INFORMATICA E DIDATTICA:
ASPETTI DI UN PROBLEMA APERTO
di Roberto Poggi, Università di Torino
Introduzione
A più di vent'anni dall'irruzione dell'informatica
nel mondo della scuola può essere interessante tentare un bilancio di un
dibattito che non accenna ad esaurirsi.
Se nelle imprese l'informatizzazione ha proceduto a
ritmo spedito sulla spinta della razionalizzazione, dell'abbattimento dei costi
e della concorrenza, lo stesso non può dirsi per l'universo scolastico e
formativo, in cui le nuove tecnologie stanno ancora oggi facendosi largo
faticosamente.
Non si tratta di una questione meramente economica,
di disponibilità di risorse, della disparità tra un settore privato disposto ad
investire ed un settore pubblico in perenne crisi di liquidità e poco propenso
a puntare sulla risorsa strategica dell'istruzione. Il vero nocciolo della
questione sta altrove.
La scuola si è posta, e continua porsi, una domanda
cruciale: quale informatica?
In questa domanda, in apparenza semplice e lineare,
confluiscono e si intrecciano diversi problemi che spesso si sovrappongono sino
a diventare un corpo unico, le cui parti sono interdipendenti. Proviamo a
distinguere i diversi elementi.
L'informatica intesa
come opportunità di snellimento, razionalizzazione e modernizzazione dei flussi
di informazioni che attraversano la scuola. In sintesi, accedere più
rapidamente alle informazioni, archiviarle e farle circolare con maggiore
facilità. In quest'ottica prevale la priorità di sostituire il cartaceo con il
digitale nell'amministrazione, nell'aggiornamento professionale ed in alcuni
aspetti circoscritti della didattica. Si pensi, ad esempio,
all'informatizzazione dei test e di alcune prove d'esame. La creazione di
laboratori per docenti e discenti e l'acquisto di attrezzature vengono indicati
come la ricetta per risolvere il problema del rapporto tra didattica ed
informatica. La dotazione strumentale finisce per diventare l'unico obiettivo
perseguibile.
L'informatica come
ausilio alla didattica tradizionale. Cioè sovrapporre alle metodologie
tradizionali strumenti tecnologici di nuova generazione. Sostituire, in una
battuta, la lavagna con lo schermo. Anche in questa accezione prevale
l'attenzione per gli aspetti strumentali, non si tratta tuttavia di creare
laboratori ad hoc o di ricercare software specifici, quanto piuttosto di
rinnovare le aule tradizionali alla luce delle nuove tecnologie. Lavagna
luminosa, slide show, audiovisivi
sono tecniche innovatrici della tradizionale comunicazione didattica basata sul
rapporto bilaterale asimmetrico docente-allievo e realizzata prevalentemente
attraverso il linguaggio orale con il supporto monomediale
scrittura/stampa.
Grazie ai nuovi strumenti la
comunicazione diventa trilaterale (docente - allievo - medium), i messaggi
orali vengono arricchiti dall'utilizzo dei linguaggi visuali, grafici ed
iconici e sono organizzati in modo da rendere la comunicazione più interessante
e adatta a un gruppo di ascolto anche ampio.
Ognuno di questi media ha specifiche
caratteristiche tecniche, linguistiche, psicologiche e didattiche che devono
essere conosciute dal docente che voglia servirsene nella propria azione
didattica per un uso consapevole e davvero proficuo.
Particolarmente importante fra quelli citati è il video, medium ricco di
potenzialità espressive e partecipative, ad alta carica iconica rappresentativa
e ad alto grado di creatività, sul quale - oltre a questo utilizzo di semplice
supporto - è anche possibile strutturare molteplici percorsi di lettura e di
scrittura di grande rilievo in ambito didattico.
