IL ROTOLO "FUNERARIO" DI BOSONE

ABATE DI SAN GIUSTO DI SUSA


Tra le consuetudini monastiche che permettono di cogliere i legami che esistevano tra i diversi monasteri in aree spesso molto vaste è molto significativo l’uso dei cosiddetti "rotoli funerari".

"Quando muore un certosino, si fa conoscere la sua morte a tutte le case dell’ordine e, secondo un’antica tradizione, il messaggio che annuncia la morte indica l’età del defunto, se superava gli ottant’anni, e il numero dei suoi anni di professione religiosa, se questa cifra era superiore a cinquanta" (Regola della Grande Certosa)

Dal momento che la pergamena costava molto, si incaricava un monaco di andare presso i vari monasteri portando la notizia del decesso (breve o breviarium o enciclica) scritta all’inizio di un rotolo di pergamena. Il rotolo, fissato ad un’anima di legno, veniva sospeso al collo del portatore durante il suo viaggio a piedi, ma forse anche, almeno in parte, a cavallo. In ogni luogo in cui il rollifero (rotulifer) si fermava e leggeva l’annuncio di cui era latore, veniva aggiunta al rotolo una risposta (titulus) costituita da formule di condoglianze, pii pensieri, promesse di preghiere, inviti a pregare per i propri defunti e, talvolta, versi a lode del defunto. Le formule venivano così a costituire un rotolo che poteva raggiungere anche una lunghezza di venti-trenta metri. Un caso famoso è quello di un rotulifer che visita 133 monasteri, dalla Spagna e Liegi e a Maastricht. I rotoli si concentrano soprattutto nell’Europa centro-settentrionale (Francia centrale e settentrionale, Inghilterra, Belgio, Germania, Austria), mentre sono estremamente rari nell’Europa meridionale (probabilmente anche per problemi di conservazione e di trasmissione dei manoscritti). Ci sono pervenuto circa 360 rotoli, di cui 160 in originale e i rimanenti trascritti successivamente.


Nell’Archivio di Stato di Torino è conservato uno di questi rotoli "funerari", il rotolo di Bosone, abate di San Giusto a Susa, morto il ottobre del 1128 o 1129. E’ il più cospicuo tra i rotoli italiani, anche se, in realtà, il viaggio del rollifero tocca solo marginalmente l’Italia (si fa menzione solo delle comunità di San Giusto di Susa e di San Lorenzo d’Oulx), mentre si svolge quasi completamente in Francia e in Spagna.



Il rolliger partì da Susa per percorrere un itinerario di 3500 chilometri, visitando 52 stabilimenti religiosi. Dopo aver valicato il Monginevro, scese lungo la valle della Durance fino ad Aix e a Marsiglia. Poi percorse la costa mediterranea fino a Narbonne e si diresse a Tolosa da dove, seguendo le strade dei pellegrinaggi, raggiunse Santiago di Compostela. Ritornò poi in Francia, si diresse a Condom e a Le Puy; raggiunse Saint-Pourcain e Sauvigny e poi Vezelay. Si diresse poi a Cluny, raggiunse la Grande Certosa e, attraverso il colle del Moncenisio ritornò a Susa. Si pensa che il viaggio sia iniziato nei primi mesi del 1229 o 1230, ai primi disgeli o che il rolliger abbia superato le Alpi alla fine dell’autunno e si sia fermato a trascorrere l’inverno in Provenza. Di certo si sa che alla fine di marzo o all’inizio di aprile era a Condom: il monaco che scrive nel rotolo dice, infatti, "mensis aprilis adest". Il viaggio potrebbe essere terminato nel mese di maggio del 1229 o 1230. Si può ipotizzare che il rolliger percorresse circa 35-40 chilometri al giorno, probabilmente in parte a cavallo o a dorso di mulo.



L’enciclica comunicava la notizia della morte di Bosone:

"Nonos enim octobris obiit bone memorie Boso abbas Secusie, vir religiosus, vir sapiens ac strenuus, in consilio provido, in iudicio iustus, merentium consolator magnificus, in ornamentis ecclesie precipuus, religiosorum susceptor, benignus, in omnibus vir necessarius"

e chiedeva orazioni per il defunto

"precamus karissimi ad quoscumque hec scedula perlata fuerit, ut memoriam eius faciatis vestris orationibus et elemosinis ut fidelis anima defuncti pacis ac lucis regionem possideat et requiem eternam habeat. Amen".

Si concludeva poi invitando coloro ai quali il rolligero avesse portato il rotulus ad accoglierlo, ospitarlo e nutrirlo:

"De rotlifero rogamus ut victum ei tribuatis et consuetudinem faciatis."

Nei vari luoghi in cui il rolligero si fermava venivano aggiunte al rotolo preghiere e versi in onore del defunto. Ad esempio, recita il titulus del monastero di San Vittore a Marsiglia:

"L’anima di Bosone, abate di Susa, e le anime di tutti i fedeli defunti riposino in pace nel nome di Cristo. Amen. Concediamo al summenzionato Bosone la celebrazione di 30 messe e affidiamo supplici la sua anima a colui in cui tutti vivono. Il giusto non muore, anche se è sepolto; la carne imputridisce, ma l’anima riposa in pace."

La consuetudine dei rotoli funerari ci permette di cogliere come esistessero, tra i monasteri, molteplici forme di relazione: in un mondo, quale quello medievale, che sembra chiuso in una dimensione localistica, la rete dei monasteri assicurava, invece, una pluralità di forme di comunicazione. Ci si muoveva da un monastero all’altro per motivi di studio, ad esempio per frequentare scuole famose o consultare libri rari, per motivi spirituali, visitando i centri dei pellegrinaggi, o, anche, per ottenere suffragi per i propri defunti. Le diverse regioni dell’Europa del Medioevo erano, quindi, profondamente legate le une alle altre da una vicinanza culturale, ideologica e religiosa nella consapevolezza dell’appartenenza ad una comune respublica christiana.

(cfr. Il rotolo funerario di Bosone abate di San Giusto di Susa, a cura dell’Archivio di Stato di Torino, in La Novalesa (Ricerche – fonti documentarie – restauri), v. II, Comunità benedettina dei SS. Pietro e Andrea, 1981)