Andreas Steinhofel

Il Principe meccanico


Salani Editore - 2004

PRESENTAZIONE DEL ROMANZO di Alberto ARATO

Docente Scuola Secondaria



La storia

Un incontro tra uno scrittore e un ragazzo desideroso di raccontare si trasforma in una straordinaria e visionaria avventura, immersa in un ambiente surreale, iconico, denso di simbologia, dagli stilemi cari a Ende.

Max, il ragazzo protagonista, figlio unico e ignorato da genitori capaci solo di tormentarsi l'un l'altro, ha un'età nella quale si vive su un orlo, costantemente in bilico tra il 'salvarsi' e il 'perdersi'.

Vi sono alcune dominanti nella sua vita che rispecchiano gli stati d'animo di molti adolescenti: la solitudine innanzi tutto, l'indifferenza degli altri, un acuto senso di inutilità, la paura della propria inadeguatezza.

Macigni pesanti da portare che inducono ad arrendersi, ad abbandonare la lotta, a sparire del tutto, senza lasciare traccia. Il suo girovagare nel labirintico cuore di una grande città, Berlino, rende bene l'idea di questo muoversi sconclusionato che somiglia più a un fuggire che a un viaggiare.

Ma, si sa, il labirinto è un luogo che respinge ed attrae soprattutto perché c'è sempre un centro fatto apposta per nascondere qualcosa di importante, spesso di risolutivo.

Così chi desidera impegnarsi cerca disperatamente tale centro, chi vuole evadere, invece, lo fugge con altrettanta determinazione.

Max è in bilico, e questo suo stato si manifesta appieno quando un giorno, nel suo incerto vagabondare entra in un labirinto dentro il labirinto della città: ossia scende nei sotterranei della metropolitana. Qui la sua vita ha una svolta perché incontra un mendicante senza un braccio che gli vende un biglietto d'oro con un ammonimento: quello di stare alla larga dal principe meccanico, il signore dei rifugi, che tiene in ostaggio i cuori dei ragazzi dimenticati, dei ragazzi 'in bilico'.

Proprio questo secondo labirinto è a sua volta l'accesso per un terzo labirinto ancora più inquietante, ancora più interno, quello dei 'rifugi', che si stendono come una ragnatela al cui centro sembra esserci una crudele e spietata creatura, il principe meccanico.

Max si avventura nei rifugi e scopre luoghi di orrore e di meraviglia, dove si celano pericoli e sfide. Naturalmente ogni passaggio rivela qualcosa di se stesso a Max, fornendogli una chiave interpretativa per decifrare i propri sentimenti, i propri desideri, le proprie illusioni. Il percorso della consapevolezza culmina con l'incontro con il principe meccanico: qui si chiarisce la vera sfida che si svolge durante tutto il tortuoso percorso che il protagonista è costretto a compiere. Egli deve cercare e ritrovare il proprio cuore sottrattogli dal principe meccanico e si trova a competere con un uccello meccanico che si appresta a ghermirlo e a divorarlo definitivamente.

In successione i rifugi visitati dal protagonista sono: il dolente mare delle lacrime, formato dalle lacrime versate per il dolore e la paura; una foresta oscura di ascendenza e suggestione dantesca in cui scopre la terribile realtà di solitudine dei propri genitori; un bosco contorto a cui si accede attraverso un videogioco comandato da un suo doppione; la fortezza del principe meccanico; la palude nebbiosa, un luogo opprimente pieno di desolazione e di tristezza; una montagna impossibile da scalare; la foresta putrefatta che è l'anticamera del cuore di tutto il labirinto dei rifugi, il tempio con la sala delle anime in cui è conservato il proprio cuore.

Max riuscirà infine a uscire indenne da tutte le prove cui il principe meccanico lo sottopone, ma pagherà a carissimo prezzo la propria salvezza.

I personaggi

Max

Nel libro, Max è un ragazzino che presenta due facce: prima e dopo il trattamento dei rifugi.

Prima: è un tipico adolescente triste, insoddisfatto, scontento, che fa dell'evasione l'attività dominante della propria vita. Rancoroso verso il mondo degli adulti, autocentrato, è incapace di riconoscere le proprie debolezze e al tempo stesso soffre quasi inconsapevolmente per esse. In poche parole, come molti adolescenti, non si piace e fugge senza ammettere di fuggire.