La sua valenza di supporto
all'insegnamento sta soprattutto nel suo essere un impareggiabile sostitutore
di esperienza, nel senso che consente di far osservare e studiare esperienze
impossibili nella realtà concreta per limiti di varia natura (fisici, sociali,
spaziali, temporali): osservare da vicino il cratere di un vulcano, entrare nei
corpi, osservare fatti accaduti in altri tempi storici e in zone geografiche
remote ecc.
L'informatica come
materia oggetto di un insegnamento a sé stante con obiettivi, metodologie e
problematiche propri. Si parla dell'alfabetizzazione informatica come missione
di una scuola moderna che non crei barriere ma ponti con le nuove tecnologie.
L'informatica come strumento di pensiero a cui
corrispondono nuove forme di apprendimento e di didattica, che rompono
schemi consolidati dalla tradizione ed incidono più profondamente sui processi di sviluppo cognitivo.
Su ciascuno degli elementi che abbiamo cercato di evidenziare aleggia
poi un interrogativo, ricco di implicazioni etico-filosofiche: software libero
oppure software proprietario? Deve cioè la scuola piegarsi alle logiche del
mercato oppure ha il dovere di sperimentare vie nuove che conducano
all'introduzione dell'informatica e delle nuove tecnologie senza diventare
ostaggio delle software house che hanno conquistato le imprese?
Le pagine che seguono, pur non avendo la presunzione di trattare in modo
esauriente i vari aspetti di un tema così ricco di sfaccettature, vogliono
offrire alcuni spunti di riflessione e di approfondimento.
La scuola e la rivoluzione
informatica
La diffusione della tecnologia informatica ha generato negli
ultimi decenni una vera e propria rivoluzione culturale paragonabile a quella
generata dall'invenzione della stampa. La civiltà occidentale ha trovato nel
computer una sorta di lampada magica capace di realizzare ciò che sino a pochi
anni addietro era monopolio della fantasia e dell'immaginario. La profezia di
una massiccia penetrazione degli elaboratori nella nostra vita si sta
avverando. Questa rivoluzione in atto impone una trasformazione profonda del
sistema educativo.
Nel 1986 il mondo industriale per bocca di uno dei suoi più
autorevoli rappresentanti, Giovanni Agnelli, muoveva una dura critica alla
scuola italiana per non essere riuscita a rinnovare i suoi programmi ed i suoi
metodi alla luce delle nuove tecnologie, negando così ai giovani la padronanza
di strumenti essenziali per la comprensione della realtà.
La scuola italiana ha
risposto a queste sollecitazioni. In pochi anni la quasi totalità degli
istituti scolastici si sono dotati di computer e connessioni internet. Tuttavia
la priorità assegnata alla dotazione strumentale ha spesso messo in ombra
l'importanza della formazione degli insegnanti. Anche la riflessione sulle
applicazioni didattiche dell'informatica è stata risolta talvolta in modo
sbrigativo, impedendo di sfruttare appieno tutte le potenzialità offerte dalle
nuove tecnologie tanto nella ricerca di informazioni quanto nella realizzazione
dei percorsi formativi.
E' mancato un
piano organico per l'applicazione dell'informatica alla didattica. Gruppi di
istituti, di ogni ordine e grado, si sono segnalati per il loro dinamismo e per
la loro volontà di innovazione, altri hanno subito la rivoluzione informatica
senza ripensare metodologie ed approcci. Non sempre i risultati delle
sperimentazioni più di avanguardia sono riusciti ad ottenere la giusta
visibilità ed a costituire validi modelli di riferimento. La formazione degli
insegnanti ha proceduto lentamente, viziata talvolta dall'equivoco di far
coincidere l'informatica unicamente con la videoscrittura.
Macchine per insegnare
Nel suo impiego nella didattica l'informatica è stata
innanzi tutto identificata come sussidio per l'insegnamento-apprendimento. I
computer sono stati assimilati a macchine per insegnare. Si pensi ad esempio ai
programmi denominati CAI (Computer Assisted Instruction), sperimentati sin
dagli ani '50, prima negli Stati Uniti e successivamente in Europa. Si tratta
di programmi mirati a supportare (o sostituire, nel caso dell'autoistruzione)
l'insegnante in alcuni compiti tradizionali ed a proporre una struttura di
contenuti rigidamente preordinata in cui l'utente ha un margine di iniziativa
minimo che consiste normalmente in una scelta tra opzioni predefinite.
