Galileo
Galilei
Nel Seicento la rivoluzione
scientifica modificò l’approccio allo studio della natura, utilizzando il
numero come strumento di indagine. Galileo Galilei, figura-chiave di questo
cambiamento e massimo esponente della prosa scientifica italiana del Seicento,
rese il linguaggio matematico autonomo e lo considerò la chiave interpretativa
per lo studio della Natura. Nello stesso secolo, Bacone, nel suo
Nuovo Organo
del 1620, cercò di trovare un nuovo metodo di conoscenza basato
sull’osservazione e sulla sperimentazione, attribuendo importanza agli strumenti
poiché " né la nuda mano, né l’intelletto abbandonato a se stesso hanno potenza.
I risultati si raggiungono con strumenti e con aiuti […]. Come gli strumenti
amplificano e reggono il moto della mano, così gli strumenti della mente guidano
o trattengono l’intelletto". Anche Cartesio, nel
Discorso sul metodo del
1637, sentì la necessità di un nuovo metodo, basato sulla logica, sulla
geometria e sull’algebra, esente dai loro difetti, causati dall’eterogeneità dei
metodi e dalla molteplicità delle teorie degli inizi del Seicento. Ma è con
Galilei che il metodo scientifico raggiunge rigore teorico e autonomia piena.
Lo scienziato toscano sostiene nel
Saggiatore (1623) che "il grandissimo
libro della natura è scritto in
lingua matematica", dando così
origine ad una ricerca scientifica basata sugli esperimenti, vera per tutti,
lontana dal modo di scoprire i segreti della natura dei maghi e degli
alchimisti.
Galilei lotta
contro il principio di autorità, che fermava il pensiero scientifico al primo
disaccordo con i grandi filosofi, come Aristotele, e con i teologi, affermando
la differenza fra il linguaggio allegorico della Sacra Scrittura e il linguaggio
matematico usato dallo scienziato per leggere la Natura..
Un altro elemento proprio
dell’innovazione scientifica apportata da Galilei è la
misurabilità dei
fenomeni. E’il tema a cui è dedicato
Il sa
ggiatore, il cui
titolo contrappone la grezza bilancia da mercato (la stadera) al bilancino
dell’orafo, il saggiatore appunto. In questa opera, scritta in contrapposizione
alla
Libra del Grassi sulla questione della natura delle comete, Galilei
considera ogni fenomeno perfettamente misurabile, ritenendo il numero la chiave
di lettura della Natura.
Su queste basi teoriche,
Galilei articola il lavoro della scienza in due momenti principali: il
momento risolutivo e il
momento compositivo. Il primo
consiste nel
formulare un’ipotesi matematica, ovvero di osservare i
caratteri oggettivi di ogni fenomeno per ridurli ad un’unica formula che ne
semplifichi la complessità. Il secondo consiste nella verifica dell’ipotesi
attraverso l’esperimento.
Accanto alla rivoluzione
del metodo scientifico, Galileo rivoluziona anche lo
stile, poiché, come
ogni altro scienziato dell’epoca, non ha una formazione scientifica ma la sua
cultura e le sue competenze sono basate su una formazione umanistica. Egli
elimina il carattere aulico dello stile utilizzando per la divulgazione
scientifica il volgare. Inoltre, la sua sintassi è asciutta e lineare e il suo
lessico, seppure attinto dalla tradizione letteraria tracciata da Bembo e dal
volgare toscano, ha caratteristiche di precisione e tende a trasportare vocaboli
dal linguaggio comune al linguaggio tecnico. La prosa galileiana è adatta a
descrivere analiticamente oggetti e fenomeni. In essa non mancano digressioni
narrative, non fini a se stesse però, ma atte ad aiutare il lettore nella
comprensione dei concetti.
Questo nuovo stile fu molto
importante per la nascita di una tradizione di prosa scientifica, il cui
principale modello era stato, sino ad allora, il
Convivio dantesco,
dunque un’opera tardo-medievale intrisa di allegorismo. L’Accademia del Cimento
e i nomi di Redi e Magalotti sono i punti di riferimento più importanti di tale
tradizione nel XVII secolo. L’importanza del modello galileiano fa sì che, anche
nel campo della prosa scientifica, il toscano eserciti nei secoli una netta
egemonia rispetto agli altri volgari regionali. L’apprezzamento per lo stile di
Galilei arriva fino al Novecento: Calvino lo considera infatti il miglior
esempio di prosa italiana.
Davide CALTABIANO e
Gianluca PRANDI