IL REGIME ALIMENTARE

nei monasteri


Nel mondo antico in generale e nelle prime comunità monastiche il lavoro manuale era disprezzato, considerando la condanna biblica derivata dal peccato originale di Adamo e Eva ("Mangerai il pane con il sudore del tuo volto", Gen. 3,19).

Con il motto di Benedetto "ora et labora", venne finalmente rivalutato il lavoro, che nelle abbazie coincideva con la perfetta organizzazione del tempo durante la giornata. Il tempo era visto come inesorabile e perciò veniva pianificato attentamente, prestando importante attenzione ai principali ideali benedettini: obbedienza, umiltà e silenzio.

Oltre a lavorare negli orti, pregare e impiegarsi nella cucina e nello scriptorium, i monaci erano tenuti a rispettare il digiuno, ritenuto importante come la castità. San Paolo invita a "Castigare il proprio corpo, evitare le ghiottonerie, non darsi al vino e non mangiare molto".

San Benedetto diede disposizioni precise per i pasti, decidendo la misura del mangiare, del bere e l’orario dei pasti, mentre al giorno nostro si comincia a perdere il significato della restrizione dal cibo.

L’alimentazione serviva come esercizio nella penitenza e nella mortificazione; infatti i monaci se ne servivano per limitare la golosità. Secondo Cassiano il cibo doveva, inoltre, essere facilmente preparabile e essere poco costoso. Lo scopo della parsimonia nel mangiare era quello di aiutare i giovani monaci a raggiungere la perfezione nella loro dedizione a Dio. Inoltre il digiuno viene ad assumere un aspetto quasi simbolico: contrapponendo il mangiar poco alle abitudini dei laici, si arrivava a distinguersi da questi per moderazione e rinuncia, tenendo conto che la maggior parte dei monaci proveniva dall’aristocrazia che riteneva l’abbondanza di cibo come uno status symbol: da questo si capisce come una mensa povera possa essere una scelta decisiva di vita, di sacrificio e di rinuncia.

San Benedetto scelse con gran cura di che cosa avrebbero potuto nutrirsi i monaci: il regime alimentare era sano e naturale, sebbene un po’ monotono, influenzato dalla produzione agricola stagionale e dalla collocazione geografica dei monasteri. Le variazioni della dieta erano anche condizionate da mutamenti contingenti come guerre, epidemie e carestie. L’alimentazione, si ritiene, fosse composta per un venti per cento da pesce, uova e formaggio, per un diciotto per cento da pane, un venti per cento da vino, un due per cento da spezie e, infine, per un quaranta per cento da legumi, ortaggi e frutta.

Considerando questi dati si arriva a presumere che i monaci potessero soffrire di una deficienza di vitamine, specie di quella A. Inoltre, dato il grande apporto di proteine e glucidi, dovevano soffrire di intossicazione da parte di queste bio-molecole, con il possibile insorgere di iperostosi e malattie discrasiche. Nonostante queste malattie alimentari, le speranze di vita dei monaci erano molto avanzate, si ritiene grazie al ritmo regolare dei pasti: si riamane stupiti dalle generali condizioni di salute all’interno dei monasteri, considerando le continue alternanze tra digiuni, astinenze da determinati cibi e dieta poco equilibrata delle razioni giornaliere.
I cibi vietati erano carne rossa e spezie, si evitavano pure i pasti costituiti da più portate, perché si pensava costituissero vizi che avrebbero portato alla lussuria. Quindi il pasto era coerente con la professione di povertà e costituiva un mezzo per indirizzare l’anima alla preghiera e alla meditazione.

San Benedetto, dopo aver prestato attenzione alla forza fisica e alla diversa prestanza del corpo, giunge a considerare che un’enima di vino al giorno basterà ad ogni religioso (l’enima corrisponde ad un quarto di litro). L’abate in casi di necessità dovuti al luogo, al lavoro e all’arsura dell’estate poteva concedere un supplemento, ovviamente non giungendo all’ubriachezza.

In conclusione l’astinenza è un processo di natura penitenziale. Un ulteriore atto di mortificazione, il digiuno fu stabilito in giornate con un motivo simbolico: il mercoledì, giorno del tradimento di Giuda, e il venerdì, giorno della passione e della morte di Cristo.