Dopo: recupera il suo cuore e quindi diventa estroverso e desideroso di raccontare la propria vicenda umana. Per questo elegge lo scrittore come un interlocutore significativo. Il suo carattere impacciato e deciso al tempo stesso, rimane sempre uguale ma la venatura di tristezza e di rabbia che lo accompagna all'inizio della vicenda svanisce poco per volta lasciando il posto a un senso della realtà più solido e concreto.

Jan

Jan è un aiutante, un amico, un personaggio immaginario forte e coraggioso sul quale proiettare le proprie paure. Non ci si avventura in un pericoloso labirinto senza un compagno di viaggio. Ma il principe meccanico, permettendo a Jan di accompagnare Max, ha un suo piano. Sottile, perfido, diabolico. Piccoli indizi, come scintillii negli occhi e alcuni atteggiamenti ambigui, rivelano poco per volta la sua vera essenza. Perché Jan sembra rincuorato quando più Max è scoraggiato? Perché se Max risolve un problema Jan diventa corrucciato e intrattabile?

L'ultimo rifugio, quello legato al Tempio delle Anime è il luogo nel quale ogni cosa si comprende.

In piedi davanti a lui c'era Jan

Max lo guardò sbalordito. « Perché l'hai fatto? » sussurrò. Finora aveva sopportato tutto. Ma questo era un inganno, un tradimento! Sentì un sapore amaro in gola.

« Che domanda stupida! » sibilò Jan, irritato. « Come se tu non l'avessi saputo fin da subito ».

«Non lo sapevo ».

« Non lo sapevi? » Jan si curvò su di lui e lo colpì con un dito, come se volesse infilzarlo. «Allora stammi bene a sentire: il tuo maledetto cuore mi è d'intralcio! »

(pag. 180)

Il principe meccanico

Chi è veramente il principe meccanico? Nei rifugi è il Signore assoluto che determina il percorso e le prove di chiunque vi si avventuri. Max impara a conoscerlo poco per volta, fin quando non ha la ventura di incontrarlo in un palazzo fantastico. E lì si rende conto che quello che a prima vista gli era sembrato un personaggio diabolico, senza pietà, è in realtà un essere calcolatore che non aggiunge crudeltà a ciò che gli 'adepti' devono imparare. Perché la crudeltà e la sofferenza nei rifugi viene comminata a seconda della crudeltà e delle sofferenze di coloro che vi si avventurano. Il principe meccanico è un semplice dispensatore: ognuno crea il proprio inferno e questa notizia sbigottisce Max.

Un momento narrativo notevole si ha quando Max ha la ventura di incontrarlo, a metà del viaggio, nel suo immaginifico palazzo.

Era un volto umano. Smunto e pallidissimo come quello di un albino, irradiava una bellezza inquietante

Il resto del principe, invece... il resto del principe era corpo e armatura al tempo stesso. Diverso da qualsiasi cosa Max avesse mai visto o immaginato prima di allora. (pag. 109)

Dopo un colloquio iniziatico molto criptico, durante il quale Max è per lo più disorientato, il Principe scompare sullo sfondo della ricerca del cuore. Il suo ruolo si affievolisce e la sua presenza, a mano a mano che il protagonista cresce e supera le proprie paure, diventa sempre meno rilevante.

I temi

L'iniziazione

“Iniziare” significa sancire un cambiamento di status e quindi di ruolo nel contesto sociale in cui l'iniziato vive. L'adolescenza, da sempre interpretata come età dei cambiamenti è anche il momento nel quale avviene un'iniziazione.

Le nuove potenzialità corporee e intellettive, gli orizzonti che si schiudono all'adolescente rendono necessaria una formazione che si realizza da un lato nell'iter di formazione 'classico' quello scolastico con tutti gli sbarramenti e le prove di rito (verifiche, interrogazioni esami...); dall'altro in un cammino più ritualizzato. Nel passato e in contesti diversi la ritualizzazione era fortemente sentita: basti ricordare i riti di passaggio delle società pretecnologiche descritte efficacemente da Van Gennep. Anche se la nostra società è più deritualizzata, tuttavia alcuni resti di cerimonie iniziatiche rituali, per lo più autogestite a livello di gruppi giovanili, permangono tuttora. Ne sono testimonianza le prove di dolore che taluni gruppi di adolescenti impongono come sbarramento per l'ammissione, in alcuni casi addirittura certe manifestazioni di bullismo che infieriscono sul più debole cono lo scopo di 'provarlo' per renderlo più forte e coraggioso.

