ORGANO
Data la scarsità degli
esemplari supersiti all'epoca medievale, lo studio digradante gli strumenti si
basa quasi esclusivamente sulle iconografie e sulle citazioni che appaiono nei
vari manoscritti a noi pervenuti.
L'organo si presenta
munito di una tastiera collegata a della canne dalle quali esce il suono.
Fondamentalmente era
portativo, vale a dire che si poteva trasportare facilmente, di piccole
dimensioni e con una estensione di 21 suoni, derivanti dal fatto che doveva
essere in grado di poter eseguire tutti i modi
ecclesiastici.
Sappiamo che uno dei
primi organi in Italia fu costruito su ordine di Gottifredo, vescovo di Brescia,
figlio del conte Attone, marito di Ildegarda, sposatisi nella rocca di Canossa
(Alberto Miliolo,
scriba publicus della città di Reggio dal 1265 al 1273,
notizia che si trova nel suo "
liber de temporibus et aetatibus")
L'organo portativo veniva suonato dal musicista con una mano, mentre l'altra
azionava il mantice, affinché uscisse il suono dalle canne.
Dall'Hydraulis
dei Greci all'Organo
portativo del Medioevo
In senso lato potremmo
affermare che, allorquando nacquero, gli strumenti musicali dell'antichità
occidentale erano tutti onomasticamente degli
órgana, ma mentre ognuno di essi
assunse poi un nome più specifico, la generica definizione di
organum ha finito per
identificare un unico e complesso strumento, costituito almeno dalle seguenti
componenti: a)
apparato fonico
(serie di canne); b)
alimentatore
d'aria (mantice); c)
serbatoio d'aria (somiere); d)
tastiera; e)
cassa.
Lo spostamento del centro
politico dell'impero, da Roma a Costantinopoli (IV sec.), fece scomparire
dall'occidente lo strumento il quale riapparve in età carolingia (dapprima con
Pipino il Breve e poi con Carlo Magno) e, da quel momento in poi, fu annoverato
tra gli strumenti del Medioevo sino a raggiungere una posizione di primo rango
nelle funzioni liturgiche (Guillaume de Machaut lo definì
"re degli strumenti") della
chiesa cristiana.
Riguardo alle
particolarità costruttive dell'organo medievale abbiamo notizie da un trattato
di organologia di Henri Arnault di Zwolle, redatto nel 1440 e conservato nella
Biblioteca Nazionale di Parigi. Sappiamo inoltre dell'esistenza di organi di
palazzo, come di organi di chiesa ed ancora di organi di grandi dimensioni
(quello della chiesa di S. Pietro a Winchester, intorno al 950, disponeva di ben
quattrocento canne), ma soprattutto di organi di piccole dimensioni denominati
organi portativi.
Con la definizione di
organo portativo intendiamo
pertanto riferirci a degli strumenti, di dimensioni ridottissime, composti da
una cassetta rettangolare nella quale erano alloggiate canne di differente
altezza, in singola o doppia fila; tale cassetta poteva essere portata a
tracolla oppure poteva essere
appoggiata sulle
ginocchia del suonatore seduto il quale, con la mano sinistra, azionava un
mantice a cuneo posto sul retro della cassetta medesima e, con la mano destra,
poteva agire su una minuscola tastiera.
L'estrema manegevolezza
fece sì che questo strumento avesse un largo impiego nella pratica musicale del
Medioevo in quanto consentiva non soltanto l'esecuzione di melodie, ma la
realizzazione contemporanea di un
bordone,
come pedale fisso di una singola nota, oppure un accompagnamento del canto (o di
altro strumento melodico) con degli accordi (in genere di due sole note).
Dal punto di vista
costruttivo, possiamo dire che l'organo portativo medievale non era
eccessivamente esteso in quanto, a quel tempo, ci si riferiva ai
"Modi dell'Octoechos"
Per restare in tema, occorrerà precisare che la tastiera medievale non era come
quella che siamo soliti considerare sugli strumenti che conosciamo (organo,
clavicembalo e pianoforte) e che risale al Rinascimento. Nel Medioevo, quelli
che noi oggi chiamiamo tasti, in un primo tempo, erano delle vere e proprie
leve, successivamente una sorta di bottoni oppure dei piccoli parallelepipedi di
legno incollati su bastoncini (detti
pironi) che agivano premendo
direttamente sui
ventilabri.
La
realizzazione delle canne avveniva con vari materiali durevoli (piombo, rame,
legno), ma anche con materiali facilmente deperibili (tela inamidata o cartone
incollato). Non sappiamo poi se esse fossero tutte aperte oppure, specie quelle
di legno, tappate e per la loro accordatura, assecondando la teoria dell'epoca,
ci si riferiva senz'altro a quella pitagorica.
Un'altra considerazione che ricaviamo dall'osservazione dell'iconografia
musicale riguarda immagini dell'organetto medievale associato al "concerto di
campanelli"
(Rota tintinnabulis). Questo fatto ci porterebbe ad
individuare un ulteriore, probabile impiego dello strumento così concepito: il
suonatore
(organedus) eseguiva la melodia con il concerto di
campanelli, effettuandone l'accompagnamento con l'organetto.
Non potremmo concludere questa nostra panoramica senza aver detto che l'
organo
portativo venne chiamato anche con l'appellativo di
"ninfale" (a
Venezia
"rigabello" e
"torsello") e che trovò la sua più ampia
diffusione al tempo dell'
Ars nova.
Massimo esponente dell'arte organistica, nel Trecento italiano, fu Francesco
Landini (1325 - ca. 1397) soprannominato
"il cieco degli organi" e
"Francesco dell'organetto". Nelle immagini che lo riguardano, Landini viene
appunto raffigurato nell'atto di suonare il suo inseparabile
portativo
tanto nel Codice Squarcialupi, quanto sulla lastra tombale nella Chiesa di San
Lorenzo a Firenze.
Fonti bibliografiche:
C. Moretti,
L'Organo italiano.
Casa Musicale Eco, Milano 1973
F. Jakob,
L'organo. Costruzione dell'organo ed
esecuzione organistica dall'antichità ai giorni nostri.
Martello - Giunti Editore, Firenze 1976
A. Wills,
L'organo.
La storia e la
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Muzzio Editore, Padova 1987
V. Da Bondo,
L'organo nella sua storia e nella sua
evoluzione. Edizioni Carrara,
Bergamo 1986
S. Dalla Libera,
L'Organo.
Ricordi, Milano 1956
M.P. Guidobaldi,
Musica e danza
(13°vol. della collana
Vita e
costumi dei Romani antichi).
Edizioni Quasar Roma 1992
G.B.Baroffio,
L'ambiente musicale dell'età carolingia,
in Quaderni IV Associazione Corale Una Voce, [Arti Grafiche Pedanesi] Roma
1991-92