RAPPORTO MATEMATICA-MUSICA DAL TEMPO DI
PITAGORA
Il primo
tentativo di scala musicale lo si deve al filosofo-matematico Pitagora.
Utilizzando un monocordo e le proprietà delle frazioni (essendo, inoltre, che la
sua dottrina prevedeva il numero come "essenza di tutte le cose") costruì la
prima scala musicale "teorizzata". essa è però puramente "formale" perché
sebbene sia "quadrata" dal punto di vista numerico dei rapporti tra le varie
note che la compongono, all'orecchio risulta essere alquanto sgradevole. In
effetti, il problema dell' accordatura è così "di base" che sovente non viene
neanche rilevato. Eppure le singole note, che troviamo sulla tastiera di un
pianoforte così come su quella di un flauto, costituiscono l'alfabeto con cui
costruire una qualunque composizione musicale.
La domanda che sorge spontanea è con quale criterio sono stati scelti proprio
quei suoni e, soprattutto, come sono state determinate le distanze tra uno e l'
altro? In
genere, quando si suddivide un intervallo continuo lo si fa con
punti equidistanti, e infatti, come attestano vari strumenti musicali antichi,
alcuni tentativi si mossero in questa direzione.
Essa
tuttavia fu presto abbandonata, perché il criterio che è alla base della scelta
dei suoni non è quello spaziale di equidistanza, bensì quello musicale di
consonanza. Questo concetto, nei manuali di teoria, è così definito:
un
intervallo tra due note si dice consonante se, suonando le due note
simultaneamente, si ottiene un effetto di gradevolezza e di quiete; si dice
invece dissonante se produce un senso di instabilità e di tensione.
I
termini impiegati ("gradevolezza", "tensione", "quiete") possono indurre a
pensare che i giudizi sulla consonanza siano vaghi e soggettivi; invece, almeno
per quanto riguarda le consonanze fondamentali, hanno valore pressoché
universale. In qualunque parte del mondo, quando un uomo e un bambino cantano
uno stesso motivo, non emettono suoni uguali in altezza, ma ad altezze distinte
che tuttavia formano costantemente tra loro un intervallo che noi chiamiamo di
ottava.
Quella
di ottava non è l'unica consonanza "universale". Se all'interno di tale
intervallo si deve trovare un suono centrale, la scelta, nella pressoché
totalità dei casi, cadrà su una nota che forma con la nota bassa dell'ottava un
intervallo di quinta e, conseguentemente, un intervallo di quarta con la nota
alta.
Se prendiamo una corda che
produce un determinato suono e desideriamo ottenere il suono superiore di
un'ottava, dobbiamo interrompere la corda nel suo punto centrale. Indicando con
A la lunghezza della corda che produce il primo suono e con B la lunghezza della
sezione che produce il secondo, abbiamo che A: B = 2 :1.
Per salire di una quinta, dobbiamo interrompere la corda ai due terzi e quindi,
indicando con C la lunghezza della sezione che produce questo nuovo suono,
abbiamo A:C = 3:2. Infine, i suoni prodotti dalle corde C e B formano un
intervalli di quarta, e C:B = 4:3. Abbiamo quindi che le tre consonanze
principali, ottava quinta e quarta, corrispondono ai rapporti 2:1; 3:2 e 4:3 e
possono essere rappresentate impiegando, e in modo "regolare", solo i primi
quattro numeri naturali.
Tale scoperta, che la
tradizione attribuisce a Pitagora, ebbe sul pensiero greco un effetto
sconvolgente; l'imprevista ma limpidissima corrispondenza tra suoni e numeri,
non mediata, come accade per noi, dalla teoria fisica degli armonici, costituì
per i Pitagorici il principale argomento a favore della tesi che "tutto è
numero".
All'interno della loro
scuola fu sancita la quadripartizione della matematica in
aritmetica-musica-geometria-astronomia, e la determinazione degli intervalli
della scala rimase a lungo il più frequentato campo di applicazione della teoria
delle proporzioni.
Rappresentiamo ora la
scala composta da quattro suoni in modo logaritmico, essa evidenzia una perfetta
simmetria assiale, essendo costituita da due intervalli di quarta (12:9 = 8:6 =
4:3) separati al centro da un intervallo espresso dal rapporto 9:8, che i Greci
chiamarono tono (e che esprime la differenza tra una quinta ed una quarta).
L'insieme dei quattro numeri 12,9,8, 6 e dei loro reciproci rapporti venne, dai
Pitagorici in poi, rappresentato innumerevoli volte, sempre in modo da
evidenziare la simmetria; il suo fascino, accresciuto dal fatto che 9 e 8 sono
rispettivamente la media aritmetica e la media armonica tra 12 e 6, esercitò a
lungo un richiamo molto forte.
Nicomaco da Gerasa (I
secolo d.C) chiamò la quaterna 12-9-8-6 "divina proporzione", per la sintesi
perfetta di armonia musicale, rapporti numerici e simmetria spaziale, e fino
all'età del temperamento (cioè fino al Settecento) essa rappresentò la base
comune a tutte le accordature della scala. Aggiungendo nella parte (b)
dello schema una nota all'interno di ciascun intervallo di quarta si hanno
complessivamente cinque note diverse, cioè una scala pentatonica, aggiungendone
due si ha una scala eptatonica.
Il desiderio di aggiungere
tali note in modo da dividere la quarta in due o tre parti uguali tra loro, in
modo da ottenere una disposizione simmetrica, si è trovato in conflitto con la
simmetria nel significato antico: infatti, poiché uguaglianza di intervalli
significa uguaglianza di rapporti, la metà di un intervallo di estremi A e E è
espressa dal medio proporzionale, cioè dal punto x tale che A:x = x:E.