Appartengono a questo tipo di software: programmi dimostrativi (demo) di
teoremi, di applicativi ecc.; questionari (a risposta multipla o del tipo
vero/falso) su argomenti specifici, che alla fine della sessione possono
fornire anche la correzione dell'esercizio effettuato e il punteggio ottenuto;
programmi tutoriali con somministrazione individuale di sequenze di
informazione e feedback compensativi.
In realtà chi interagisce con l'allievo non è
l'elaboratore, ma l'autore dei software. L'efficacia di tale strumento è dunque
subordinata alla bontà del software, cioè alla sua capacità di prevedere tempi,
modalità e difficoltà del processo di apprendimento dell'utente.
I punti di forza del tutoriale consistono nello
stimolare l'interesse dell'allievo per una determinata conoscenza, nel rispetto
dei ritmi di apprendimento, nell'essere interattivo, nel dare la possibilità
del feedback immediato,
nell'offrire il rinforzo o il recupero per coloro che si sono assentati o per i
più lenti, nel consentire, inoltre, di poter conservare i dati, e in
particolare, agli insegnanti di poter autoprogrammare le lezioni.
La marcata interattività che ormai caratterizza i
software didattici di ultima generazione ha inoltre l'indubbio vantaggio di
favorire lo sviluppo, tramite l'ampio ricorso alle tecniche di problem solving,
del pensiero strategico e dei processi di inferenza.
L'elaboratore è in grado di simulare, con
sbalorditiva precisione e verosimiglianza, complesse situazioni
fisico-chimiche, storiche, geografiche, economiche e sociali che consentono
all'allievo di valutare, nel tempo di un click, l'esito delle proprie scelte e
delle proprie riflessioni, costringendolo ad un vaglio critico.
Alcune delle più tenaci resistenze all'impiego del
software nel campo dell'istruzione non tengono nel dovuto conto la rapida
evoluzione delle tecnologie. I primi computer entrati nella nostra vita
quotidiana erano delle "televisioni mute" in bianco e nero, anzi ai
"fosfori verdi" , molto poco "confidenziali", seppur per alcuni
affascinanti.
Erano strumenti rigidi, lenti, limitati, concepiti
per un pubblico ristretto di specialisti, quasi di iniziati. La creatività, la
sperimentazione e l'interattività erano del tutto inibite.
Nei sistemi attuali l'evoluzione all'ambiente grafico
ha comportato alcuni innegabili vantaggi fruibili anche sul piano didattico:
- il controllo delle attività è
demandato all'utente che può avviare più attività contemporaneamentee gestirle in larga autonomia;
- in caso di difficoltà o di
vicolo cieco lo studente può ritornare sui passi precedenti,
riconsiderando tutti i suoi ragionamenti;
- il linguaggio iconografico,
ormai imperante, è immediato ed accattivante e ridefinisce i tradizionali
confini tra l'attività ludica e l'apprendimento;
- le conoscenze di base per
accedere ad una applicazione sono minime, l'uso dei programmi è intuitivo,
creativo ed incrementale, si impara sperimentando;
- non c'è frustrazione nella
relazione tra lo studente e la macchina, in caso di errore si viene
reindirizzati;
- l'attenzione dei progettisti
di software verso la multimedialità consente di operare contemporaneamente
su più canali, amplificando le capacità di comprensione e di
rielaborazione dei messaggi.
I punti che abbiamo, seppur brevemente, evidenziato
non devono trarre in inganno: anche con la mediazione della macchina il
rapporto docente discente rimane comunque centrale ed insostituibile. La
macchina ed il software restano uno strumento che deve essere modulato
dall'esperienza e dalla professionalità del docente ed inserito in un progetto
didattico ed educativo di ampio respiro.