Molti di tali cammini sono stati descritti in letteratura da romanzieri illustri, al punto da istituire un vero e proprio genere, il cosiddetto romanzo di formazione, che ha come trama di base le avventure e le disavventure di un protagonista che cresce gradualmente in virtù di prove e ostacoli fino a cambiare di status.

“Il principe meccanico” si inscrive in questo genere letterario entro una cornice narrativa surrealista, visionaria, di ambiente nordico, in particolare tedesco, nel cui alveo hanno operato scrittori importanti come Ende.

Può essere interessante, ai fini didattici, suddividere il percorso iniziatico di Max in tre momenti da analizzare in modo approfondito secondo alcune piste interpretative che vengono qui suggerite: Un altro spunto di lavoro interessante può essere l'analisi compiuta di quanto avviene nel Tempio delle Anime. Lì Max deve superare la prova più ardua perché, insieme al recupero del proprio cuore, deve anche far fronte a ciò che tradisce i sentimenti appena ritrovati. Tale prova si gioca in ambito immaginativo. Il traditore infatti è Jan, l'amico immaginario che teoricamente non dovrebbe mai essere sleale. Riflettere sul senso di questo tradimento può portare a un approfondimento di alcune tematiche di crescita tipicamente adolescenziali.

L'orlo

Quante volte un adolescente si sente in bilico, 'sull'orlo', sospeso su un baratro? Basta un piccolo movimento e cade dall'altra parte; così come è sufficiente un piccolo incoraggiamento per farlo 'tornare di qua'.

I rifugi, Max lo capisce ben presto, sono fatti proprio per i ragazzi in bilico: ragazzi che si possono perdere facilmente, che possono lasciarsi andare.

La tematica dell'orlo è racchiusa in quella più generale del confine e del limite. Una soglia immaginaria entro la quale l'identità è annullata, mentre al di qua e al di là si è qualcuno. In tutti questi casi il confine costituisce uno spazio, un tempo, uno stato, nel quale tutto si fluidifica e diviene fondamentalmente instabile. Stare sul confine è segno dunque di cambiamento, quasi sempre espresso nel contesto più ampio della crescita.

Per coloro che si trovano in questa situazione, specialmente se adolescenti, si attivano numerosi elementi emozionali e cognitivi.

Una pista interpretativa interessante è data dalla lettura delle instabilità emozionali di Max nel corso del cammino. Un esempio eclatante si ha nell'episodio della scalata alla montagna.

Le presunte colline erano in realtà una lunga catena montuosa non troppo alta… Non c'era una strada che saliva sulla montagna. Il sentiero s'interrompeva alle sue pendici…

A un certo punto si accorse che più si arrampicavano, più cresceva il silenzio intorno a loro…Dovevano essere già arrivati a metà altezza… eppure aveva l’impressione che la cima non si fosse avvicinata di un metro, come se la montagna continuasse a crescere mentre la scalavano. Dopo un altro estenuante quarto d'ora di silenzio, ne fu certo: più si arrampicavano, più la montagna diventava alta e ripida. [...] Silenzio.

Come conosceva bene quella sensazione! A casa sua si parlava e si litigava, ma dietro a tutte le discussioni c'era un silenzio profondo. Non era così?

Silenzio. (pagg. 132 e seg.)

Proteggersi ed essere protetti

Il labirinto è terra di contrasti, a tratti stridenti: in esso infatti tutte le cose assumono aspetti e valori diversi perché la realtà si trova da un'altra parte. Il labirinto è un luogo che ha una dimensione altra. Chiunque vi entri, ha la sensazione che le leggi siano invertite o modificate. Il senso della realtà viene meno e ci si trova in un luogo trasfigurato dove i contrasti si acuiscono.

Max ha questa sensazione quando varca la porta di uscita della metropolitana per entrare nella stazione inesistente sulle mappe e quindi nei rifugi.

Cognitivamente, quando ci si trova in una situazione del genere si ha una necessità quasi disperata di protezione perché l'ansia della novità chiede una sorta di schermo, di separazione del proprio io dall'incertezza in cui ci si trova.

A questo fenomeno, va aggiunto il fatto che la visione netta dei contrasti nel labirinto quasi sempre rispecchia una visione più sfumata dei propri contrasti interni, in un gioco di doppioni che rende affascinante e suggestiva l'avventura.

