ITALO CALVINO
Italo Calvino, uno dei classici italiani del XX secolo, è
un prosatore che alterna e mescola, nella sua produzione, fantasia e riflessione
teorica. Sul piano della teoria, è particolarmente significativa
l’esplorazione dei meccanismi della narrazione, che Calvino inquadra in
un’ottica prettamente scientifico–matematica.
La formazione scientifica è per lui tradizione di famiglia:
il padre era un agronomo; la madre assistente di botanica; uno zio materno
professore universitario di chimica. Anche il fratello Floriano seguì la strada
delle scienze e diventò geologo di fama internazionale. Lo scrittore ammise con
autoironia: "io sono la pecora nera, l’unico letterato della famiglia". Eppure,
lo stretto rapporto che egli costruisce fra scienza e letteratura dimostra che
questa matrice culturale continua ad agire su di lui profondamente,
potenziandosi con il passare degli anni.
Calvino muove i primi passi nella letteratura come
neorealista, scrivendo opere narrative ispirate al periodo trascorso nelle
formazioni partigiane (
Il sentiero dei nidi di ragno, Ultimo viene il corvo).
Egli stesso rievocherà questo primo periodo riconoscendo in esso il proprio
profondo interesse di riforma della società. Tale indirizzo viene
progressivamente abbandonato man mano che Calvino si allontana dalla politica:
nel 1957 lascia il PCI in seguito dell’invasione sovietica dell’Ungheria. Delle
prime esperienze letterarie conserverà soprattutto la semplicità e la precisione
dello stile, che non abbandonerà mai. Anche nelle opere
più
intellettualistiche, la sua scrittura conserverà una doppia lettura: quella
superficiale e semplice della narrazione pura, aperta anche a lettori
occasionali, e quella più raffinata e profonda, destinata ai letterati.
Negli anni Sessanta, Calvino comincia a collaborare con l’
Oulipo,
un circolo francese di intellettuali e letterati con spiccati interessi
matematici. Essi si proponevano di esaminare (e descrivere) i processi
combinatori che stanno all’origine della scrittura. Calvino ne è profondamente
influenzato e, negli anni Sessanta e Settanta, scrive libri sempre più
indirizzati verso questa esplorazione, e verso la coabitazione di matematica
(scienza) e letteratura. Ne
Le cosmicomiche,
Ti con zero, Il castello
dei destini incrociati e
Le città invisibili, ad esempio, egli cerca
di esplicitare quei meccanismi di combinazione di un numero finito di
possibilità che stanno alla base della letteratura e tali libri contengono
frequenti riferimenti scientifici, alla paleontologia, alla fisica e soprattutto
alla matematica. In particolare,
Le cosmicomiche e
Ti con zero
sono raccolte di racconti nei quali Calvino immagina strani mondi governati di
volta in volta da leggi fisiche diverse, che si richiamano a quelle del mondo
reale ma sono applicate in modo ipotetico: in un racconto, ad esempio, lo
scrittore immagina la vita precedente al big bang, quando tutta la realtà era
concentrata in un punto; in altri forme di vita differenti dalle nostre in
orbita attorno a pianeti o mondi senza colori. Massimamente esemplificativo
della teoria delle combinazioni è l’ultimo racconto di
Ti con zero, Il
conte di Montecristo, nel quale si immagina che Alexandre Dumas ricavi la
sua versione della vicenda del conte di Montecristo da un iper-romanzo
contenente tutte le versioni possibili della storia. Ne
Il castello dei
destini incrociati, la vicenda si sviluppa seguendo via via le combinazioni
e le casualità di un mazzo di tarocchi: alle carte sono associate situazioni e
umori dei protagonisti.
Le città invisibili ha invece come narratore
Marco Polo, il quale descrive al Kublai Khan le varie città del suo impero, che
neppure egli stesso conosce; tali città nascono solamente dalla mente di Marco
Polo e non hanno alcun rapporto fra loro e col mondo esterno: qui Calvino vuole
rendere espliciti i meccanismi dell’invenzione che stanno alla base della
narrazione. Il carattere più interessante della sua scrittura è la riflessione
attorno alle
altissime possibilità e alternative fra le quali l’uomo si trova a scegliere e a
vivere. Come spiega egli stesso, nella conferenza
Cibernetica e fantasmi
del 1967 pubblicata nella raccolta
Una pietra sopra: "…il mondo nei suoi
vari aspetti viene sempre più visto come
discreto e non come
continuo.
