La personalizzazione degli apprendimenti e la progettazione dei piani di studio personalizzati
Prof. Andrea Porcarelli
Il nostro sistema di istruzione e formazione è in fase di evoluzione già da alcuni decenni, con un processo che riflette sia gli esiti della nostra tradizione storica e culturale, sia i mutamenti di una "società della conoscenza" in cui la rapida obsolescenza delle conoscenze sembra acuire la necessità per tutti di "imparare ad apprendere per tutta la vita"
2. La percezione di una evoluzione continua del sistema, di una sorta di 'cantiere aperto', in cui le regole possono cambiare in corso d'opera, ha generato un comprensibile senso di stanchezza, mista ad ansia, negli insegnanti e nei dirigenti
3. Anche mettendo tra parentesi alcune difficoltà di comprensione, legate ad un eccesso di tensione polemica che si è sviluppato intorno ai temi della riforma della scuola appena avviata, esiste oggi un accumulo d'ansia, fra insegnanti e dirigenti, e nella stessa amministrazione della pubblica istruzione, che ostacola uno sguardo sereno sui complessi processi avviati.
in questa sede vorremmo offrire un contributo di lettura che muove da istanze prettamente pedagogiche e ci interrogheremo sul tema della personalizzazione inteso come chiave di lettura di quella che potremmo considerare la "posta in gioco", sul piano educativo, di tutti gli interventi che vanno a modificare il sistema complessivo. Si tratta quindi di un indicatore concettuale di tipo qualitativo, su cui dovrebbe misurarsi - alla prova dei fatti - l'effettivo raggiungimento dei risultati attesi da questa riforma. L'angolatura specifica che terremo, come costante punto di attenzione, è quella dei riflessi che le variabili pedagogiche prese in esame dovrebbero avere sulla professionalità docente.
Orizzonti pedagogici di riferimento
La legge 28 marzo 2003, n. 53, si propone di "favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e dell'identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia
delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione" (art. 1). Il tema della
centralità della persona umana, ritorna dunque nella legge 53, così come è presente nel DPR 275
4, e si trovava nella stessa legge 30
5, ma è importante capire quale sia il senso attribuito alla medesima affermazione di principio.
L'ispirazione pedagogica di fondo di questa riforma si può ritrovare - a nostro avviso - in quel
personalismo pedagogico di cui è interprete, tra gli altri, J. Maritain
6 e che ha avuto una notevole influenza sulla cultura scolastica del dopoguerra, specialmente - ma non solo - all'interno del mondo cattolico. È in tale prospettiva che si può leggere l'idea della centralità della persona nel processo educativo, come emerge da alcune chiare espressioni maritainiane:
Possiamo ora definire in maniera più precisa lo scopo dell'educazione
7: guidare l'uomo nello sviluppo dinamico durante il quale egli si forma in quanto persona umana, - provvista delle armi della conoscenza, della forza del giudizio, e delle virtù morali - mentre, nello stesso tempo, a lui giunge l'eredità spirituale della nazione e della civiltà alle quali egli appartiene, e il secolare patrimonio delle generazioni che così può essere conservato. L'aspetto utilitario dell'educazione - il fatto che essa mette il fanciullo in grado di esercitare più tardi un mestiere e di guadagnarsi la vita - non deve certo essere disprezzato, perché i figli dell'uomo non sono fatti per una vita di ozi aristocratici. Ma il mezzo migliore per ottenere questo risultato pratico è di sviluppare le capacità umane in tutte le loro possibilità. E gli studi specializzati che potranno ulteriormente essere richiesti non dovranno mai mettere in pericolo lo scopo essenziale dell'educazione .
I dinamismi della personalizzazione rappresentano, pertanto, il vero e proprio cuore pedagogico di questa riforma ed anche la chiave di lettura per intendere che cosa voglia dire "centralità della persona" in tale contesto. Se questo è vero, risulta altresì essenziale che tutti i dinamismi organizzativi, didattici e metodologici siano in qualche modo "informati" dalla logica della personalizzazione che diviene - per dirla con Aristotele - la "causa formale" di tutto l'impianto pedagogico di riferimento.
Personalizzazione: una questione di "mentalità"
Per cogliere alcuni dinamismi che caratterizzano l'azione professionale degli insegnanti nel contesto del rinnovato sistema di istruzione e formazione, ci sembra opportuno richiamare alcuni nodi concettuali che segnano il passaggio dalla logica della programmazione a quella della personalizzazione. La logica della programmazione curricolare nasceva dall'idea che quanto più la scuola avesse "razionalizzato" le proprie procedure, facendo riferimento a rigorosi protocolli operativi in termini di tempi, modalità, risultati attesi, tanto più si sarebbe innalzata la qualità della scuola e - soprattutto - sarebbero diminuiti gli insuccessi e la dispersione scolastica. Perché questo potesse concretamente realizzarsi era necessario mettere in conto un elevato numero di variabili e di fattori correttivi, tali da rendere la programmazione collettiva quanto più prossima possibile alle esigenze reali dei singoli allievi (individualizzazione), riservando una maggiore attenzione a quelli in difficoltà. Essa, pur avendo suscitato interessanti riflessioni e buone pratiche sul piano didattico, non è stata in grado di modificare una situazione in cui i tassi di dispersione scolastica sono rimasti decisamente alti soprattutto in alcuni segmenti del percorso di istruzione e formazione, mentre le strategie per la valorizzazione delle eccellenze non sono, nel complesso, decollate. In secondo luogo è bene sottolineare come la programmazione abbia come "soggetto logico" l'istituzione scolastica, intesa come "persona giuridica" di cui gli insegnanti rappresentano le articolazioni più prossime ai cittadini (gli studenti), ma si presentano - giuridicamente parlando - come "erogatori" di conoscenze e competenze.
Nella logica della personalizzazione si afferma la centralità della persona dell'allievo a 360°, sia sul piano della concreta azione didattica (come era già costume dei migliori insegnanti), sia a livello di progettazione collegiale delle attività (come era costume di alcune delle équipe pedagogiche più affiatate e mature), sia a livello di documentazione scolastica e valutazione degli apprendimenti (e questa prospettiva è del tutto nuova). Il "soggetto logico", nella logica della personalizzazione, è la persona concreta di ogni singolo allievo ed il compito di chi rappresenta l'istituzione scolastica è di fare ciò che è necessario affinché le buone capacità personali di ciascuno
8, grazie alle conoscenze e alle abilità acquisite nel sistema formale, non formale ed informale, possano diventare competenze effettive di ciascuno. Tali competenze saranno "personali" in due sensi: perché il soggetto che effettivamente le avrà maturate sarà ogni singola persona, ma anche perché il modo in cui prenderanno forma sarà a sua volta "personalizzato", nel senso che anche in riferimento alle stesse conoscenze e alle stesse abilità le competenze effettive avranno una "tonalità" diversa che renderà ciascuna di esse unica e irrepetibile. Non pare dunque possibile ragionare in termini di competenze "standardizzate", uguali per tutti, mentre è possibile garantire a tutti l'acquisizione degli stessi o di equivalenti strumenti culturali (conoscenze e abilità) per maturare le proprie competenze.
Il "Profilo" (PECUP) come "bussola pedagogica"
Ogni azione umana è specificata, in prima istanza, dal fine a cui essa tende ed è per questo che se lo scopo generale dell'agire educativo può essere quello sinteticamente espresso nella citazione maritainiana, diviene essenziale precisare i confini che esso può assumere qui ed ora, nella nostra cultura e nella nostra scuola. I Profili educativi culturali e professionali, al termine del primo e del secondo ciclo, costituiscono dunque la "bussola pedagogica" che consente agli insegnanti - in collaborazione con le famiglie e con gli stessi allievi - di costruire e valutare i PSP, tenendo conto sia delle competenze promosse dal sistema "formale" (la scuola), ma anche di quelle che gli allievi stessi maturano nei sistemi educativi "non-formali" (come ad es. possono essere altre agenzie formative diverse dalla scuola) e "informali" (la famiglia, il gruppo dei pari, ecc.).
L'elemento portante su cui fanno leva entrambi i PECUP è l'unità del sapere, del fare e dell'agire che è condizione imprescindibile per l'unità complessiva - a livello di "essere" - della persona che apprende. Si legge - ad esempio - nel PECUP del primo ciclo:
Il Profilo educativo, culturale e professionale che segue rappresenta ciò che un ragazzo di 14 anni dovrebbe sapere e fare per essere l'uomo e il cittadino che è giusto attendersi da lui al termine del Primo Ciclo di istruzione. Il traguardo può ritenersi raggiunto se le conoscenze disciplinari e interdisciplinari (il sapere) e le abilità operative (il fare) apprese ed esercitate nel sistema formale (la scuola), non formale (le altre istituzioni formative) e informale (la vita sociale nel suo complesso) sono diventate competenze personali di ciascuno.
Tanto il PECUP del primo ciclo, come quello del secondo si articolano in tre aree: 1) identità, 2) strumenti culturali, 3) educazione alla convivenza civile.