Durante il viaggio tra i rifugi, dunque, Max si protegge da contrasti che sono in realtà situazioni dicotomiche laceranti.

La pista interpretativa che si suggerisce di cogliere tuttavia non riguarda tanto le tipologie dei contrasti, quanto piuttosto le modalità e le caratteristiche della difesa.

Come si protegge Max?

La prima strategia è quella di affidarsi a un'entità esterna, come se egli riconoscesse di essere impotente. Per questo inventa un amico come Jan. Nel corso del viaggio, poi, Max impara a scoprire che è pericoloso demandare agli altri la propria difesa, sia pure a un'entità creata dalle pulsioni più interne dell'io.

Il tradimento finale di Jan, quindi se pur doloroso, è in realtà terapeutico perché chiarisce al protagonista tutta la debolezza della soluzione che egli ha escogitato per fuggire da se stesso piuttosto che per affrontare davvero il problema della difesa.

In seguito Max, recuperando il proprio cuore impara a prendere di petto le problematiche generate dai contrasti interiori e intravvede un cammino che porterà al loro superamento o alla loro assimilazione.

Interessante notare che spesso nel labirinto i problemi generati dalla divisione della personalità sono 'visualizzati' con figure o personaggi: si vedano ad esempio i genitori, per quanto concerne la problematica della solitudine e dell'impossibilità del dialogo.

In tutti questi personaggi Max si rispecchia ed essi sono voluti dal principe meccanico perché il ragazzo possa 'vedere' una soluzione. Tra immaturità, cadute, errori, ingenuità, Max impara a proteggersi da solo, e la relazione con gli altri diventa vera, non più filtrata attraverso le illusioni. In questo modo i contrasti, pur sempre presenti, vengono attenuati da un nuovo senso della realtà culminante con la capacità di Max di coinvolgere il mondo adulto (lo scrittore) nella propria vicenda biografica. Imparare a raccontare, sembra dire l'autore, in fondo è il miglior modo di difendersi.

L'amicizia

Il labirinto è il luogo della verifica delle amicizie.

Nell'adolescenza l'amicizia è un'esperienza importante perché l'umanità impara a conoscersi rispecchiandosi, almeno inizialmente, negli altri. Ciò che fanno gli altri diventa punto di riferimento oggetto di imitazione, pietra di paragone a cui ispirarsi per strutturare copioni di comportamento socialmente efficaci. Per questo è necessario stare in gruppo: per crescere mettendosi alla prova, per sperimentare soluzioni alle problematiche sociali sviluppate insieme alla scoperta degli altri.

Gli amici permettono di mettere alla prova se stessi in una situazione di relazione privilegiata, non troppo pericolosa. Di questo Max è ben consapevole ma c'è un problema che lo angoscia. Egli ritiene di non essere capace di sostenere il peso di una relazione amicale. È annegato nella solitudine e la sua insicurezza è come il sentirsi sprofondare in una palude di sabbie mobili senza poter essere salvati. Per questo Jan, un amico fuoriuscito dal suo immaginario è un ragazzo che possiede tutte le qualità che lui non ha: è coraggioso, sprezzante, deciso, operativo. È un amico salvagente. Tutte le sue qualità però al termine della vicenda si ritorceranno contro il loro creatore. Jan vuol essere indipendente: non lo ha creato così proprio Max?

Il protagonista così comprende che l'amicizia di dipendenza è un'amicizia negativa. Un'interessante spunto interpretativo consiste nell'esame del personaggio di Jan alla luce della sua progressiva trasformazione. Da salvagente di Max a suo distruttore. Il più grande pericolo per il cuore di Max, allorché egli riesce a penetrare nel Tempio delle Anime, sarà infatti proprio l'amico del cuore, quello che non ti può tradire perché scaturito direttamente dalla tua immaginazione.

All'inizio era stato meraviglioso. Jan aveva sempre le parole giuste per ogni situazione. Quando l'indifferenza dei suoi genitori diventava insopportabile, quando a scuola veniva pestato o umiliato, Jan era sempre con lui e gli sussurrava, invisibile: Ehi, vecchio mio, non è la fine del mondo, noi siamo superiori a queste cose. Prima o poi quelli riceveranno ciò che si meritano. Un giorno noi due gli daremo una bella lezione. Vedrai che non sarà sempre cos…,

Mi hai mentito, Jan.

