ABBAZIA DI NOVALESA




L’Abbazia di Novalesa è stata costruita in Val Cenischia, lontano dalla mondanità e dal rumore delle città di pianura. I monaci che vi hanno abitato nel corso dei secoli hanno scelto quel luogo al di fuori del mondo per portare avanti il loro percorso di ascesi, immersi nella meditazione e nel silenzio. Solo in un luogo isolato dalla realtà, infatti, si può cercare il dialogo con Dio, nella riflessione e nella preghiera, nella totale devozione monacale. Questo incontro con Dio avviene più che altro nella lettura o nell’ascolto delle Sacre Scritture, dove il monaco sa di incontrare il suo Signore e la verità della Sua parola.

STORIA


All'alba del secolo VIII la Valle di Susa e la regione del Moncenisio sono soggette al Regno dei Franchi. Si tratta di una zona importante per la sua posizione strategica, perché terra di confine con il Regno Longobardo, che giunge sino alle celebri Chiuse. Al tempo chi governa la regione è il nobile franco Abbone.
Il 30 gennaio 726 Abbone fonda, su terre di sua proprietà, un monastero che consacra ai santi Pietro e Andrea, con l'approvazione del vescovo di Saint Jean de Maurienne, altra regione assoggettata ai Franchi, e di quello di Susa. In seguito nominerà come primo abate un certo Godone. Abbone, come contropartita, chiede solamente che i monaci preghino per lui e per la prosperità del Regno Franco.
Una posizione favorevole e geograficamente strategica offre l'occasione per esercitare una attività che si continuerà per secoli. L' Abbazia, trovandosi sulla importante via di transito verso il colle del Moncenisio, offre l'occasione ai monaci di organizzare una casa di accoglienza per i pellegrini e i viandanti. Contemporaneamente la piccola valle Cenischia, con i tre villaggi che essa comprende, Venaus, Novalesa, Ferrera, diviene una unità non solo in campo religioso, ma anche in quello civile: l'abate vi esercita la giurisdizione ecclesiastica e civile. L'abate diviene così il punto di riferimento per l'intera comunità e popolazione della valle, che sia civilmente sia religiosamente, dipende da lui.
Con il tempo la comunità conosce un notevole sviluppo e il monastero diviene centro di preghiera, di operosità intesa come pratica dell'agricoltura e assistenza ai pellegrini in transito, e di cultura con la trascrizione di testi antichi.
Il periodo più florido per l'Abbazia sarà il secolo nono, anche per la grande personalità dei suoi abati, come Eldrado, venerato in vita e in seguito fatto santo.
Nel 906 il monastero verrà assalito e distrutto da una banda di Saraceni: i monaci si salvarono rifugiandosi a Torino, donde passando nella Lomellina dove costruirono il monastero di Breme.
In seguito, i villaggi della Valcenischia, Ferrera, Venaus e Novalesa con il suo monastero, che nel frattempo era stato riaperto, costituiscono una specie di minuta diocesi autonoma, che durerà per diversi secoli.
Nel 1646 agli antichi Benedettini succedono i Cistercensi riformati di San Bernardo, che vi rimangono fino al 1798, quando sono espulsi dal Governo provvisorio Piemontese.
Nel 1802 Napoleone affidò all'abate Antonio Gabet e ad altri monaci Trappisti di Tamié (Savoia) la gestione dell'ospizio sul valico del Moncenisio, per assistere le truppe francesi in transito.
Dopo la caduta di Napoleone, i monaci scesero a Novalesa, prendendo dimora nell'antico monastero. Infine, nel 1821 il monastero si unì alla Congregazione Cassinese d'Italia.
Purtroppo, in seguito alla legge di soppressione del 29 maggio 1855 da parte del Governo Piemontese, i monaci furono costretti ad abbandonare l'abbazia.
Gli edifici, messi all'asta, vennero trasformati in albergo per cure termali; la biblioteca venne ceduta al seminario di Susa; i manoscritti furono trasferiti nell'Archivio di stato di Torino.
Dopo varie peripezie nel 1972 il complesso monastico venne acquistato dalla Provincia di Torino, che la affidò ai monaci Benedettini provenienti da Venezia. La vita monastica riprese e per l'abbazia cominciò così un'epoca di fioritura.