Articolazioni del profilo (PECUP):
Identità |
Articolata, a sua volta, in tre linee di sviluppo:
a) Conoscenza di sé
b) Relazione con gli altri
c) Orientamento |
Strumenti culturali |
Nel PECUP del I ciclo sono comuni e riguardano i principali campi del sapere e del fare (dalle competenze linguistiche a quelle motorie, scientifiche, matematiche, tecnologiche, ecc.). La bozza di Profilo del secondo ciclo prevede tre livelli di definizione degli strumenti culturali:
- Nelle loro linee generali (per analogia con il primo ciclo) sono indicati nel Profilo stesso
- Per il sistema dei Licei si distinguono in una parte che è comune a tutti i licei ed in una parte che è specifica per ciascuno di essi
- Per il sistema dell'istruzione e della formazione professionale dovrà essere integrato con indicazioni regionali, in analogia con quanto farà lo stato per il sistema dei licei.
Gli OSA (tanto del primo come del secondo ciclo), che sono contenuti nelle Indicazioni (nazionali e regionali), precisano ulteriormente gli strumenti culturali da utilizzare in ogni ordine e grado si scuola e vanno letti in stretta continuità con il Profilo di riferimento. |
Convinvenza civile |
Raccoglie in un quadro unitario - con propri contenuti che nelle Indicazioni vengono anche declinati attraverso relativi OSA - le sollecitazioni educative di cui tutti gli insegnanti devono farsi carico, in modo interdisciplinare e trasversale, in ordine all'educazione: stradale, alla salute, alimentare, all'ambiente, all'affettività, alla cittadinanza. |
L'idea fondamentale - espressa sia nel PECUP del primo ciclo che nelle bozze di quello del secondo - è che al termine del periodo di riferimento la scuola ha promosso attività "unitarie" miranti ad aiutare gli allievi a trasformare in competenze personali le conoscenze e le abilità apprese sia nel sistema formale (la scuola), sia nei sistemi non formali (altre agenzie formative) e informali (famiglia, formazioni sociali, gruppo dei pari, ecc.). In altri termini si può dire che gli insegnanti hanno sempre di mira la totalità della persona che cresce, si interrogano sulle modalità con cui le diverse sollecitazioni che questa riceve trovano un'armonica composizione e predispongono attività adeguate ad aiutare ciascuno degli allievi a realizzare - nei modi che gli saranno peculiari - il profilo complessivo. Si tratta di un dispositivo che induce a superare il senso di frammentazione che spesso caratterizza certi livelli di scuola, affetti dalla sindrome di un disciplinarismo "spinto" in cui si può perdere di vista la globalità della persona e la necessità di aiutarla a fare sintesi (unità del sapere). Lo stesso profilo è un fattore che dovrebbe portare a superare il senso di autoreferenzialità che spesso caratterizza chi opera nella scuola, incline a considerare e valutare solo o prevalentemente le conoscenze e abilità apprese nel sistema formale, cioè nella scuola stessa, disinteressandosi di tutto il resto. Alcune precisazioni sul ruolo pedagogico del PECUP:
Il PECUP costituisce la bussola per la determinazione sia degli obiettivi generali del processo formativo sia degli obiettivi specifici di apprendimento dettati dalle Indicazioni nazionali per i PSP a riguardo dei diversi periodi didattici che caratterizzano i gradi scolastici di ogni ciclo. Naturalmente la scuola e i docenti sono chiamati a trasformare il PECUP e gli obiettivi appena ricordati prima in obiettivi formativi e quindi, grazie alle unità di apprendimento, in competenze degli allievi. Il PECUP è garanzia dell'unità e del coordinamento di tutti gli interventi educativi e didattici posti in essere dalle istituzioni formative formali e, possibilmente, anche non formali e informali. (...) Il PECUP (...) intende presentarsi come uno strumento di garanzia per promuovere l'integralità della persona umana di ogni allievo, e prepararlo ad affrontare a vita in tutte le sue dimensioni. Poiché l'educazione esige sempre uno sviluppo armonico, integrale ed integrato di tutta la persona umana, (...) non potrà mai essere specialistica, nel senso di trascurare il principio ologrammatico che coglie il tutto nella parte e fa del principio dell'apertura il principio fondamentale dell'insegnamento anche più particolare
9.
È stato opportunamente sottolineato come il punto archimedeo su cui poggia il ruolo pedagogico del Profilo è una rinnovata concezione di competenza intesa come una "costellazione aperta"
10 di atteggiamenti che si acquisiscono in modo progressivo nel corso dell'età evolutiva
11, secondo un dinamismo organico e unitario, come è organica e unitaria l'immagine della persona che emerge dal Profilo. Non sono mancate le critiche a questo documento, al suo ruolo e alla sua utilità, da parte di chi lo ha tacciato di essere "un modello, una sorta di idealtipo platonico, quasi un 'prodotto di laboratorio', avulso dal contesto socioculturale"
12, ma - a nostro avviso - si tratta di obiezioni che muovono dalla confusione tra il concetto di Profilo educativo (che è la funzione essenziale del PECUP che stiamo prendendo in esame) e quello dei Profili professionali definiti nel campo della formazione professionale, per predisporre progetti formativi miranti a consentire la maturazione delle competenze professionali adeguate. In altri termini potremmo dire che si trova a disagio davanti ad uno strumento come il PECUP soprattutto chi è in difficoltà a riconoscere la funzione educativa della formazione scolastica.
Per attuare la personalizzazione: alcuni punti di attenzione
Il principio di personalizzazione viene espresso con chiarezza in un passaggio - già citato - del Profilo: "Il traguardo può ritenersi raggiunto se le conoscenze disciplinari e interdisciplinari (il sapere) e le abilità operative (il fare) apprese ed esercitate nel sistema formale (la scuola), non formale (le altre istituzioni formative) e informale (la vita sociale nel suo complesso) sono diventate competenze personali di ciascuno"
13. Il testo delle Raccomandazioni
14 chiarisce la portata di tale principio attraverso alcune sottolineature.
Una prima sottolineatura riguarda il modo in cui i contenuti culturali (conoscenze e abilità) vengono appresi dagli allievi, non in quanto materie (termine che evoca una sorta di "cosificazione" degli oggetti di conoscenza), ma in quanto discipline di studio, che non vengono semplicemente "trasmesse" dall'insegnante ai discepoli, ma vengono da queste apprese grazie ad un impegno personale che li chiama in causa come persone. "In ogni insegnare, quindi, non è in gioco soltanto ciò che si insegna, il 'che cosa', ovvero il sapere; né soltanto il 'come si fa'; conta altrettanto il 'chi'. Non si impara, infatti, se l'ordine logico di una serie di costrutti scientifici non coincide anche con quello psicologico ed etico personale di chi se ne appropria; né si impara qualcosa perché essa è, in astratto, scientificamente certa, ma solo se riusciamo, nel concreto, a rendere questo qualcosa di certo nostra verità esistenziale, qualcosa di talmente significativo per noi da dare 'sapore' alla nostra vita e al nostro rapporto con gli altri"
15.
Una seconda sottolineatura entra nel merito di come si possa concepire tale dinamismo, in quanto passaggio dalle capacità alle competenze attraverso conoscenze e abilità. Il punto di partenza (dal punto di vista educativo) sono le buone capacità degli allievi,
legate alle loro attitudini e dinamicamente connesse alla cultura in cui essi vivono.
Una terza sottolineatura riguarda le modalità con cui è possibile organizzare le interazioni educative e didattiche, al fine di realizzare gli obiettivi della personalizzazione, cioè l'adeguata acquisizione delle competenze personali degli allievi, in sintonia con quanto previsto dal Profilo educativo e secondo le modalità e con le intensificazioni che saranno proprie di ciascuno. Si possono in tal senso immaginare tre tipologie fondamentali di scenari relazionali, tra loro coordinati e interagenti:
- il rapporto di ogni docente con il gruppo-classe, che resta importante (soprattutto nei primi anni di ogni ciclo di studi),
- il rapporto di ogni docente con i gruppi-laboratori elettivi, di compito, di livello16, LARSA17, in cui è possibile attivare anche altre forme di relazioni "orizzontali" (peer-education) a loro volta significative ed attivanti,
- il rapporto di ogni docente (ed in particolar modo del docente-tutor) con ogni singolo allievo.
Si tratta indubbiamente del problema che ha fatto maggiormente discutere, specialmente dal punto di vista di coloro che - esplicitamente o implicitamente - immaginano l'organizzazione della scuola come "blindata" sulla formula: gruppo classe + scansione settimanale dell'orario. Realisticamente ci sembra di poter immaginare un'evoluzione graduale dei criteri di organizzazione dei tempi e delle attività da parte delle scuole, con il passaggio dai modelli organizzativi attualmente in essere (più o meno flessibili secondo le diverse sensibilità con cui è stata recepita questa opportunità introdotta dal DPR 275/1999), a modelli organizzativi che diverranno più flessibili sotto la spinta delle esigenze della personalizzazione
e con il crescere della cultura professionale degli insegnanti e dei dirigenti in tal senso.