Jan era diventato sempre più forte, più cattivo, più ripugnante, e aveva finito per riempirsi d'odio. (pag. 181)

Il tempo della crescita

Il tempo trascorso da Max nel labirinto rappresenta idealmente il tempo necessario per la crescita.

Per questo tema, le piste di analisi si dividono secondo due prospettive: il tempo della crescita sentito interiormente e il tempo della crescita invece imposto esteriormente.

Tutto il libro, per le situazioni che presenta e per lo svilupparsi della maturazione di Max, rappresenta una riflessione articolata sul rapporto tra tempo e crescita.

Da un lato infatti c'è il tempo della crescita interiore sempre dilacerato tra il 'sentire' interno di colui che cresce e le richieste dell'ambiente nel quale si trova a vivere. Il desiderio di Max è fondamentalmente un desiderio di quiete, di pacificazione interiore impedito da uno smarrimento simboleggiato dalla città labirintica. Un desiderio che somiglia più a una fuga che a una risoluzione vera.

In questo senso il tempo della crescita risulta 'arrestato' dalla crisi nella quale si dibatte Max.

È interessante che il protagonista senta la crisi come un momento di arresto della crescita, un momento vuoto e privo di prospettive.

L'intervento del mendicante senza un braccio nella metropolitana, con il suo biglietto d'oro (come non pensare al biglietto d'oro di Willy Wonka?) crea un 'punto di diversione' capace di trasformare la discesa inevitabile verso il crollo (cadere dall'altra parte dell'orlo) in un momento di consapevolezza e di riscatto.

Da notare come il passaggio dalla dimensione della realtà (un labirinto urbano inestricabile) alla dimensione dell'iniziazione (il labirinto fantastico dei rifugi) avvenga in una situazione nella quale tempo e spazio si annullano. Nel momento in cui Max infatti decide di arrestare la metropolitana tutto si ferma. Si entra in un'altra dimensione. La similitudine tra l'arresto del treno e l'arresto del tempo della crescita individuale è stimolante e significativa.

In questa bolla spazio-temporale si legge la seconda prospettiva del racconto. Nei rifugi Max si estroflette perché legge fuori di sé ciò che sta capitando dentro di sé. In questo modo le prove che supera, pur provenendo dalla sua interiorità, vengono vissute come imposte dal Principe Meccanico, cioè da un'entità esterna. Lentamente tuttavia Max comprende che il Principe Meccanico non deve essere sentito come un nemico, bensì come un dato di realtà, che lo esorta a uscire da se stesso per compiere la più importante metamorfosi umana: crescere aprendosi agli altri.

Al termine, il tempo interno della crescita e il tempo esterno non saranno ancora perfettamente armonizzati, tuttavia avranno rimesso in moto un dinamismo perché il protagonista è giunto al centro della crescita stessa, recuperandosi in una dimensione nuova, più autonoma e indipendente.

La solitudine dell'adolescenza

Il senso dolente della solitudine che pervade tutto il libro, ha una connotazione adolescenziale assai spiccata. L'autore pare affermare che se la solitudine non viene assimilata in una visione del mondo valoriale, essa pervade tutta la vita di un uomo fino a distruggerlo, rendendogli impossibili i rapporti umani. Una testimonianza di questo terribile processo è la visione di Max nella Selva oscura.

Fece gli ultimi metri di corsa. Quando arrivò alla radura, le voci tacquero. I suoi genitori erario lì fermi, in silenzio...i potevano vedere ciò che succedeva all'esterno attraverso i loro specchi, ma negli occhi di chi stava di fronte scorgevano solo se stessi. Benché fossero in due, erano soli. Disperatamente soli. Gli unici sentimenti che ancora li tenevano insieme erano il disprezzo e il dolore, Non sapevano più nemmeno per che cosa litigassero. Ma lui adesso aveva capito, e non riuscì più a trattenere le lacrime. (pag. 91)

In questo caso la solitudine è descritta nel contesto di una relazione di coppia vuota e insensata. I genitori di Max non vedono più l'altro in quanto altro: percepiscono solo la propria immagine riflessa nell'altro, in un'impossibilità di comunicazione che genera angoscia e frustrazione. In questo contesto le parole sono tutte false, messe loro in bocca dai ragni che rappresentano gli istinti negativi con i quali si rapportano l'un l'altro.