Analogamente, dividere un intervallo in N parti uguali significa trovare N medi
proporzionali. Ora, un teorema dovuto al pitagorico Archita e riportato nella
Sectio Canonis di Euclide asserisce: se A:E =
(N+1):N, allora tra A e E
non esistono ne uno ne più medi proporzionali (che siano numeri naturali).
Poiché tutte le consonanze
finora incontrate -ottava, quinta, quarta - sono espresse da rapporti della
forma
(N+1):
N, il teorema di Archita sancisce l'incompatibilità
tra la simmetria nel significato antico e l'equipartizione razionale di
intervalli consonanti. In questo rapporto conflittuale, la simmetria nel
significato antico ha prevalso incondizionatamente per un periodo che, per la
musica occidentale, si è protratto fino al XVIII secolo.
Decisivo in tal senso è
stato il sorprendente perdurare della corrispondenza tra consonanze musicali e
rapporti della forma
(N+1):
N anche per le consonanze inferiori a
quella di quarta. Infatti la consonanza di terza maggiore (do -mi) e quella di
terza minore (mi-sol) sono rispettivamente espresse dai rapporti 5:4 e 6:5. Le
note all'interno dell'intervallo di quarta sono state aggiunte in modo da
ottenere una di queste due nuove consonanze.
Ma, alla fine del
Seicento, si è imposta una soluzione più drastica. Il massimo numero possibile
di traslazioni si ottiene se l' ottava è divisa in parti uguali. Essendo l'
ottava espressa dal rapporto 2:1, che ha la forma
(N+1):
N, il
Teorema di Archita sancisce l'impossibilità di ottenere una qualunque
equipartizione mediante rapporti tra numeri naturali; ed essendo tutte le
consonanze espresse da rapporti di questo tipo, una qualunque divisione
dell'ottava in parti uguali non potrà contenere al suo interno alcuna consonanza
giusta.
Tuttavia, l' orecchio sopporta bene piccoli errori rispetto all'intonazione
esatta; confidando su questo fatto, si è scelto di dividere l' ottava in un
numero
N di parti uguali, scegliendo
N in modo tale da poter
approssimare soddisfacentemente le note della scala giusta.
Ora, l' ottava ha una ampiezza di circa
sei toni (come riporta Euclide nella Sectio Canonis, sei toni determinano un
rapporto 531441/262144, di poco superiore a due); ma, avendo l'intervallo di
quarta un' ampiezza di circa due toni e mezzo e quello di quinta di circa tre
toni e mezzo, per approssimare tali intervalli è necessario disporre di mezzi
toni: il numero sei deve essere moltiplicato per due.
Nasce il tal modo la scala temperata, quella dei moderni pianoforti, in cui
l'ottava è divisa in dodici intervalli uguali
.
In altre
parole, salendo di un tono e scendendo di due semitoni non si ritorna al punto
di partenza, e si ottiene invece il cosiddetto comma diatonico o pitagorico,
ovvero 1.01316 pari a circa un quarto di semitono temperato, perfettamente
percepibile da un orecchio sensibile, soprattutto a frequenza medioalte. L’
orecchio umano, oltre a percepire frequenze comprese tra 16 e 10000 Hertz,
limiti oltre i quali si situano gli infrasuoni e gli ultrasuoni, può infatti
discriminare intervalli fino a 1/20 di tono. L’ orecchio ha una risposta non
lineare, ma logaritmica: alle basse frequenze esso richiede maggiore intensità
per percepire un suono, e maggiori intervalli per discriminare suoni
indifferenti. Sembra sia stato proprio Pitagora a scoprire il problema del
comma, in maniera Empirica. In 7 ottave ci stanno infatti 12 quinte, perche’ un’
ottava contiene 12 semitoni, e una quinta 7: ma diminuendo 7 volte di metà una
corda tesa si otteneva un suono distintamente differente da quello ricavato
diminuendo 12 volte di un terzo, ikl che significa che salendo il 12 quinte e
scendendo di 7 ottave non si ritorna al punto di partenza. La scala Pitagorica
con diesis e bemolli richiede dunque 21 note, disposte nel seguente ordiene,
dove le varie coppie differiscono di un comma: DO-si bem-re bem-do diesis-RE-mi
bem-re diesis-fa bem-MI-FA-mi diesis-sol bem-fa diesis-SOL-la bem-sol
diesis-LA-si bem-la diesis-do bem-SI
Gli
errori di intonazione delle note temperate rispetto a quelle giuste sono
abbastanza contenuti, ed in compenso è possibile qualunque traslazione la cui
ampiezza sia multipla del semitono.
La battaglia tra la scala giusta e la scala temperata è stata dunque in parte
una battaglia tra la simmetria nel significato antico [ogni intervallo della
scala giusta ha la forma (N+1):
N]
e la simmetria nel significato
moderno [qualunque nota della scala temperata, se si prendono ai suoi lati uno
stesso numero di note, costituisce un asse di simmetria].
L 'accettazione del
temperamento non rappresenta tuttavia il trionfo della seconda sulla prima,
bensì il raggiungimento di un compromesso. Del resto, il fatto che la tastiera
del pianoforte abbia la sua attuale disposizione testimonia che la scala
temperata è un ambiente matematicamente simmetrico disposto, fisicamente, in
modo asimmetrico, al fine di potere ben approssimare, con la scala dei tasti
bianchi e le sue traslazioni, l' antica simmetria delle proporzioni e delle
consonanze.