Se prodotto da specialisti, il software didattico diventa un valido
aiuto per l'insegnante che deve comprenderne e dominarne il contenuto. Il
docente, assistito dalla macchina in tutto ciò che è ripetitivo, meccanico,
nozionistico, può puntare maggiormente sulla componente creativa e umana del
rapporto col discente.
Un cenno a parte merita il rapporto tra il software e
la didattica rivolta a soggetti affetti da handicap.
Chiarito che l'impiego del computer favorisce i
processi mentali orientati alla risoluzione di problemi mediante sviluppo di
strategie con un feedback immediato, facilita l'autocorrezione senza
l'intervento frustrante di una persona esterna, stimola e motiva
all'apprendimento grazie all'interattività, nel caso di soggetti affetti da
handicap occorre limitare e selezionare gli stimoli, semplificare i compiti,
scomporre le sequenze in rapporto al profilo dell'utente ed agli obiettivi
educativi che ci si pone. Spesso questa attività di filtraggio, bilanciamento,
adattamento e ridefinizione dei contenuti e delle metodologie è così delicata e
sottile da non poter essere demandata neppure al software più sofisticato.
Va
inoltre considerato che il processo educativo comporta di per sé l'attribuzione
di una autorità morale al docente nei confronti del discente. Nessun software,
nessuna applicazione della rete internet potrà mai esercitare responsabilmente
tale autorità. E' dunque essenziale che il percorso educativo rivolto ai
disabili si sviluppi quanto più possibile nell'ambito di una relazione tra due
soggetti reali, limitando le incursioni nel campo del virtuale al
raggiungimento di obiettivi ben definiti e circoscritti.
In particolare, nel caso di handicap grave, in cui si
abbia una rilevante compromissione dei processi cognitivi e relazionali,
l'emotività sia immatura, la possibilità di distinguere, memorizzare,
categorizzare fortemente inficiata, l'approccio all'informatica va modulato e
valutato con estrema attenzione tenendo sempre presente che la possibilità di
sovrastimolazioni facilita la comparsa di comportamenti psicotici.
Informatica
per pensare
Soltanto negli
ultimi anni emerge con chiarezza come il passaggio dal testo stampato
all'elaboratore e dalla biblioteca alla rete Internet sia gravido di
implicazioni profonde.
La ricerca di
informazioni e documenti acquista attraverso internet ha potenzialità enormi:
mentre il reperimento del documento o del libro era in precedenza strettamente
legato alla biblioteca della scuola, o al più a quella della località in cui la
scuola operava, internet mette ora a
disposizione dello studente dalle più importanti biblioteche mondiali a enormi
banche dati sui più svariati argomenti, consentendo attraverso link di dilatare
la ricerca e di cogliere più facilmente le interconnessioni
esistenti tra le differenti discipline.
I problemi
derivanti dai processi di ricerca non sono più, come in precedenza, legati al reperimento delle informazioni, bensì
alla selezione critica dell'enorme
mole di dati rintracciabile in rete. Tanto più se si considera che
l'attendibilità e fondatezza scientifica di un libro può essere facilmente
considerata dall'insegnante sulla base dell'autorevolezza di chi l'ha scritto o
della casa editrice che lo ha pubblicato, nonché sulla struttura del volume
(presenza di apparato critico, note, bibliografia ecc.). Le fonti presenti su
internet invece, proprio per l'abbondanza di siti esistenti, di cui è molto
difficile valutare l'origine e l'attendibilità, rendono ancora più necessarie operazioni di selezione e valutazione
critica. La scuola e gli insegnanti devono pertanto offrire agli studenti
gli strumenti mentali per gestire al
meglio le possibilità offerte dalle nuove tecnologie.