L’ABBAZIA

Gli edifici conservano tracce di tutte le epoche passate, delle storie vissute, storie che ancora oggi si possono leggere all’interno di quelle mura.
Nella chiesa costruita nel secolo XVIII, sulle fondamenta di quella romanica preesistente, si notano residui di affreschi antichi, tra i quali è da notare la lapidazione di Santo Stefano (secolo XI).
Nei pressi del monastero vi sono quattro cappelle: la cappella di Maria (secolo VIII con rifacimenti del XI), di S.S. Salvatore metà secolo XI), di San Michele (secoli VIII e IX) e di San Eldrado (e San Nicola) che possiede due splendidi cicli di affreschi (fine secolo XI) con episodi della vita dei due Santi.

LA VITA DELLL'ABBAZIA




La Novalesa è stata per secoli e continuerà ad essere un monastero, cioè un luogo in cui alcuni uomini vivono insieme per un ideale religioso, per passioni e credenze comuni. I monaci benedettini, più concretamente di altri ordini religiosi, lungo i secoli si sono qui avvicendati perché spinti unicamente dall'amore per Dio, desiderosi di seguire la dottrina e l'esempio di Cristo attraverso la povertà, la castità e l'obbedienza, in un quotidiano fatto di preghiera, di lavoro e di contatto con la Sacra Scrittura.
Le altre opere compiute dai monaci, come possono essere la trascrizione dei codici, la creazione di opere d'arte, l'evangelizzazione del popolo, le bonifiche agrarie, l'assistenza ai pellegrini, si sono rivelate di fondamentale importanza, trasmettendoci una cultura e una storia che altrimenti sarebbe andata perduta.
L'abbazia rimane, dunque, una piccola società di uomini che, con le loro debolezze e doti umane desiderano vivere il Vangelo, "nulla anteponendo all'amore di Cristo" (Regola di S. Benedetto, cap. IV).
Paolo VI aveva annotato che " il mondo ha bisogno dei valori custoditi nel monastero, che vede non a lui rapiti, ma a lui conservati, a lui presentati, a lui offerti". In questo, anche oggi, i monaci vedono uno dei loro principali compiti: di fronte ad un mondo materialista, edonista, inquieto, qualche volta disperato, vogliono offrire nel monastero quasi una piccola oasi dove uomini, che cercano Dio, possano comunicare ad altri la loro esperienza spirituale in un clima di silenzio, di preghiera e di pace: allora l'ospite, anche quello disilluso e sfiduciato, riscoprirà il significato della propria esistenza, la speranza e la gioia di vivere; in una parola, incontrerà quel Dio, forse mai conosciuto, forse troppo presto dimenticato.
"Nulla preponendo all'Opera di Dio", con questo motto il monastero prepone la liturgia al centro della propria vita.
Una comunità, votata alla contemplazione, trova nella preghiera comune i momenti forti della sua esistenza, il suo fine e il suo scopo. La preghiera scandisce la giornata, la comunità monastica vuole arrivare ad attuare l'ideale della "preghiera continua". Essendo questa la ragion d'essere della comunità, essa si raduna di frequente, sapendo con ciò di stringersi intorno a Cristo, perché laddove i suoi fedeli si riuniscono in gruppo, sono sicuri che Egli è in mezzo a loro.


La biblioteca dell’Abbazia



Atto di fondazione dell’abbazia (726)

Molto importante è la biblioteca dell’abbazia che, erede delle grandi biblioteche monastiche, anche se rifondata da pochi decenni, comprende numerosi volumi di altissimo valore storico e filologico. I settori che hanno avuto un maggior incremento in questi anni sono di carattere religioso:


Biblia magna di Novalesa

(da www.abbazianovalesa.org)

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