B. Omissione d'atti d'ufficio
Il reato di omissione di atti d'ufficio è disciplinato
dall'articolo 328 del codice penale.
L'articolo 328 c.p., nella sua attuale formulazione,
prevede due fattispecie incriminatici distinte. La prima sanziona il fatto
causato da un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, che rifiuta
indebitamente un atto che per ragioni del suo ufficio deve essere compiuto.
La
seconda fattispecie, prevista dal 2° comma dell'articolo 328 c.p., prende in
considerazione la condotta consistente nel non compiere entro trenta giorni
dalla richiesta di chi abbia interesse, l'atto dovuto, senza rispondere
esponendo le ragioni del ritardo.
Il bene
protetto in entrambi i casi è il buon funzionamento della Pubblica
Amministrazione, i cui presupposti indefettibili sono l'effettività, la
tempestività e l'efficacia dell'adempimento delle pubbliche funzioni e delle
prestazioni dei pubblici servizi.
Per
quanto a noi interessa è soprattutto la seconda fattispecie, che analizzeremo in
maniera approfondita.
Perché
sia integrata la condotta di cui al secondo comma dell'articolo 328 c.p. è
necessario che sussistano alcuni presupposti:
-
una richiesta scritta da parte del privato
(messa in mora), da cui decorre il termine di 30 giorni per l'adozione
dell'atto dovuto o per la formulazione della risposta negativa. La richiesta
deve provenire non da un privato qualsiasi, bensì solo da chi abbia un
interesse qualificato al compimento dell'atto.
N.B. Le norme che consentono di verificare l'idoneità della domanda ed il
conseguente obbligo dell'ufficio sono quelle che regolano il procedimento
amministrativo;
-
un obbligo di avvio del procedimento,
non essendo sufficiente la mera richiesta del privato, che potrebbe avere un
oggetto non attinente ai compiti dell'Amministrazione interpellata;
-
un'assenza di risposta da parte della Pubblica
Amministrazione, la quale non giustifichi il ritardo nell'adozione
del provvedimento. La forma scritta richiesta dal comma 2 dell'articolo 328
c.p. deve rispettare i principi generali dell'ordinamento, che richiedono la
forma scritta per gli atti destinati ad essere controllati da un'autorità
sovra ordinata e per quelli la cui verifica - l'esistenza ed il suo
contenuto - sia rimessa non all'autorità amministrativa, ma a quella
giudiziaria.
N.B. Per poter verificare se la condotta posta in essere
da chi è preposto all'ufficio integri o meno il reato di omissione d'atti
d'ufficio, è necessario individuare il momento in cui il termine di 30 giorni
inizia a decorrere.
Sul punto la giurisprudenza non è univoca: parte della
giurisprudenza di legittimità ritiene che il comportamento inerte del pubblico
ufficiale inizi a decorrere solo successivamente allo scadere del termine di 30
giorni, previsti in linea generale dalla legge 241 del 1990, dopo una successiva
messa in mora. Questa tesi si basa sul fatto che, perché si possa configurare il
delitto di cui all'articolo 328 c.p., è necessario una prima istanza alla quale
è connesso l'avvio del procedimento amministrativo ed una seconda istanza di
messa in mora, con la quale si richiede per iscritto all'Amministrazione di
provvedere. E' necessario, infatti, perché l'istanza di messa in mora sia
valida, che il termine del procedimento amministrativo sia scaduto, cioè sia
decorso inutilmente l'originario termine di 30 giorni. Decorso l'ulteriore
termine di 30 giorni previsto dall'articolo 328, 2° comma c.p., il reato si
perfeziona.
Il
reato in esame sanziona la mancata produzione di atti amministrativi, che
abbiano attinenza al perseguimento dei fini istituzionali della Pubblica
Amministrazione (Istituzione Scolastica). Per meglio comprendere in quali casi
sia integrato il delitto di omissione di atti d'ufficio, è necessario tenere
presente che non ogni silenzio della Pubblica Amministrazione è significativo:
solo in alcuni casi, infatti, una norma specifica attribuisce al silenzio il
significato di assenso o rifiuto e quindi il valore di atto amministrativo.
Nel caso in cui il silenzio non sia significativo dal
punto di vista amministrativo, i presupposti richiesti dalla norma penale di cui
all'articolo 328 c.p. ricorrono, in quanto la sequenza "obbligo di attivazione -
inadempimento" è pienamente integrata.
Nei casi, invece, di silenzio significativo il legislatore,
come si è detto, attribuisce al silenzio il valore di un atto amministrativo
positivo o negativo a tutti gli effetti. Ad esempio l'articolo 25 comma 4 della
legge 241/90, nell'attribuire rilevanza giuridica al silenzio della P.A., funge
da scriminante. Infatti di fronte alla legge penale che incrimina in linea
generale la condotta del pubblico ufficiale, il quale richiesto di provvedere ad
un atto del proprio ufficio non risponda nel termine previsto di 30, le
disposizioni di legge specifiche, che prevedono la fattispecie del
silenzio-assenso, autorizzano il pubblico ufficiale a non rispondere all'istanza
rivoltagli per iscritto, potendosi avvalere di tale modalità di risposta.
La tesi sopra prospettata, tuttavia, è stata criticata
dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha sostenuto la tesi della
rilevanza non scriminante della norma di legge speciale su quella generale.
-
Esempio: se un genitore si rivolge
all'Istituzione Scolastica con un'istanza di accesso agli atti.
L'Istituzione Scolastica, nella persona del legale rappresentante, è tenuta
a provvedere; in questo caso il silenzio, previsto dall'articolo 25 l.
241/90 equivale ad un provvedimento di assenso e quindi non sarà integrato
il reato di omissioni di atti d'ufficio.
Al contrario se vi è un obbligo in capo all'Istituzione Scolastica di
provvedere attraverso un atto amministrativo scritto, per cui il silenzio
non rientra tra i modi di provvedere, allora la mancata emanazione dell'atto
fa sì che la condotta del soggetto preposto a provvedere integri il delitto
di omissione di atti d'ufficio ai sensi dell'articolo 328, 2° comma c.p..
In tale caso l'elemento soggettivo richiesto per il soggetto agente è il
dolo, inteso non solo come consapevolezza e volontà di omettere un atto del
proprio ufficio, ma anche come consapevole volontà di agire indebitamente.
La presenza dell'elemento soggettivo del dolo rende più grave la fattispecie
di omissione di atti d'ufficio.