Può essere interessante al proposito analizzare il rapporto esistente tra l'idea dello specchio e l'idea della solitudine. È la solitudine semplicemente una superficie resistente ai raggi della luce? Oppure il suo carattere solipsistico ha qualche connessione più profonda con il processo di crescita dell'adolescenza?

I motivi

Il testo narrativo che abbia una pretesa estetico-letteraria presenta non solo una certa struttura di temi e sviluppa determinati ventri d’interesse, ma presenta anche, almeno in alcuni casi, un reticolo di piccoli elementi che, qualora acquistino carattere ripetitivo, assumono un ruolo significativo non secondario. Si tratta di particolari espressioni, di riferimenti costanti a determinati oggetti o di concetti emozioni (chiusura, apertura, separazione) che, se a prima vista sembrano non concorrere in modo consistente alla struttura semantica del testo, una volta che se ne accertino le occorrenze ripetute e si individui la costanza del riferimento sotto il variare delle formule espressive (parole anche diverse, sintagmi, frasi,) assumono particolare rilevanza agli effetti della riflessione interpretativa.

Per esemplificare, si pensi al motivo dell’insetto in certi racconti kafkiani, al motivo del muro o della ‘barriera’ in Montale, al motivo dell’”occhio” in talune narrazioni di Poe. Occorrerà dunque rileggere attentamente il testo e individuare l’eventuale comparsa, in forma ripetitiva anche se variata e magari allusivo-figurale, di queste componenti micro-strutturali; le varie occorrenze testuali verranno riportate al loro nucleo invariante (costruendo cioè una matrice isotopica)”.1

L’ipotesi di effettuare un'analisi dei motivi letterari presenti nell'opera appare di grande interesse.

La codificazione stratificata nel tempo dei motivi letterari infatti ha generato probabilmente dei riscontri immediati con i testi soprattutto sul terreno del suggerimento (e quindi del riconoscimento) di emozioni..

Si propone, dunque, in questa sezione un'analisi critica del motivo principale che attraversa tutta la narrazione, quello del labirinto. Quest'ultimo viene poi scomposto in altri sotto-motivi di grande interesse.

Il labirinto

Il motivo principale sul quale è fondato tutto il libro, il labirinto, è articolato nel corso della narrazione in spazi separati e confinanti. Vengono suggeriti qui alcune piste interpretative per ogni articolazione insieme a qualche chiave di lettura di ispirazione pedagogica. Può essere utile provare ad analizzare i sotto-motivi riportati alla luce delle indicazioni suggerite.

Il sotterraneo

Il sotterraneo è l'ingresso del labirinto di cui costituisce la soglia. Rappresentato dalla metropolitana, va pensato come ragnatela sotterranea dalle infinite entrate e uscite, dai caotici incroci. In senso generale il sotterraneo rappresenta il mondo delle profondità o delle elevazioni infinite. Può anche descrivere lo stato informe dell’esistenza: sul piano psicologico corrisponde tanto alla indeterminazione dell’infanzia quanto alla indifferenziazione della fine, accompagnata dalla dissoluzione della personalità. Nei sogni, il sotterraneo può evocare l’inconscio immenso e potente; appare come un invito a esplorare le profondità dell’anima per liberarne i fantasmi e scioglierne i nodi.

La paura è la componente pedagogica complementare al motivo del sotterraneo. Con Runcini2 si può assumere una definizione di paura che proviene direttamente dalla psicanalisi: la paura è fondamentalmente destrutturazione dell’IO. “Se la teoria psicanalitica ha ragione di affermare che ogni affetto connesso con una commozione di qualunque tipo, viene trasformato in angoscia qualora abbia luogo una rimozione, ne segue che tra le cose angosciose dev’esserci tutto un gruppo in cui è possibile scorgere che l’elemento angoscioso è qualcosa di rimosso che ritorna. Una cosa angosciosa di questo tipo costituirebbe appunto il perturbante.”3

Ne “Il principe meccanico” il rapporto con la paura si colora di ambiguità. La storia infatti consente la costruzione di uno schermo sul quale si proiettano avvenimenti in grado di generare nel protagonista emozioni ‘fittizie’, anche se reali di fronte alla coscienza. Egli le ritiene attendibili e proprio per questo rischia di farsene travolgere.