Una quarta sottolineatura riguarda la valorizzazione delle diversità personali
18 di ciascuno come logica conseguenza di una prospettiva in cui non solo si prende atto del fatto che tutti i ragazzi sono diversi, unici e irripetibili, ma si assume tale diversità come un valore e non come un limite, a differenza di quanto avviene in una logica "uniformante" in cui si definiscono a priori obiettivi che tutti devono indistintamente raggiungere, salvo preoccuparsi poi delle modalità con cui mettere ciascuno in grado di riuscirvi. Dal punto di vista terminologico questa sottolineatura è stata indicata come passaggio dalla logica della individualizzazione
19 a quella della personalizzazione, di cui si dirà più avanti.
Una quinta sottolineatura è riservata al docente, in possesso di specifica formazione, che esercita le funzioni di tutor
20, con modalità diverse nella scuola primaria e nella secondaria di primo grado. Tutti i dispositivi di personalizzazione della didattica passano attraverso una consapevolezza professionale degli insegnanti che implica la necessità di un "tutorato diffuso", ossia di un esercizio da parte di tutti delle opportune funzioni di orientamento, guida, consulenza, accoglienza e cura relazionale dei singoli allievi. Nessun insegnante deve sentirsi "escluso" da tale responsabilità. Il d. l.vo 59, però, introduce anche una figura specifica, sul cui ruolo è in corso un acceso dibattito che vede in campo posizioni molto differenti, sia per questa fase transitoria, sia per le diverse ipotesi che si profilano "a regime". Non possiamo discutere in questa sede i tratti di questa figura, perché il discorso ci porterebbe lontano rispetto agli obiettivi del presente scritto.
Individualizzazione o personalizzazione?
Da molti anni si pone in termini sempre più approfonditi il problema di fronteggiare la dispersione scolastica, di valorizzare i diversi stili di apprendimento, di aiutare gli allievi in difficoltà. Tutto questo sforzo ha indubbiamente creato - tra i docenti - una cultura pedagogica e didattica sempre più raffinata, ma pone anche alcuni interrogativi concettuali che ci sembra interessante affrontare, come il dibattito in cui si pongono a confronto la logica della personalizzazione, con quella della individualizzazione. Il testo delle Raccomandazioni parla di un vero e proprio mutamento di prospettiva e lo motiva in termini molto forti:
Non è più questione, infatti, di integrare nessuno in una astratta normalità predefinita che poi si traduce in propensione all'uniformità, bensì di valorizzare al meglio le dotazioni personali, escludendo qualunque modalità stereotipata di approccio alla pluralità di situazioni e di prestazioni che caratterizzano ogni essere umano. Le diversità di ciascuno, in altri termini, segno di possibile ricchezza per tutti nel momento in cui ciascuna fase fosse ottimizzata e impiegata, con creatività, come intenzionale contributo ad un'inclusione sempre più ampia e ad un'affermazione di sé sempre più congrua anche a quella degli altri, nel mondo e nella società. Per questo non bisogna mai definire nessuna persona per sottrazione: non ha, non sa, non sa fare, non può fare questo e quello. Questo atteggiamento porta alla chiusura e all'arroganza. Sul piano educativo, infatti, non è mai la carenza di alcunché che può contraddistinguere chiunque, ma la sua capacità di sentire, di fare, di agire e di pensare nell'unico modo specifico e personale che gli è concesso. È qui, dal positivo, dunque, che si inaugura l'educazione, che non è poi altro che lo sviluppo dell'unità e dell'integralità di se stessi a partire dalle capacità unitarie e integrali che si possiedono. (...) Personalizzare significa diffidare dalla tentazione di dare a tutti, per principio, le stesse cose, magari per lo stesso tempo e allo stesso modo. Non è personalizzare nemmeno dare a tutti le stesse cose in tempi e modi diversi. (...) La personalizzazione (...) usa le conoscenze e le abilità elencate nelle Indicazioni nazionali come mezzo per progettare professionalmente percorsi formativi che, a partire da esse, rispondano, però, alle capacità uniche e irripetibili di ciascuno, avvalorandole al massimo. Il fine è la persona dello studente e la maturazione globale migliore possibile delle sue capacità, nei contesti, nei processi e nelle relazioni date
21 .
Il dibattito su questa distinzione di prospettive è molto acceso, con toni che vanno dalla pura e semplice accusa di perpetuare le forme più diverse di ineguaglianza
22, ad affermazioni più sfumate e articolate. Tra quanti colgono nei dinamismi della personalizzazione un quadro pedagogico alternativo rispetto a quello delineato dalla logica dell'individualizzazione vi è Maragliano, che - mettendo a confronto la Legge 30/2000 e la Legge 53/2003 - individua due distinti "progetti pedagogici":
Quest'ultimo, il progetto del centrodestra, sostenuto da una pedagogia della libertà individuale e quindi dall'obiettivo di adeguare l'offerta d'insegnamento alle caratteristiche profonde, intese come sostanzialmente predeterminate, di ciascun soggetto. L'altro, il progetto del centrosinistra, garantito da una pedagogia dell'eguaglianza e dall'obiettivo ad essa consono di incidere, tramite un dosaggio mirato degli interventi d'insegnamento, su una parte significativa del destino culturale, e non solo culturale, di ciascun individuo
23.
Altri interventi, invece, assumono un profilo più sfumato e pongono l'accento sulla necessità di individuare anche a livello di "standard di prestazioni" una sorta di minimo comune denominatore (una soglia di accettabilità) che sia garanzia di equità nei confronti delle opportunità di apprendimento da offrire tutti:
Se la personalizzazione si traduce, nella pratica didattica, nell'attivazione di una pluralità di percorsi formativi (leggasi ad esempio laboratori, presentati come modalità didattiche flessibili che permettono di personalizzare i processi di apprendimento), cioè di piste indirizzate verso destinazioni differenti e non verso un'unica meta) per formare persone con profili cognitivi diversi, allora occorre stabilire all'interno dei vari percorsi curricoli di pari validità formativa e culturale per evitare discriminazioni sociali e assicurare a tutti pari opportunità
24.
Tale istanza muove da motivazioni sensate (la necessità di garantire livelli di preparazione "equi" pur nella loro diversità), ma ci sembra che la via additata per raggiungerle sia difficilmente praticabile: in un contesto sociale e culturale dinamico e cangiante sarebbe veramente curioso dover fissare a livello nazionale delle batterie di "standard di prestazione", diversi ma equivalenti, che vadano ancora ad appesantire il numero e il tipo delle indicazioni vincolanti e prescrittive. È pur vero che l'INVALSI dovrà predisporre degli strumenti di valutazione di alcune conoscenze e abilità che (per ogni ordine e grado di scuola) costituiscono una sorta di "vincolo" minimo di qualità del servizio erogato dalle istituzioni, ma la logica complessiva non dovrebbe essere quella della trasmissione dello stesso patrimonio conoscitivo "tutto a tutti", semmai tenendo conto delle difficoltà di qualcuno (individualizzazione), bensì la logica a questa complementare, dell'emersione progressiva di saperi significativi per ciascuno (personalizzazione), a partire dalle propensioni, dalle attitudini, dal ricco patrimonio di competenze acquisite nei contesti non formali e informali.
Dalle capacità alle competenze
Già l'art. 8 del DPR 275/1999 parlava della necessità di definire "gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni", ponendo il problema di individuare un quadro concettuale chiaro in ordine all'acquisizione delle competenze da parte degli allievi.
Il punto di partenza del percorso sono le capacità potenziali degli allievi, che in parte si legano alla loro indole, all'ambiente in cui vivono, agli stimoli che hanno potuto recepire, agli interessi che hanno maturato. Seguendo il testo delle Raccomandazioni troviamo alcune precisazioni che ci sembrano utili:
Per capacità si intende una potenzialità e una propensione dell'essere umano, nel nostro caso dell'allievo, a fare, pensare, agire in un certo modo. Riguarda ciò che una persona può fare, pensare e agire, senza per questo aver già trasformato questa sua possibilità (poter essere) in una sua realtà (essere).
Riguardano l'essere potenziale di ciascuno, le capacità non sono mai statiche, definite una volta per tutte, ma sempre dinamiche, in evoluzione. Inoltre, se pure si manifestano come capacità particolari e determinate (si è capaci di questo piuttosto che di quello, in una situazione piuttosto che in un'altra), coinvolgono però sempre tutto ciò che siamo e che possiamo essere
25.
Sono queste - nel bene e nel male - le condizioni soggettive per un apprendimento significativo, quell'"ingegno curioso" di cui parla Seneca nel De otio
26. L'ingegno (più o meno curioso) di ciascuna persona incontra (nel sistema formale, informale e non formale) le conoscenze e le abilità
27, cioè il "sapere" e il "saper fare"
28 che gli permettono di esercitarsi, di crescere, di nutrirsi. La scuola (sistema formale) non ha quindi solo la finalità di trasmettere alcune conoscenze e abilità (certamente avrà anche questa funzione), ma deve svolgere anche il ruolo di aiutare la persona che cresce a metabolizzare, "fare proprie" e dare un senso sia a quelle che l'allievo apprende a scuola, sia a quelle (e sono sempre più numerose) che gli provengono per altra via
29.