[…] oggi tendiamo a vederlo come una serie di stati discontinui, di combinazioni
di impulsi su un numero finito (un numero enorme ma finito) di organi sensori e
di controllo". In questa visione si avvicina molto alle idee dell’
Oulipo;
tuttavia poi prosegue così: "la tensione della letteratura non è forse rivolta
continuamente da questo numero finito, non cerca forse di dire continuamente
qualcosa che non sa dire, qualcosa che non può dire, qualcosa che non sa,
qualcosa che non si può sapere?". La finitezza numerica combinata con l’abilità
combinatoria è dunque un tentativo per trovare una via d’uscita, tentare di
razionalizzare quello che appare incomprensibile e indicibile. E
La sfida al
labirinto è il titolo di un saggio del 1962 in cui Calvino difende la
propria proposta, contrapponendola alla pura rappresentazione del disordine
linguistico ed esistenziale della letteratura della Neo-avanguardia.
Nelle
opere degli ultimi anni, dal 1979 (l’anno di
Se una notte d’inverno un
viaggiatore) al 1985, anno della morte, Calvino cerca di variare
continuamente i punti di vista sulla realtà, ossia di
dire qualcosa che prima
non sapeva dire, coerentemente con quanto dichiarato in
Cibernetica e
fantasmi,.
Se una notte d’inverno un viaggiatore trasporta il lettore
all’interno dei meccanismi stessi dell’invenzione e della narrazione: il
lettore, l’autore e la storia si trovano sullo stesso piano e sono posti in
relazione l’uno con l’altro. In questo romanzo il gioco combinatorio diventa
esplicitamente discorso sulla letteratura, esercizio di variazione e
rifacimento. Calvino inaugura con quest’opera il filone della letteratura
postmoderna in Italia.
Palomar è a sua volta una raccolta di racconti
legati dal filo conduttore di un uomo che porta il nome di un celebre
osservatorio astronomico in California e osserva ogni cosa – dall’immensità del
cielo al filo d’erba – scoprendo l’incommensurabilità del mondo che ci circonda.
Palomar segue una teoria di Calvino, secondo la quale molti libri non si
propongono - non devono né possono farlo - di esaurire o circoscrivere un
argomento, ma semplicemente di aprire una discussione su di esso.
In conclusione, l’opera di Calvino, escludendo la fase
preparatoria neorealista dei primi anni Cinquanta, ha posto in primo piano il
ruolo che la matematica svolge nella creazione artistica in quanto strumento in
grado di ampliare e coadiuvare le capacità della fantasia. Se, come spiega
Calvino nei saggi di
Una pietra sopra, la realtà e la nostra percezione
di essa si basano su un numero finito di combinazioni dei nostri organi di senso
e la fantasia, in quanto prodotto del nostro cervello, procede anch’essa da
queste diverse combinazioni, la matematica, studiando tali combinazioni, si
presenta come lo strumento più adatto per aumentare il loro numero e le
possibilità disponibili a un autore nella realizzazione di un’opera artistica.
Soprattutto nell’ambiente dell’
Oulipo, dal quale Calvino fu influenzato
in modo decisivo, abbondano i tentativi di creare stampi e metodi di origine
matematica per la creazione di sonetti, la forma metrica che si adatta meglio
alla rappresentazione matematica (Queneau), piuttosto che di trame o romanzi.
Ecco che la matematica passa da classico antagonista della fantasia e del
pensiero libero, slegato da schemi rigidi, al suo principale, e logico, alleato.
Nella "lezione americana" di Calvino dedicata all’
Esattezza (1985),
l’esigenza di rigore e precisione diventa un elemento costitutivo della
letteratura in vista del terzo millennio.