Questo processo contribuisce alla conoscenza e all’accettazione del meccanismo della paura, nel tentativo di non lasciarsi coinvolgere fino in fondo. Per ricondurre la paura nei binari del suo contenimento è necessario inserire un elemento destrutturante nel percorso, il sotterraneo, appunto, che ha lo scopo di mettere in contatto il giovane protagonista (e quindi tutti i lettori che si rispecchiano in lui) con la struttura più profonda del circuito emozionale.

Il bosco

C’è sempre un bosco in mezzo al cammino della vita. Il viaggio di Max tocca due boschi importanti Selva caruso (anagramma di Selva oscura) e la foresta putrefatta, oltre ad alcuni boschi minori. Nel bosco letterario si entra nel folto senza poter usare mappe con percorsi segnati, né seguendo sentieri precostituiti, perché l’itinerario è ricco di sorprese. Nell’intrico dei rami, sui sentieri e tra i cespugli si avverte una sottile trama di relazioni con i meandri della personalità e i percorsi del comportamento umano. Nel bosco si può perdere la strada come nella “selva oscura” dantesca: si possono fare strani incontri; si cercano tracce e ancora si possono trovare tra i suoi incroci indicazioni un cammino di iniziazione mediante prove attraverso le quali si giunge al tesoro: l’interpretazione e la conquista di se stessi.

La pista pedagogica della prova è uno dei tratti caratterizzanti della crescita. In generale si può affermare che non vi sia crescita senza prove da superare. Max ne è l'esempio più evidente. Durante gli eventi che vive e con i quali costruisce la propria esperienza, vi sono improvvise difficoltà che rendono necessario il manifestarsi di abilità, magari acquisite in precedenza. Ogni prova esige una riaggregazione di conoscenze in un tutto nuovo, adatto a superare un ostacolo. La prova può dunque essere esterna, perché riguarda condizioni ambientali o situazionali esterne al protagonista ma anche interna perché l’esecuzione di un certo compito esige una riorganizzazione interna che produce come risultato immediato un mutamento. Nella vicenda i mutamenti riguardano lo status di Max, la sua capacità di impostare le relazioni, la modificazione dei suoi sistemi di credenze.

Il palazzo/fortezza

Vi era solo una notte sconfinata che avvolgeva ogni cosa.
E nel mezzo di quella notte, una strada sospesa nell'aria.
E alla fine della strada, un castello.
No, non un castello.
Una fortezza.
Gigantesca. Galleggiava su quel mare di tenebra, brillando di luce propria, come una mastodontica nave ancorata nel tempo e nello spazio.

La visione della fortezza del principe meccanico, collocata nel cuore della ragnatela dei rifugi, genera sbigottimento in Max. Il palazzo viene infatti presentato come immensamente superiore a ogni immaginazione possibile.

In quanto tale, il motivo del palazzo rappresenta il centro del potere ed è correlato alle emozioni del controllo. Nel palazzo infatti il controllo si esercita (mediante il potere) sugli altri e sulla realtà. Ogni luogo che controlla la realtà è un luogo di creazione e dunque è escluso alla maggior parte dei mortali. Per questo il palazzo diviene simbolo di ciò che è al di fuori della portata dei più, simbolo di elezione e di particolarità, di predestinazione. È anche il volto esteriore del potere e della sua magnificenza, visibile attraverso strutture decorative insolite, più grandi e più imponenti delle normali architetture.

Il valore pedagogico del palazzo tocca intimamente la struttura della personalità. Al di là della generica rappresentazione dei tre piani della personalità in stretta correlazione con i piani del palazzo (cantina = inconscio; piano nobile = personalità cosciente; piani superiori = Super Io e controllo esteriore), si può suggerire una pista interpretativa più sottile che collega la capacità personale di dominare le situazioni con l'esplorazione esperienziale.

Nel caso della vicenda di Max il palazzo è anche la fortezza del Principe Meccanico, colui che come un ragno sta al centro della trama dei rifugi. Incontrare il principe meccanico significa per il giovane protagonista rendersi conto della potenzialità di controllo che emanano dalla propria personalità, essendo, per un certo verso, il principe meccanico una sorta di alter ego in grado di organizzare un percorso personale di presa di coscienza e di rinascita attraverso lo svelamento delle paure e dei punti deboli durante il passaggio dall'infanzia all'adolescenza.