Le competenze rappresentano dunque il punto di arrivo, nel mondo vitale di ciascuno degli allievi, di questo processo che mira a far sì che le buone capacità (potenziali) divengano competenze (reali, effettive):
Le competenze sono l'insieme delle buone capacità potenziali di ciascuno portate al miglior compimento nelle particolari situazioni date: ovvero indicano quello che siamo effettivamente in grado di fare, pensare e agire, adesso, nell'unità della nostra persona, dinanzi all'unità complessa dei problemi e delle situazioni di un certo tipo (professionali e non professionali) che siamo chiamati ad affrontare e risolvere in un determinato contesto
30.
A tale proposito è importante chiedersi quale livello di "controllo" possa avere il docente di tali processi, della loro progettazione e della loro documentazione: finché l'obiettivo è puntato su singole performance, magari molto parziali e segmentate, è possibile immaginare che i docenti abbiano un alto tasso di controllo sia dei processi (in fase di programmazione) che dei risultati acquisiti dagli allievi (che è più facile valutare in termini oggettivi). Se invece l'obiettivo - come in questo caso - è posto nel cuore dei mondi vitali degli allievi, allora il tipo di "controllo" che i docenti potranno averne è necessariamente molto minore, sia in fase di progettazione, che in fase di valutazione. Non è quindi pensabile immaginare delle Unità di Apprendimento definite in termini estremamente precisi e puntuali (come se fossero Unità Didattiche, interamente programmate a priori dai docenti), né immaginare di poter descrivere le competenze acquisite dagli allievi con la stessa precisione con cui potremmo valutare le loro performance su obiettivi operativi molto definiti (e segmentati): per far questo bisognerebbe avere la presunzione di riuscire a leggere "nel segreto del loro cuore", per vedere "dall'interno" come i singoli apprendimenti e tutte le sollecitazioni di tipo culturale, etico, estetico, ecc. hanno preso forma in modo unico e irripetibile nell'animo di ciascuno degli allievi. Lasciando ad Altri la prerogativa di leggere nel segreto dei cuori i docenti dovranno accontentarsi di una documentazione didattica "fisiologicamente imperfetta", ovvero costruita a partire da una "trama" e da un "ordito" di cui abbiamo cercato di mostrare i connotati, ma nella serena consapevolezza che non saranno loro a dare compimento all'ultimo ricamo.
I documenti di scuola: il ruolo del POF
I documenti nazional i fissano le condizioni entro cui si troveranno ad operare i docenti, i quali - in collaborazione con le famiglie e gli stessi allievi - potranno effettuare le scelte didattiche che risulteranno trasparenti nei documenti di scuola. Su questi si impone una doverosa precisazione preliminare, le cui motivazioni risulteranno evidenti man mano che avremo modo di illustrare i dinamismi pedagogici e didattici che possono pienamente valorizzare l'impianto complessivo del sistema scolastico e formativo:
I documenti di scuola vivono tutti di questo intreccio tra progettazione ed azione riflessiva. Non possono essere rigidi. Tantomeno elaborati per dovere burocratico, e ridotti a carte compilate. Devono, invece, essere non solo per i docenti, ma anche per le famiglie e per gli allievi uno strumento sostanziale che li aiuta a crescere e che fa crescere il "capitale umano e sociale" su cui poi tutti, interni ed esterni alla scuola, possono contare
32.
Il POF (Piano dell'Offerta Formativa) mantiene - evidentemente - l'identità che gli viene attribuita nel DPR 275/1999 di "documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche" (art. 3). Tenendo conto del PECUP e delle Indicazioni Nazionali
31 - da un lato - e della realtà territoriale e degli allievi dall'altro, esso traccia le linee e le condizioni per la redazione dei PSP.
Primo compito degli insegnanti è quello di determinare - a partire dagli OSA - gli OF (Obiettivi Formativi) che essi ritengono più adeguati in ordine alle capacità di ogni singolo ragazzo e alla luce delle teorie e delle pratiche pedagogiche e didattiche che ritengono più convenienti. Il modo in cui tale determinazione può avvenire è quindi variabile (secondo l'impostazione pedagogica scelta da ogni docente), essa non elimina la necessità di una qualche forma di programmazione dell'azione didattica, ma ci sembrerebbe improprio intenderla secondo un modello applicativo e "meccanico", bensì secondo un modello più dinamico e processuale, in cui gli obiettivi formativi "devono piuttosto apparire eventi che si formano (nel senso che assumono forma) e si conformano (nel senso che assumono la loro forma insieme, ovvero in una relazione educativa interpersonale) durante il processo di maturazione dell'allievo, che è compito della scuola sollecitare, sostenere, promuovere
33" . Possiamo, concretamente, immaginare una prima "trama" di obiettivi formativi che i docenti potranno elaborare per ciò che avranno di comune i diversi percorsi personali degli allievi, ed è a questo livello che si possono collocare anche alcune attività di coordinamento organizzativo tra i docenti stessi, al fine di favorire i raccordi interdisciplinari e lo svolgimento delle attività di educazione alla convivenza civile (che riguardano, in modo trasversale, tutti gli insegnanti e tutti gli insegnamenti). Tale trama di obiettivi non dovrà avere il carattere auto-prescrittivo e burocraticamente vincolante della "programmazione" individuale che i docenti sono ora abituati a consegnare, ma - come si è detto - avrà una funzione strumentale e di coordinamento delle strategie didattiche più generali. Per avere il "tessuto" complessivo degli obiettivi formativi con cui tessere i piani di studio personalizzati, alla trama di cui sopra dovrà intrecciarsi un "ordito" che prenderà forma in corso d'opera, man mano che emergeranno (anche a contatto con le sollecitazioni del lavoro scolastico) le attitudini e le inclinazioni specifiche dei singoli allievi che consentiranno di dare forma agli obiettivi formativi veri e propri, cioè quelli che andranno a collocarsi nei Piani di Studio Personalizzati. Sono questi ultimi (i PSP) e il Portfolio delle competenze personali (di cui si dirà più avanti) che costituiscono la nuova tipologia di documenti di scuola, generata dalla centratura sulle dinamiche della personalizzazione piuttosto che sulla logica della istituzione.
Il piano di studi personalizzato (PSP)
La seconda tipologia di documenti di scuola è dunque costituita dai Piani di Studio Personalizzati (PSP) in cui si esplicitano quali OSA, di cui sono stati determinati gli OF
34, saranno da trasformare in competenze degli allievi attraverso le UA (Unità di Apprendimento), predisposte dai docenti. Ciascuna di esse prevede la progettazione:
- di uno o più obiettivi formativi tra loro integrati (definiti anche con i relativi standard di apprendimento, riferiti alle conoscenze e alle abilità coinvolte);
- delle attività educative e didattiche unitarie, dei metodi, delle soluzioni organizzative ritenute necessarie per concretizzare gli obiettivi formativi formulati;
- delle modalità con cui verificare sia i livelli delle conoscenze e delle abilità acquisite, sia se e quando tali conoscenze e abilità si sono trasformate in competenze personali di ciascuno35.
Con la strategica mediazione del tutor sarà anche possibile concordare (con le famiglie e con gli allievi) eventuali adattamenti specifici del percorso per ogni singolo allievo, anche in ordine alla scelta dei percorsi formativi opzionali e aggiuntivi. Durante il percorso didattico la raccolta delle diverse UA (sia che si riferiscano al percorso obbligatorio per tutti, sia ai percorsi opzionali scelti da ciascuno) va ad innestarsi nello scenario generale e a sostanziare il PSP
36. Si tratta di uno strumento di lavoro che corrisponde ad una precisa concezione pedagogica, come si legge in un passaggio delle "Raccomandazioni" che marca in modo esplicito la distinzione rispetto alle abitudini del passato:
Il concetto di Piano di Studio Personalizzato è legato ad una visione pedagogica che, a partire dalla centralità della persona e dall'unicità dei suoi bisogni formativi, considera la diversificazione dei percorsi come condizione imprescindibile per la iena attuazione del diritto allo studio, per la rimozione dei condizionamenti e per il successo formativo. A questa visione si contrappone l'idea di programma o piano di studio disciplinare identico per tutti, centrato sull'articolazione delle discipline di studio e dei loro contenuti, da trasformare in patrimonio comune di conoscenze e abilità astrattamente intese. Nel primo caso, prevale il valore del soggetto che apprende in modo personale gli oggetti culturali; nel secondo prevale l'attenzione sugli oggetti culturali. (...) All'interno di questa logica centrata sulla persona, appare evidente che il soggetto ultimo e vero dei PSP è il singolo alunno, visto al tempo stesso come destinatario e protagonista del proprio percorso didattico-educativo. Per ogni singolo alunno il Piano di Studi Personalizzato altro non è se non la sequenza progressiva e sensata delle esperienze di apprendimento, rese possibili e propiziate da un insieme coerente e organico di Unità di apprendimento, elaborato e predisposto dal gruppo docente. Anche se, di norma, le UA non hanno come destinatario il singolo, ma il gruppo di classe, di interclasse, di livello, di compito, elettivo, ecc., all'interno di un insieme di UA deve essere possibile, in linea di principio, e quando serve, rintracciare e ricostruire il percorso effettivo di ogni singolo alunno (cioè il suo PSP)
37.