Le nuove
tecnologie offrono dunque nuove opportunità alla scuola per assolvere ad uno
dei suoi compiti principali: formare individui dotati di spiccate capacità
critiche ed analitiche che li rendano autonomi e consapevoli nelle decisioni.
Non si tratta soltanto di possedere le capacità strumentali per padroneggiare
un mondo sempre più computerizzato, ma di sfruttare la modernità per
raggiungere più agevolmente una meta senza tempo: il libero esercizio della
ragione.
Secondo Alvin Toffler "l'analfabeta del futuro non sarà la persona
che non saprà leggere, bensì la persona che non saprà come imparare".
Introdurre
Internet nella didattica comporta una nuova alfabetizzazione culturale. Un esempio può essere offerto
dall'ideazione e realizzazione di ipertesti,
ovvero testi elettronici che possono essere sfogliati in più direzioni in base
all'interesse ed alle conoscenze dello studente, con spostamenti tematici e
cognitivi tramite semplici click del mouse. La creazione di un ipertesto
presuppone una serie di passaggi e operazioni molto differenti rispetto alla
scrittura di un testo sequenziale: organizzazione dei concetti principali in
una struttura reticolare, raggruppamento dei nodi contenutistici secondo una
struttura gerarchica, inserimento di strumenti per la navigazione (links e
menù), creazione di un testo aperto modificabile da altre persone ecc.
Numerose
sono le teorie che sostengono la
valenza educativa delle nuove tecnologie anche se l'analisi degli effetti
sull'apprendimento è ancora agli inizi. La teoria del codice duale afferma che la rappresentazione delle
conoscenze nella memoria a lungo termine è basata sia su forme iconiche
(immagini) sia su forme simboliche (parole).
Le informazioni vengono conservate più facilmente se immaginate e
codificate tramite codice verbale e
codice visivo (cioè per mezzo di più sistemi simbolici), mentre i concetti
astratti vengono conservati più faticosamente perché vengono codificati solo
mediante stringhe verbali (da cui, ad esempio, la difficoltà nel padroneggiare
la filosofia).
I
processi di apprendimento utilizzati dall'uomo per trasmettere conoscenze sono
notoriamente due.
- L'apprendimento
percettivo-motorio che l'uomo, in comune con altri primati, possiede
da 70 milioni di anni. E' la modalità di apprendimento del bambino. Si
basa sulla osservazione e sull'azione ma richiede la presenza degli
oggetti, della situazione e del maestro da osservare. E' limitato nel
numero di persone che è in grado di formare. Oggi la tecnologia sta
rimuovendo gli ostacoli ad una diffusione vasta e a distanza del modo di
operare percettivo-motorio. La componente analogica offerta dalle
nuove tecnologie permette di rappresentare contenuti concettuali non
sempre accessibili all'esperienza diretta. Si pensi alla telematica e alla
realtà virtuale.
- L'apprendimento
simbolico-ricostruttivo,
presente nell'uomo da circa 100.000 anni, è reso possibile su vasta scala
dall'invenzione della tecnologia della stampa a caratteri mobili. Esso è
simbolizzato dalla linearità della forma-libro.
I due modi
di apprendimento fanno parte della nostra struttura biologica ma non sono
conciliabili. Inoltre, il modello percettivo-motorio è senza dubbio più
immediato e meno faticoso per il discente. Basti pensare al forte richiamo che
la televisione e gli audiovisivi in genere esercitano soprattutto sulle nuove
generazioni.