Il tempio

Il tempio era di dimensioni enormi. Max spaziò con lo sguardo da sinistra a destra. Solo il basamento era lungo circa ottanta metri. Sobria e slanciata, l'imponente costruzione si perdeva nel cielo come un raggio di luce emesso dal rifugio, un dito puntato verso misteriosi dèi lontanissimi. Le pareti lisce riflettevano debolmente la luce verdognola del cielo notturno.

L'ingresso alla Sala delle Anime, un rettangolo nero alto due metri, era situato al centro del lato rivolto verso di loro. Max resistette all'impulso di precipitarvisi dentro. Voleva godersi almeno per un attimo lo spettacolo maestoso del tempio. Non ricordava di aver mai provato una simile beatitudine. Presto avrebbe tenuto fra le mani il suo cuore. (pag. 153)

Nella sedimentazione culturale dell'umanità il tempio è il luogo del riflesso della sacralità. In questo caso la sacralità non è riferita a una dimensione specificamente religiosa, bensì va intesa come luogo 'altro' in cui si gioca un conflitto tra una volontà apparentemente superiore (quella del principe meccanico) e un'altra volontà, apparentemente inferiore, quella del ragazzo 'danneggiato', Max, appunto a cui è stato sottratto il cuore.

In quanto immagine riflessa della sacralità, al tempio si attribuisce un valore di centralità. Ogni tempio infatti il centro del Mondo. Così è anche per il labirinto in cui Max si trova a dover crescere. Qui lo spazio è inscatolato in una serie di centri sempre più interni fino ad arrivare alla sala dove sono custoditi i cuori di tutti i ragazzi 'sull'orlo'.

Jan avanzò verso il tempio. Con un sospiro stanco, Max si rimise io zaino sulle spalle, afferrò Tristalama e lo seguì... Avvicinandosi alla torre chiara, fu colto da un lieve capogiro. Era come se una mano invisibile gli avesse assestato una pacca leggera. Ma in quel mentre udì di nuovo il ronzio e il ticchettio, insieme con la risposta del principe meccanico: Credevi che le tue prove fossero finite? Cominciano solo ora. (pag. 154)

Ma il tempio può anche diventare una prigione quando chi vi entra non riesce più ad uscirne. Non basta raggiungere il proprio cuore per impedire all'uccello di ferro di portarlo via per sempre. Occorre anche trovare il modo di uscire dal pericoloso deposito, e gli amici di Max sembrano non aiutarlo affatto in questo compito.

La chiave di lettura pedagogica legata al tempio è quella legata alla riammissione al centro dell'essere per una trasfigurazione in uno stato superiore. Una sorta di percorso di ascesi, insomma. Max deve recuperare il suo cuore. Svelando proprio nel tempio il tradimento più drammatico, quello di Jan, l'amico del cuore, l'aiutante (creduto) fedele, il recupero assume una dimensione superiore di proiezione verso l'alto.

Recensioni

Berlino: città della ricostruzione, della multietnicità, dell'incontro di giovani e tendenze, di un passato da dimenticare e dì un futuro da inventare. Max: figlio unico che vive assistendo alla quotidiana lite tra i genitori che lo ignorano perché reclinati solo sul loro ego. L'incontro di questi due elementi genera un romanzo interessante, malinconico ma carico di speranza, maturo e attuale. Il ragazzo vive un'avventura fantastica nella sua città grazie ad un biglietto magico della metropolitana che gli viene regalato da uno pseudo barbone. Con il biglietto egli ha l'accesso ad alcuni rifugi in cui si riuniscono altri ragazzi con problemi esistenziali specchio delle loro ansie. In un mondo preoccupato solo di conquistare il potere, di consumare, di adeguarsi ad un profilo culturale basso i ragazzi chiedono una loro dignità, di essere ascoltati, di ricevere attenzioni adeguate alla loro età, di vìvere in un mondo che non li marginalìzzi se non seguono gli stereotipi. Ogni ragazzo ha asilo in questo rifugio e viene sollecitato a superare le proprie difficoltà attraverso delle prove, anche Max dovrà conquistare il suo traguardo in solitario e acquisire una nuova autostima.

[Gruppo di Servizio per la Letteratura Giovanile – Pagine giovani]

1 cfr. Maurizio Della Casa, Lingua, testo, significato, La Scuola, Brescia, 1973, pagg. 215

2 R. Runcini, Illusione e paura nel mondo borghese da Dickens a Orwell, Bari, Laterza, 1968

3 S. Freud, “Il perturbante”, in Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, 2 voll. Torino, Boringhieri, 1969