L'insieme dei PSP va quindi a sostituire la programmazione individuale dei singoli docenti come documento di riferimento per la valutazione degli allievi, mentre il lavoro progettuale degli insegnanti, l'individuazione dei raccordi interdisciplinari ed il coordinamento delle iniziative in ordine all'educazione alla convivenza civile, rifluisce in quella parte del POF in cui si esplicita la prima "trama" degli obiettivi formativi che andranno a comporsi nei piani di studio personalizzati.
Può essere utile precisare che il PSP di ogni allievo presenta almeno tre livelli di personalizzazione:
- ad un primo livello si trovano le scelte (delle famiglie e degli allievi) in ordine alla quota opzionale e facoltativa dell'orario scolastico: è essenziale che le Istituzioni scolastiche rendano effettivo questo diritto di scelta proponendo alternative effettivamente diverse, ugualmente credibili, in grado di differenziare i "piani di studi" secondo le diverse attitudini e orientamenti culturali degli allievi;
- ad un secondo livello si collocano le modalità flessibili con cui i docenti potranno organizzare sia le ore facoltative, sia quelle obbligatorie, con gruppi di apprendimento differenziati (gruppi di compito, di livello, elettivi, ecc.), offrendo opportunità di apprendimento diversificate, adeguate alla situazione dei diversi allievi, sia per venire incontro alle loro difficoltà38 , sia per valorizzare le eccellenze o anche solo le peculiari attitudini39
- ad un terzo livello si collocano i lavori, gli approfondimenti, i percorsi didattici, ma soprattutto di apprendimento40 , attivati per singoli studenti che in questo modo possono valorizzare anche ciò che è proprio dei singoli e non solo comune a gruppi più o meno estesi.
La progettazione delle unità di apprendimento (UA)
Le Unità di apprendimento (UA) rappresentano dunque l'elemento di base per impostare l'attività educativa e didattica, nella consapevolezza che l'apprendimento deve risultare organizzato secondo criteri di efficacia ed efficienza (e quindi opportunamente articolato e segmentato), ma con la concomitante istanza di un riferimento costante a criteri unificanti, tradotti in un apprendimento unitario da promuovere, in modo che ciascuna unità sia a sua volta dotata di "senso", in rapporto al Profilo educativo culturale e professionale atteso per ogni allievo ed in riferimento al PSP di ciascuno di essi. Non deve sfuggire un elemento centrale sul piano della logica progettuale e didattica:
Il fatto che le UA siano centrate sull'apprendimento e concepite essenzialmente come occasioni di crescita e maturazione della persona, comporta, perciò, uno spostamento dell'attenzione dalle esigenze dell'insegnamento di contenuti a quelle dell'apprendimento di tali contenuti; dalla programmazione a priori del lavoro docente all'evolversi concreto ed in situazione delle dinamiche di apprendimento e formative della classe e dei singoli. (...) La centratura sull'apprendimento, che è esperienza personale, pone il problema di far convivere le esigenze dell'unità didattico-organizzativa dell'UA, con la molteplicità dei percorsi personalizzati
41. Ciò che rende possibile la mediazione è il fatto che le UA propongono un intero di apprendimento articolabile al suo interno: l'intero è prospettato come compito identico per tutti; ciò che può e deve essere personalizzato è l'acquisizione di conoscenze, abilità, comportamenti e atteggiamenti, che devono essere utili alla concretizzazione del compito ma anche adatti e significativi per la persona, tramite la declinazione in itinere e in situazione di obiettivi formativi personalizzati.
Il primo passo della progettazione delle UA (fase pre-attiva), il punto di avvio, è costituito dal un momento di ideazione, una progettazione a maglie larghe, necessaria per focalizzare l'intenzione formativa e didattica, che si esprime in un compito di apprendimento unitario, che sia a sua volta possibile articolare al proprio interno, in modo da essere "pronti" a cogliere le occasioni di personalizzazione che emergeranno - in situazione - con l'emergere delle attitudini o anche solo delle libere scelte degli allievi, grazie alle quali sarà possibile "curvare" (se del caso) l'UA con modalità differenziate o differenziabili.
Fissati gli elementi essenziali della UA (progettazione a maglie larghe) si può passare alla fase di sviluppo o mediazione didattica (fase attiva), per aiutare gli alunni a concretizzare gli apprendimenti, ciascuno a proprio modo, lavorando di fatto sulle conoscenze e abilità
42 necessarie.
La terza fase del lavoro (fase post-attiva), consiste nell'accertamento e documentazione degli esiti dell'apprendimento, riflettendo con gli alunni sul lavoro svolto (dimensione metacognitiva), valutando gli apprendimenti, inserendo l'UA nel Piano di Studi Personalizzato di ciascun allievo
43, documentando nel portfolio le competenze personali effettivamente maturate.
Dal PSP al portfolio delle competenze
La terza tipologia di documenti di scuola (assieme al POF e ai PSP) è rappresentata dal Portfolio delle competenze personali, rispetto al quale si trovano i criteri specifici nelle "Indicazioni", ma di cui vale la pena di sottolineare ancora il carattere innovativo, anche in rapporto alla logica con cui vengono concepiti i meccanismi della valutazione nell'impianto complessivo della Riforma.
Il sistema di valutazione previsto dalla Legge 53 prevede due piani valutativi: a) una valutazione interna (che compete alle singole istituzioni scolastiche), b) una valutazione esterna o di sistema (che è competenza dell'INVALSI). La valutazione interna prevede innanzitutto l'autovalutazione di istituto, secondo dinamismi e procedure che devono essere scelti e attuati con modalità condivise, secondo un meccanismo che è stato messo in moto dalla normativa sull'autonomia delle istituzioni scolastiche. Il secondo livello di valutazione interna riguarda la valutazione periodica e annuale dei comportamenti e degli apprendimenti degli allievi, che rifluisce - come vedremo - nel portfolio delle competenze personali. Entrambi i livelli di valutazione interna sono di pertinenza esclusiva delle singole istituzioni scolastiche, che potranno utilizzare i risultati della valutazione esterna, ma sempre in funzione di un'azione valutativa che a loro compete e di cui portano la responsabilità.
La valutazione esterna è invece competenza dell'INVALSI e si articola a sua volta in due tipologie di azioni: 1) valutazione complessiva degli elementi strutturali del sistema (della sua "tenuta"), 2) la valutazione dei livelli di padronanza, da parte degli allievi, delle conoscenze relative agli OSA. Ci soffermiamo su questa seconda tipologia, per sottolineare come essa non sia in alcun modo "sostitutiva" della valutazione degli apprendimenti che compete alle istituzioni scolastiche (in altri termini è la scuola che attribuisce i "voti" agli allievi) e rispetto alla quale le valutazioni dell'INVALSI non possono avere alcun effetto modificativo; esse possono altresì divenire uno strumento per l'autovalutazione di istituto: se i risultati degli allievi di un certo istituto, in talune discipline, fossero del tutto discordi dai risultati delle valutazioni dell'INVALSI, si dovrebbe generare una riflessione che porti a identificare le cause di tale asimmetria. È ancora competenza delle scuole identificare tali cause, che potrebbero consistere nell'inadeguatezza dell'insegnamento impartito, nella scarsa attendibilità delle valutazioni attribuite ... o nella scarsa significatività delle prove dell'INVALSI rispetto ai percorsi di apprendimento effettivamente messi in atto. In ogni caso l'istituzione scolastica si potrà utilmente porre questi interrogativi e le risposte che individuerà la aiuteranno a crescere.
Il Portfolio delle competenze personali rappresenta dunque - in tale contesto - uno strumento di valutazione e di orientamento che si ricollega al principio della personalizzazione dei percorsi e degli apprendimenti e consente una valutazione di tipo anche "qualitativo", in grado di assolvere le valenze diagnostiche e orientative che sono proprie della dimensione "formativa" della valutazione, mirando a mettere in luce - "in positivo" - le attitudini dimostrate e le competenze acquisite dall'allievo, sia nel suo percorso formale (a scuola) sia a livello non formale e informale. Nelle Raccomandazioni
44, si consiglia di elaborarne una versione maior ed una minor. La prima potrà essere consegnata all'allievo e alla famiglia anno per anno, come biografia formativa e scolastica documentata e ragionata, utile sul piano della riflessione su se stessi e sulla propria storia formativa. La seconda, frutto di una selezione responsabile e rigorosa rispetto alla precedente, resta agli atti della scuola, in modo da non rendere il portfolio ingestibile per la sua ampiezza (visto che deve accompagnare lo studente per i 12 anni del diritto-dovere all'istruzione e formazione).