Un'altra
suddivisione della trasmissione delle conoscenze è quella tra apprendimento
implicito ed esplicito. La trasmissione delle conoscenze avviene con
il trasferimento di una struttura di conoscenze (knowlwdge structure o KS) per
mezzo di un processo di comunicazione (communication structure o CS). A queste
è connesso il concetto di isomorfismo: quanto più la struttura della
comunicazione risulterà isomorfa (somigliante) alla struttura delle conoscenze
tanto più risulterà adeguata a veicolare conoscenza. Per ottenere ciò raramente
è sufficiente solo il codice verbale, ad esso vanno aggiunti altri codici. Ne
derivano due modalità di apprendimento: l'apprendimento esplicito si
basa su un basso grado di isomorfismo e richiede impegno e determinazione,
mentre all'apprendimento implicito corrisponde un alto grado di
isomorfismo per cui la struttura della conoscenza è più direttamente
osservabile ed è meno costoso ricostruirla mentalmente in quanto
l'apprendimento avviene in un contestoricco, assimilabile al
reale.
La
multimedialità consente di estendere l'apprendimento implicito a campi di
conoscenza prima accessibili solo per mezzo dell'apprendimento esplicito.
La
multimedialità offre quindi un ambiente educativo più efficace e più adeguato a
gestire la grande quantità di informazioni della società moderna in cui gli
studenti si troveranno ad operare. Essa non rappresenta solo uno strumento (tool)
in senso stretto ma è un vero e proprio mind tool che influisce sul modo
di organizzare e veicolare le conoscenze e soprattutto di pensare.
Per
via della frammentarietà delle conoscenze però occorre offrire allo studente
modelli di apprendimento adeguati ai nuovi strumenti educativi. Il discente
deve diventare consapevole dei processi cognitivi.
A
sostegno delle nuove tecnologie viene anche la concezione costruttivista,
che riconosce all'allievo un ruolo determinante nel processo di apprendimento e
considera la conoscenza un prodotto che viene costruito e non, come sostenevano
gli oggettivisti, come qualcosa di oggettivo che deve essere solo
trasmesso a chi deve apprendere, da cui il classico modello dell'istruzionismo,
che vede l'insegnante salire in cattedra e trasmettere la conoscenza a studenti
che ricevono passivamente. Le nuove tecnologie offrono inoltre una delle
occasioni migliori per attuare esperienze di apprendimento cooperativo, in cui
gli allievi assumono il ruolo di tutor nei confronti dei loro stessi compagni (peer
tutoring, insegnamento paritetico).
I benefici
derivanti da una collaborazione
didattica tra gli strumenti informatici e l'insegnante sono molteplici. In
primo luogo la tecnologia informatica (software specifici per la didattica,
computer, scanner, proiettori ecc.) esercita un forte potere attrattivo sugli
alunni grazie alla combinazione multimediale di testi, immagini e suoni. E'
opportuno considerare poi che i ragazzi percepiscono i computer come strumenti
usati dagli adulti e questo non può che stimolare la loro curiosità e la voglia
di utilizzarli.
Attraverso la
progettazione di percorsi formativi ben
strutturati e adattabili alle specifiche esigenze della classe si mette in
moto un processo di apprendimento non
meccanico e passivo ma vissuto e partecipato, grazie all'adozione di
software didattici non ripetitivi e rigidi e dotati di interfaccia grafica
accattivante. Gli insegnanti, attraverso l'uso di appositi programmi che
gestiscono i percorsi di apprendimento, possono inoltre monitorare più efficacemente il percorso formativo degli alunni e
valutare se apportare modifiche e diversificarlo in base alle differenti
capacità.
Un uso
corretto ed efficace della tecnologia informatica in ambito didattico non è finalizzato pertanto alla
cancellazione dell'insegnamento tradizionale, ma alla sua integrazione,
consentendo agli alunni di apprendere e
gestire criticamente l'enorme massa di informazioni offerte da nuove
tecnologie in continua trasformazione.
Riprendendo una formula di Umberto Eco: la posizione
giusta, allora, è quella degli apocalittici che vedono negativamente tali innovazioni
nel campo dell'apprendimento o quella degli integrati, decisi ad una apertura
acritica verso le nuove tecnologie? Probabilmente né l'una né l'altra. La vera
sfida è aprirsi alle innovazioni senza disperdere la missione dell'istruzione,
in nome di un assurdo primato della macchina.
R. Poggi
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