IL LAVORO INTELLETTUALE
"I pasti dei fratelli
saranno sempre accompagnati dalla lettura. E non dev’essere uno a caso a
prendere un libro e leggere, ma la domenica un fratello riceva l’incarico di
leggere per tutta la settimana." (
Regula, 38)
Nei monasteri medievali il libro è un oggetto importante. Il libro
liturgico, in primo luogo, la Sacra Scrittura e i commentari patristici, ma
anche i testi letterari che permettono di imparare a leggere, a scrivere, a
meditare. Per questo nei monasteri c’è una scuola, dove si educano i giovani
alla fede, ma li si orienta anche alla conoscenza della cultura del tempo.
"San Benedetto trattenne con sé alcuni monaci per dare loro
personalmente una formazione più completa. Alcuni nobili romani cominciarono ad
accorrere a lui per affidargli i propri figli perché li educasse al servizio di
Dio onnipotente." (Gregorio Magno,
Dialoghi, II, 3)
Nella scuola monastica si impara a leggere la Sacra Scrittura, in
special modo i Salmi; poi si studiano le arti del trivio (grammatica, retorica e
dialettica) e del quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia) e
talvolta si approfondiscono le discipline filosofiche e teologiche, senza
trascurare, in alcuni casi, quelle scientifiche. Anche lo studio della
letteratura classica può far parte della formazione del monaco, anche perché
nelle opere degli autori classici si legge un’anticipazione delle verità
cristiane. San Bonifacio, l’apostolo della Germania, invita i discepoli nella
sua
Ars grammatica a riferire a Cristo "tutto ciò che di buono si può
trovare leggendo, scrutando, meditando i grammatici, i poeti, gli storici e gli
scritti dei due Testamenti, sempre memori dell’affermazione dell’Apostolo:
‘Vagliate tutto e trattenete ciò che è bene.’"
Per la lettura quotidiana e per le esigenze della scuola sono
necessari i libri: ogni monastero possiede una biblioteca. Un proverbio del XII
secolo sosteneva che "un monastero senza libri è una piazzaforte senza viveri".
Una biblioteca poteva comprendere fino a mille o duemila manoscritti:
nell’abbazia di Bobbio se ne conservavano 700, a Fleury 300, a Reichenau 580. Al
monastero di Fleury il bibliotecario, in un giorno stabilito, leggeva la lista
dei monaci che avevano ricevuto un libro in prestito per un anno e che dovevano
restituirlo dimostrando di averlo letto, altrimenti dovevano chiedere perdono ai
fratelli.
I libri erano rari e preziosi, per questo nei monasteri ci
si dedicava alla copia dei manoscritti, un lavoro considerato molto importante
perché permetteva "di coltivare i frutti dello spirito e di cuocere il pane
celeste dell’anima" (Pietro il Venerabile).
Nei monasteri esisteva un locale, lo
scriptorium, dove i
monaci copiavano i manoscritti, con un lavoro che permetteva di produrre non più
di cinque-sei pagine al giorno (per copiare una
Bibbia era quindi
necessario il lavoro di un anno). Nell’abbazia di San Gallo circa 300 monaci, i
tre quarti della comunità, si dedicavano al lavoro di copia dei manoscritti.
Il lavoro dei monaci ha salvato molti testi della letteratura
classica che altrimenti sarebbero andati perduti e ha diffuso, nelle diverse
regioni europee in cui il monachesimo si è sviluppato, la conoscenza dei testi
antichi e il patrimonio culturale del mondo classico mediato attraverso la
cultura cristiana.