Un nodo strategico: educare alla convivenza civile
Abbiamo più volte insistito sul carattere unitario della formazione complessiva che il ragazzo e il giovane dovrebbero conseguire, in tutte le aree di competenze indicate nel PECUP. È dunque evidente che anche la terza di queste aree di competenze - quella dedicata all'Educazione alla convivenza civile, dovrà integrarsi con tutte le altre conoscenze e abilità, ma ci preme in questa sede sottolinearne il carattere centrale e strategico, a partire da una precisazione che troviamo ancora nel testo delle Raccomandazioni:
L'espressione Convivenza civile è ripresa dalla legge delega ed è assunta dalle Indicazioni Nazionali non solo come sintesi delle "educazioni" alla cittadinanza, ambientale, stradale, alla salute, alimentare, dell'affettività, che la costituiscono, ma anche come lo sbocco dell'apprendimento di ogni singola conoscenza ed abilità disciplinare, nel senso che un buon insegnamento della religione, dell'italiano, dell'inglese, della matematica, delle scienze ecc., in sostanza, produce, è chiamato a produrre, a livello personale, come condizione e fine, la Convivenza civile e che le conoscenze e le abilità specifiche dell'educazione alla Convivenza civile, se non vogliono indulgere all'astrattezza e alla sterilità, non nascono né esistono fuori da buone e corrette conoscenze ed abilità disciplinari
45.
Si tratta di un percorso educativo che deve intrecciarsi con tutti i "saperi" teorici e pratici, perché - come scrive Corradini - "separati più o meno artificiosamente nelle singole discipline, ma di fatto interconnessi, questi saperi diventano formativi se vengono non semplicemente sommati, ma integrati, elaborati, assimilati in termini culturali, personali, esistenziali, ossia se diventano sapere e, più profondamente, sapienza"
46 . L'educazione alla convivenza civile raccoglie l'eredità delle "educazioni", ma la supera e - in un certo senso - ne porta a compimento le istanze più profonde:
La convivenza umana, infatti, sia essa declinata nelle relazioni interpersonali informali che si instaurano a due, in famiglia, nel gruppo di amici o nelle relazioni interpersonali più formali che intervengono nella vita della città, delle istituzioni sociali, della politica, della nazione ecc. è civile se e quando è basata su una comune condizione: la responsabilità personale dei soggetti in tutti i campi d'azione dell'azione umana, dai comportamenti pubblici a quelli privati, da quelli igienici a quelli alimentari, da quelli improntati al rispetto dell'ambiente a quelli che coinvolgono le relazioni affettive tra soggetti dello stesso o di diverso sesso. In questa prospettiva, la Convivenza civile appare, allora, allo stesso tempo condizione e risultato delle "educazioni" che la compongono, visto che tutte rimandano alla radice morale della persona e, allo stesso tempo, ne sono anche il frutto più maturo
47.
Considerazioni conclusive
L'ispirazione pedagogica complessiva del progetto di riforma delineato dalla legge 53/2003 è dunque quella della personalizzazione, intesa come fine di tutti gli interventi educativi e didattici che il sistema dell'istruzione e della formazione può mettere in campo. La cifra culturale della personalizzazione è la tendenza all'unità: all'unità del sapere (valorizzando i collegamenti interdisciplinari e le assonanze culturali tra le diverse discipline e campi di esperienza), all'unità del fare (intesa come aspirazione ad una saggezza pratica che anima tutto il percorso educativo, con particolare riguardo all'educazione alla convivenza civile), all'unità complessiva della persona che cresce (in quanto diviene progressivamente e autonomamente capace di collegare le competenze che matura ad un proprio progetto di vita che anima il "progetto culturale" in cui si innestano tutti gli apprendimenti). Si tratta di un'unità asintotica, costantemente ricercata da tutti gli attori del processo e - probabilmente - mai posseduta nella sua pienezza, ma è proprio questa ricerca di unità che dà senso all'intero processo educativo in cui si collocano gli interventi didattici. In un mondo che si caratterizza per la frammentarietà degli stimoli, delle suggestioni, della stessa cultura dominante nel suo complesso, questo potente richiamo all'unità rappresenta una sfida ardita, decisamente controcorrente, che chiama in causa potentemente la responsabilità degli insegnanti in quanto educatori. Sarà la capacità di raccogliere questa sfida la cartina di tornasole dell'autentica volontà - da parte della scuola e da parte degli insegnanti - di mettere "la persona al centro", come sta scritto in più d'uno dei recenti dispositivi di legge, inclusa quella di cui ci stiamo occupando.
Tutto questo dovrà realizzarsi, nella pratica, "ad modum incarnationis", cioè affondando pienamente le radici nella vita reale di tutti i soggetti coinvolti. I documenti della riforma offrono sollecitazioni forti ai fini di un superamento della potenziale autoreferenzialità delle istituzioni scolastiche, perché queste siano capaci di incarnare la loro offerta formativa nei mondi vitali degli allievi, in collaborazione con le famiglie ed in collegamento con il territorio. Lo stesso discorso vale, reciprocamente, per la vita delle stesse istituzioni scolastiche autonome che non si trovano all'"anno zero", ma che hanno a loro volta un patrimonio di idee, buone pratiche
48, professionalità, progetti. Il fatto che il D. L.vo 59/2004 non preveda un "piano di attuazione" centralisticamente imposto in modo vincolante a tutte le scuole è sintomo di rispetto della loro autonomia, ma non significa che esse non debbano elaborarne uno, secondo il principio di gradualità, per cui si può immaginare un passaggio progressivo - soprattutto sul piano dei modelli organizzativi - dalla situazione esistente (che i docenti sono già in grado di gestire) a situazioni che si approssimano in modo progressivo e sempre maggiormente ai modelli più arditi di organizzazione flessibile che garantiscano il massimo grado di "personalizzazione" nel senso che abbiamo sopra indicato.
Sarà altresì necessario predisporre serie e significative misure di accompagnamento, a cominciare dall'individuazione e disseminazione delle "buone pratiche" realizzate in fase di sperimentazione, ma anche facendosi carico delle numerose "emergenze formative" che il lungo periodo di assestamento nell'attuazione della riforma farà indubbiamente emergere. In altri termini è necessario che le scuole stesse divengano sempre di più dei veri e propri "ambienti di crescita professionale", capaci di attivare pratiche riflessive sull'esperienza maturata e di ipotizzare nuovi percorsi e nuove tipologie di esperienze. Certamente le scuole e gli insegnanti non dovranno essere lasciati "soli" in tale cammino. Da un lato si dovranno attivare quelle strutture di ateneo di cui parla l'art. 5 della legge 53, ma dall'altro lato anche i soggetti istituzionali (IRRE e Direzioni scolastiche regionali) e le Associazioni professionali degli insegnanti, dovranno giocare un ruolo di supporto e di accompagnamento importante e significativo.
Fonti normative
- Legge 15 marzo 1997, n. 59: Delega per il conferimento di funzioni alle Regioni e agli Enti Locali e la riforma della Pubblica Amministrazione.
- D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275: Regolamento in materia di autonomia organizzativa e didattica.
- Legge 18 ottobre 2001, n. 3: Legge Costituzionale, riforma Titolo V della Costituzione.
- D.M. 18 settembre 2002, n. 100: Progetto nazionale di sperimentazione.
- Legge 28 marzo 2003, n. 53: Legge Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.
- D. L.vo del 19 febbraio 2004, n. 59, Decreto legislativo concernente la definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione.
- C.M. del 5 marzo 2004, n. 29, Decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59. Indicazioni e istruzioni.
N.B. - In occasione della sperimentazione della riforma (D.M. 100/2002) furono elaborati anche documenti di supporto per facilitare le scuole nella "traduzione" organizzativa e didattica della bozza di indicazioni. Il testo più significativo di tale elaborazione è confluito nelle Raccomandazioni per la comprensione e l'attuazione dei Documenti nazionali della riforma (Profilo educativo, culturale e professionale e Indicazioni Nazionali per i Piani di studio personalizzati);
materiale interno di lavoro distribuito in esclusiva dalla Direzione Generale degli Ordinamenti, all'incontro conoscitivo sulla riforma con i Comitati orizzontali Scuola dell'infanzia, scuola primaria e Scuola secondaria di primo grado del CNPI alla fine del 2003.
Il testo delle Raccomandazioni non è stato allegato al D.M. 59/2004, quindi non è reperibile sul sito del MIUR, ma si può trovare a partire dalla home page del sito
www.cisem.it.
Bibliografia
- G. ACONE, G. BERTAGNA, G. CHIOSSO, Paideia e qualità della scuola, La Scuola, Brescia 1992
- G. BERTAGNA, Alternanza scuola lavoro. Ipotesi, modelli, strumenti dopo la riforma Moratti, Milano, Franco Angeli, 2003.
- G. BERTAGNA, La pedagogia nella riforma, in "Pedagogia oggi", n. 8/2003, pp. 11-18.
- G. BERTAGNA, Profilo e indicazioni: un rapporto da chiarire, in "Scuola e didattica", n. 7/2003, pp. 7-15.
- G. BERTAGNA, Le bozze delle Indicazioni nazionali nel contesto della riforma. Significati, scenari, scopi, in "Scuola e didattica", n. 10/2003, Inserto
- G. CANNAROZZO, La dimensione comunitaria della scuola nel quadro della riforma, in "Scuola e didattica", n. 10/2004, pp. 16-17.
