta per occasioni particolari, la sua funzione era estetica e poiché spesso veniva suonata una sola volta non veniva tramandata. Ciascun artista suonava la sua musica per un numero ristretto di interessati, così la produzione di musica medioevale è andata perduta quasi tutta. Su 4000 Trovatori sono stati trasmessi solo 260 brani da alcuni manoscritti (Londra Oxford, Montecassino).