- S. CICATELLI, Scuola in transizione. Raccolta delle principali norme che regolano il sistema scolastico italiano, Armando, Roma 2002.
- G. CERINI - M. SPINOSI (a cura di), Scuola primaria: primi passi ... nella riforma, suppl. a "Notizie della Scuola", n. 1/2003.
- G. CHIOSSO, Personalizzazione, in G. CERINI - M. SPINOSI (a cura di), Voci della scuola duemilaquattro, Tecnodid, Napoli, 2003.
- L. CORRADINI (a cura di), Insegnare perché? Orientamenti, motivazioni, valori di una professione difficile, Roma, Armando, 2004.
- L. CORRADINI, W. FORNASA, S. POLI (a cura di), Educare alla convivenza civile. Educare istruire formare nella scuola italiana, Armando, Roma 2003.
- S. CRISCUOLI, Sul decreto legislativo del primo ciclo. L'avvio della riforma, in "Scuola e didattica", n. 9/2004, pp. 9-22.
- E. PURICELLI, Le competenze e gli obiettivi formativi, in "Scuola e didattica", n. 11/2003, pp. 7-14.
- M. T. MOSCATO, Il primo decreto attuativo della legge di riforma scolastica, in "La scuola e l'uomo", n. 3/2004, inserto pp. VI-VIII.
- M. T. MOSCATO, Il profilo educativo dello studente, in: "Scuola e didattica", n. 16/2003, pp. 13-15.
- C. NANNI, La riforma della scuola: le idee, le leggi, LAS, Roma 2003.
- A. PORCARELLI, La dimensione sovraindividuale della persona nel PECUP, in "Scuola e didattica", n. 10/2004, pp. 12-15.
Note
- Professore di Filosofia e storia, Presidente UCIIM di Bologna, membro del gruppo di lavoro sulla riforma del sistema di istruzione e formazione costituito presso l'Università di Bergamo.
- Cfr. J. DELORS, Nell'educazione un tesoro. Rapporto allUNESCO della Commissione Internazionale sull'Educazione per il Ventunesimo Secolo (UNESCO, 1996), tr. it. Armando Armando, Roma 1997, p. 18.
- Cfr. ad es., M. T. MOSCATO, La scelta professionale e la formazione nelle parole degli insegnanti, in: L. CORRADINI (a cura di), Insegnare perché, Roma, Armando, 2004, pp. 97-98, in cui i colleghi incontrati nei focus group sottolineano criticamente l'alternarsi di indicazioni metodologico didattiche anche contraddittorie in tempi troppo brevi.
- Cfr. art. 1, comma 2: "L'autonomia delle istituzioni scolastiche si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento".
- Il riferimento è sempre all'art. 1, in cui l'affermazione della centralità della persona si collega alla necessità di promuovere "pari opportunità" per tutti, in ordine al "successo formativo" di ciascuno.
- Cfr. J. MARITAIN, L'educazione al bivio (ed. orig. 1943 - ed. franc. 1947), ed. it. a cura di A. Agazzi, La Scuola, Brescia 1963, ID, L'educazione della persona (ed. orig. 1959), ed. it. a cura di P. Viotto, La Scuola, Brescia 1962.
- Jacques MARITAIN, L'educazione al bivio (tit. originale: Education at the Crossroads, Yale University Press, New Haven 1943; ed. francese: L'éducation à la croisée des chemins, Egloff, Paris 1947), ed. it. a cura di A. Agazzi, La Scuola, Brescia 1963, p. 25.
- D. L.vo n. 59/2004, Decreto legislativo concernente la definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione. Allegato D.
- G. BERTAGNA, Tra il Profilo e i Piani di Studio Personalizzati. Una prima analisi dei Documenti di lavoro, in "Scuola e didattica", n. 10/2003, Inserto, p. 14.
- Cfr. M. T. MOSCATO, Il profilo educativo dello studente, in: "Scuola e didattica", n. 16/2003, pp. 13-15; richiamiamo in particolare un passaggio: "È chiaro che una competenza è sempre, in ogni momento, una sintesi di conoscenze e abilità: il profilo tuttavia prefigura la non frammentarietà delle competenze, la loro non isolabilità; lungi dal costituire una sequenza lineare, esse compongono un sistema interrelato. Ci permettiamo di aggiungere, con parole nostre, che si tratta di un sistema interattivo dinamico, tendenzialmente autoespansivo, almeno a partire da un raggiunto livello di 'soglia funzionale', che dovrebbe contrassegnare l'età evolutiva. Si tratterebbe, in altre parole, di 'costellazioni', in cui si integrano sinteticamente conoscenze e abilità, cultura ed esperienza, e insieme le emozioni, le rappresentazioni, le motivazioni, gli affetti e i valori" (ivi, p. 14). Cfr. anche M.T. MOSCATO, Il profilo educativo dello studente: una rilettura pedagogica, "Dirigenti Scuola", a. XXIV, n. 3/2003, pp. 26-38.
- Su questo punto è stata avanzata l'obiezione di una certa oscillazione - nel Profilo - tra un'idea dell'educazione che tiene conto della distinzione tra età evolutiva ed età adulta e qualche espressione in cui si fa riferimento ad un'educazione che sarebbe coestensiva con la vita stessa della persona (cfr. M. T. MOSCATO, ivi, p. 15).
- M. TIRITICCO, Profilo educativo di uscita, in "Notizie della scuola, n. 15/2004, p. 204. Il testo prosegue rincarando ulteriormente la dose: "in termini pedagogici, potremmo dire che sono riportate finalità e generiche attese, sicuramente un auspicio più che un profilo credibile e realizzabile per i nostri quattordicenni. Non vengono, infatti, adeguatamente evidenziati i diversi contesti di provenienza, che sollecitano tensioni, ansie, turbamenti, inquietudini e conflitti, e neanche le infinite variabili con le quali si trovano ad interagire insegnanti e famiglie" (ibidem).
- D. L.vo n. 59/2004, cit., Allegato D.
- Si tratta delle Raccomandazioni per la comprensione e l'attuazione dei Documenti nazionali della riforma (Profilo educativo, culturale e professionale e Indicazioni Nazionali per i Piani di studio personalizzati); materiale interno di lavoro distribuito in esclusiva dalla Direzione Generale degli Ordinamenti, all'incontro conoscitivo sulla riforma con i Comitati orizzontali Scuola dell'infanzia, scuola primaria e Scuola secondaria di primo grado del CNPI alla fine del 2003. Il testo era stato predisposto per la sperimentazione ex DM 100/2002, non sono state allegate al D. L.vo 59/2004, la versione emendata delle Raccomandazioni (che tiene conto delle modifiche che il D. L.vo 59 riporta rispetto al DM 100) è reperibile sul sito www.cisem.it
- Raccomandazioni ..., cit., p. 11.
- Si tratta della leva di flessibilizzazione che ha suscitato le maggiori polemiche, come si legge - ad esempio - in un passaggio di un testo di Cerini, per cui - dopo avere ammesso che il concetto di "personalizzazione" rappresenta un recupero delle migliori tradizioni pedagogiche e didattiche - prende le distanze dai risvolti organizzativi di alcuni elementi: "la 'personalizzazione' dei percorsi implica che una quota, più o meno variabile, del curricolo scolastico sia differenziata in base alle caratteristiche e alle attitudini degli allievi. Ma questa soluzione non prefigura forse il ripristino di gruppi o classi di livello?" (G. CERINI, I nodi organizzativi dell'innovazione, in: ID. - M. SPINOSI (a cura di), Scuola primaria: primi passi ... nella riforma, suppl. a "Notizie della Scuola", n. 1 / settembre 2003, p. XVI). La stessa scelta del linguaggio manifesta il retro-pensiero della perplessità: se si venissero a creare "classi differenziali" questo sarebbe davvero un problema, mentre sembra molto meno problematica la soluzione - raccomandata dalle Raccomandazioni - di mobili e flessibili raggruppamenti, ora di compito, ora di livello, ora elettivi, in cui possano trovare spazio le attitudini delle singole persone. Del resto i "corsi di recupero" per i ragazzi in difficoltà, non erano forse "laboratori di livello" aventi come obiettivo il successo formativo di questi ragazzi?
- Il LARSA (Laboratorio per il recupero e lo sviluppo degli apprendimenti) è finalizzato a recuperare e potenziare conoscenze e abilità e può essere visto come un contenitore organizzativo in grado di raccogliere una pluralità di istanze, in ordine a diverse forme possibili di didattica laboratoriale ed ai corrispondenti obiettivi: è possibile raccogliere e organizzare in modo più organico ed in una struttura più solida le varie attività miranti al recupero degli apprendimenti, già largamente in uso nelle scuole, ma certamente migliorabili dal punto di vista dell'impianto e dell'efficacia; è possibile attivare percorsi di approfondimento per lo sviluppo delle competenze e abilità che vanno a consolidare predisposizioni e attitudini, senza che vi sia la necessità di colmare lacune, ma anzi valorizzando le attitudini positive (valorizzazione delle eccellenze); è infine possibile - soprattutto istituendo LARSA di reti territoriali - utilizzare questo strumento per realizzare i percorsi personalizzati di quegli allievi che intendono passare da un segmento ad un altro del secondo ciclo, perché magari si rendono conto dell'opportunità di rivedere le scelte fatte e riorientarsi.
- Su questo tema, per le sue potenzialità in prospettiva interculturale, si veda anche: M. T. MOSCATO, La prospettiva interculturale nella riforma Moratti, in "Scuola e didattica", n. 2/2003, pp. 13-15.
- Supponendo il termine "individuo" come indicativo di una individualità astratta, in cui tutti i soggetti sono uguali e si prescinde dalle diversità e dalle specificità di ciascuno.
- Sul rapporto tra la figura del docente-tutor ed i processi di personalizzazione dell'insegnamento rimandiamo a L. PERLA, In nome della personalizzazione. Ragioni e azioni del coordinatore-tutor, in "Scuola e didattica", n. 16 /2003, pp. 18-22; cfr. anche G. BERTAGNA, Tutorato e tutor nella riforma, in "Scuola e didattica", n. 15/2004, inserto, pp. 47-64 e M. T. MOSCATO, Il tutor: tradizione o novità, "Scuola e Didattica", a. XLVIII, n. 19/2003, p. 36.
- Raccomandazioni..., cit., pp. 18-19.
- Su questa linea, con toni molto accesi, si esprime B. Vertecchi: "La logica della personalizzazione giustifica ogni sorta di ineguaglianza (...). Anche se si parla di percorsi di apprendimento che valorizzano le potenzialità di ciascun allievo, la conseguenza della personalizzazione è un'educazione che riproduce caratteristiche preesistenti (...) se un allievo è accreditato a possedere un buon livello di attitudine all'apprendimento gli si offrirà un percorso che conduce a conquistare obiettivi di qualità elevata. Ma se si ritiene che le sue capacità siano scarse ci si accontenterà di livelli più modesti" (in: "La Vita Scolastica", n. 16/2003, Giunti, Firenze; cit. da S. LOIERO, Contenuti culturali della riforma, in: "Notizie della scuola", n. 15 / aprile 2004, p. 175); cfr. anche B. VERTECCHI, Insuccessi personalizzati, in "Insegnare", n. 5 / 2003.
- R. MARAGLIANO, Una scuola palindroma, in: "Italianieuropei", n. 3/2003, pp. 170-171.
- S. LOIERO, ivi, p. 176.
- Raccomandazioni..., cit., p. 12.
- Cfr. cap. 5.
- La distinzione terminologica poggia sulla constatazione che le prime (conoscenze) sono il frutto dell'attività teoretica dell'uomo (il sapere), mentre le seconde (abilità) sono il frutto della razionalità tecnica (saper fare). Conoscenze e abilità sono definite, per le diverse discipline, negli OSA (Obiettivi Specifici di Apprendimento) contenuti nelle Indicazioni (nazionali e regionali) per i piani di studio personalizzati, mentre gli OF (Obiettivi Formativi), relativi alle competenze di ciascun allievo, devono essere definiti dagli insegnanti che lavorano con ciascuno degli allievi.
- Il concetto di "abilità" viene così illustrato nelle Raccomandazioni: "Le abilità sono la condizione e il prodotto della razionalità tecnica dell'uomo. Sono anch'esse sapere, ma del fare: si riferiscono, quindi, al saper fare. Non sono fare, ma appunto un fare di cui si sanno, si comprendono le ragioni, le procedure, gli scopi, i prodotti. In altre parole, sono un sapere perché operando in un certo modo e rispettando determinate procedure operative si ottengono determinati risultati piuttosto di altri" (Raccomandazioni..., cit., p. 14).
- Al di là di ciò che un ragazzo può apprendere in famiglia (e questo dipende dallo spessore culturale degli stimoli che riceve in famiglia) vi è comunque la cultura del gruppo dei pari, del proprio ambiente di vita (oratorio, gruppo scout, ecc.), dei media, di internet: il problema, in genere, non è la "quantità" di stimoli ricevuti, ma la loro "qualità" e, più ancora, la difficoltà di dar loro un "senso".
- Raccomandazioni..., cit., p. 13.
- I documenti nazionali previsti (e in parte già emanati) per l'attuazione della Legge 53/2003 sono: Il PECUP del I ciclo, il PECUP del secondo ciclo, le Indicazioni nazionali per la scuola dell'infanzia, primaria, secondaria di primo grado e per il sistema dei licei. Le indicazioni per il sistema di istruzione e formazione professionale sono altresì competenza esclusiva delle Regioni.
- Raccomandazioni, cit., p. 41.
- Ivi, p. 18.
- "In questa prospettiva, gli obiettivi formativi sono la 'forma', fatta di diverse combinazioni qualitative e quantitative, assegnata di volta in volta dai docenti alla 'materia prima culturale' contenuta nelle Indicazioni nazionali" (Ivi, p. 39).
- D. L.vo n. 59/2004, Decreto legislativo concernente la definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione. Allegato B, p. 8 (della numerazione del documento in PDF scaricato dal sito www.istruzione.it). La stessa scelta del nome indica la centratura sull'apprendimento come condizione per fare delle UA il luogo pedagogico di maturazione delle competenze personali di ciascuno: "Il fatto che le UA siano centrate sull'apprendimento e concepite essenzialmente come occasioni di crescita e maturazione della persona, comporta, perciò, uno spostamento dell'attenzione dalle esigenze dell'insegnamento di contenuti a quelle dell'apprendimento di tali contenuti; dalla programmazione a priori del lavoro docente all'evolversi concreto ed in situazione delle dinamiche di apprendimento e formative della classe e dei singoli. (...) le UA propongono un intero di apprendimento articolabile al suo interno: l'intero è prospettato come compito identico per tutti; ciò che può e deve essere personalizzato è l'acquisizione di conoscenze, abilità, comportamenti e atteggiamenti, che devono essere utili alla concretizzazione del compito ma anche adatti e significativi per la persona, tramite la declinazione in itinere e in situazione di obiettivi formativi personalizzati" (Raccomandazioni ..., cit., p. 48).
- "La raccolta ordinata e riflessa delle UA, con tutti gli adattamenti imposti dall'individualizzazione degli apprendimenti con gli allievi che hanno bisogno di interventi specifici è il PSP" (Raccomandazioni ..., cit., p. 27).
- Ivi, p. 55.
- I cosiddetti IDEI, spesso gestiti soprattutto per il recupero delle difficoltà, sono in effetti dei "gruppi di livello" aventi come obiettivo il recupero.
- Va detto che in questi anni non si è certo dedicata un'attenzione equivalente al recupero delle difficoltà e alla valorizzazione delle eccellenze.
- Non stiamo immaginando una sorta di "precettore individuale" per ogni alunno, in un contesto in cui vi sono ancora classi numerose ed una struttura scolastica non paragonabile a quella di un "campus", ma ci basta sottolineare come rientri in questa linea di riflessione anche solo un consiglio di lettura, che attivi un percorso di approfondimento individuale, a cui il docente dedichi in un secondo tempo qualche incontro nella forma dello "sportello" (di approfondimento) per supportare i percorsi personali che lui stesso ha stimolato o incoraggiato.
- Raccomandazioni ..., cit., p. 48.
- Indicate negli OSA.
- Se è pur vero che fin dalla fase pre-attiva si può avere un'idea di come le single UA potrebbero entrare nei PSP degli allievi, è altresì vero che è possibile sapere solo alla fine non solo che questi hanno affrontato determinate tematiche, ma come si è articolato concretamente l'apprendimento per ciascuno e quindi come ogni UA può essere effettivamente collocata nel PSP.
- Raccomandazioni ..., cit., p. 63.
- Ivi, pp. 23-24.
- L. CORRADINI, Radici e sviluppi dell'educazione alla convivenza civile, in: L. CORRADINI, W. FORNASA, S. POLI (a cura di), Educazione alla convivenza civile. Educare istruire formare nella scuola italiana, Armando, Roma 2003, p. 35.
- Raccomandazioni ..., cit., p. 24.
- Sulle strategie di formazione in servizio da mettere in campo in una stagione delicata come quella che ci si appresta a vivere abbiamo condotto - come Associazione Professionale UCIIM - una ricerca, per conto del MIUR, che ha coinvolto insegnanti di varie regioni italiane, anche con modalità di formazione attiva, mirante a esplorare e valorizzare le "conoscenze tacite" degli stessi docenti: cfr. A. PORCARELLI, Metodi e strategie di formazione degli insegnanti: valutazione di alcune esperienze sul campo; in L. CORRADINI (a cura di), Insegnare perché? Orientamenti, motivazioni, valori di una professione difficile, Roma, Armando, 2004, pp. 171-191.
LINK CONSIGLIATI:
www.istruzione.it/riforma area dedicata alla Riforma del sistema di istruzione e formazione nel sito del MIUR
www.cisem.it sito dell'ente di formazione della provincia di Milano, con un'area dedicata alla riforma a cura del Gruppo di lavoro dell'Università di Bergamo - prof. Bertagna.
www.indire.it/inriforma Area di formazione pubblica dedicata alla riforma, sul sito dell'INDIRE - ex BDP.