Leggere i romanzi d'oggi


di Ileana ZEPPETELLA
docente di letteratura italiana

Proposta didattica
per la Scuola Secondaria di secondo grado

OSA: lettura di testi di autori d'oggi

ABILITÀ DA ACQUISIRE: saper leggere direttamente i testi, con particolare attenzione alla loro contestualizzazione nelle problematiche dell'età contemporanea e al confronto interculturale e interdisciplinare.


Indice:

Nota metodologica

Proposte di lettura per il primo Biennio Proposte di lettura per il secondo Biennio
Nota metodologica

1. Testi e linguaggi narrativi

Oggi la comunicazione narrativa non si serve solo della parola, ma, e in modo prevalente, di linguaggi audio - visivi (cartoni, cinema, TV) che lanciano nuove sfide all'intelligenza e alla sensibilità del destinatario. L'immagine (peraltro già sperimentata nel passato: che cosa sono i mosaici di S. Vitale, gli affreschi di Assisi, le sculture del duomo di Modena se non affascinantie muti cartoon?) richiede la collaborazione del destinatario quando conserva l'ambiguità del segno che diventa messaggio solo grazie all'atto interpretativo. Tutti ricordiamo film densi di senso e di emozioni, su cui abbiamo esercitato la nostra creatività di spettatori. Ma questo cinema di qualità (cui possiamo aggiungere qualche - raro - prodotto per il piccolo schermo) ha un pubblico piuttosto limitato. Per soddisfare la sete di racconti, naturale nell'essere umano, la massa si rivolge ai film di generee, soprattutto, ai canali televisivi, sempre più numerosi, che sfornano, come una catena di montaggio, cartoni animati, telefilm, sit - comedy, film gialli e di fantascienza. Per lo più sono la ripetizione, con piccole varianti, di stereotipi, che suggeriscono una facile identificazione, forniscono orge di buoni sentimenti o brividi di orrori preconfezionati, offrono emozioni forti ofacili trasgressioni. Tutto si esaurisce nelle immagini che scorrono senza ambiguità né spessore: il teledipendente è titillato nel suo desiderio di evasione; nulla gli è richiesto, ed egli assorbe la visione nella più totale passività. Non si accorge di rinunciare, per il piacere della pigrizia, al gusto della fantasticheria creativa.
Se non lo salva la noia, si abituerà all'insulsaggine.

2. La narrativa letteraria Tuttavia, anche se messo drammaticamente in minoranza, il libro ‘di narrativa ' ha ancora una sua forte vitalità;romanzi, racconti, novelle e fiabe, scritti in un passato più o meno lontano, o prodotti da giovani autori di oggi, vengono proposti in gran numero da un'editoria in espansione, assicurando una amplissima varietà di scelta. Le narrazioni trasmessedai libri sono fatte esclusivamente di parole scritte, che hanno bisogno di lettori per essere vive. La scuola ha istituzionalmente il compito di insegnare a leggere, e dunque educare alla lettura è compito suo.Non si tratta naturalmente soltanto di trasmettere agli allievi l'abilità tecnica necessaria a decodificare velocemente ed efficacemente i segni linguistici per costruire i significati delle frasi, anche se questo è necessariamente il primo passo. Non basta nemmeno garantir loro la formazione culturale indispensabile a capire i linguaggi della comunicazione massmediale scritta (quotidiani, riviste di attualità, ecc.), anche se la capacità interpretativa di questi messaggi è indispensabileall'autonomia di giudizio dei cittadini. Sono tappe irrinunciabili, ma l'obiettivo più ambizioso per una scuola davvero formativa consiste nell'educare gli studenti alla lettura della narrativa ‘alta', di romanzi e racconti di autori davvero significativi. La scommessa è fare del libro (del buon libro) un concorrente della tv, portare gli studenti a rivolgersi, per placare la fame di storie che pure intensamente sentono, non (o non prevalentemente) ai telefilm, ma alla letteratura. In una parola si tratta di far scoprire loro il piacere della lettura. L'adulto educato a leggere sa che la lettura è un atto di responsabilità, perchéil lettore non ha alcuna sollecitazione da un tessuto di immagini o suoni: può contare solo sul libro, un insieme di pagine coperte da lettere nere, un oggetto visivamente non particolarmente affascinante.Proprio questo enfatizza la sua creatività: infatti crea non solo colui che inventa, o rielabora,la materia narrativa, dandole una forma di parole e un ritmo di stile, ma anche colui che è il termine della comunicazione. Il ‘ricettore' completa fantasticamente il racconto evocando immagini, suoni, odori, luci e colori; esce dalla realtà dei fatti contingenti per entrare un mondo ‘altro' , contiguo a quello abituale, ma del tutto inedito, separato eppurestrettamente interrelato agli accadimenti e alle emozioni di tutti i giorni. Qui, trasportato e sorretto dall'onnipotenza del narratore, torna indietro nel tempo in un passato vecchio di dieci secoli, dieci anni odieci mesi, si trasferisce in luoghi ‘finti' perché non documentati, ma possibili o almeno immaginabili, o addirittura vive dentro un nostro futuro, incontrando esseri di altre galassie e sperimentando conclusioni dalla storia umana catastrofiche o pacificanti, in spazi e tempi dilatati all'infinito. La lettura appare dunque strettamente connessa con l'esercizio cognitivo della mente, con la capacità di apprendimento, con l'individuazione e la soluzione di problemi, ma anche con i bisogni dell'affettività, le tempeste emotive, i processi di identificazione: in poche parole, con il processo formativo dell'individuo. La scuola è chiamata direttamente in causa.

3.La scuola e l'educazione alla lettura
 Ma la scuola si trova di fronte ad una situazione certamente non facile; tutte le informazioni raccolte in proposito, e la nostra stessa esperienza di insegnanti e di genitori, concordano nel sottolineare che i ragazzinon leggono. Molti bambini, a tre, cinque anni, hanno una vera passione per i racconti che mamma e papà inventano - o leggono - per loro, prima della buonanotte serale. Spesso però, quando potrebbero incontrarsi direttamente con un libro (ormai ‘tecnicamente' sanno leggere), sembrano disinteressarsi alla lettura, che sostituiscono volentieri la con la TV. In particolare gli adolescenti, arrivati alle superiori (la fascia che ci interessa), leggono pochissimo e quel poco, di solito, non è letteratura.Indurli a passare del tempo su un romanzo, qualunque sia il soggetto e l'ambientazione, risulta assai difficile se non impossibile; i soli romanzi letti sono quelli assegnati come lettura obbligatoria dall'insegnante. Occorre pensare ad una strategia, ma la didattica ‘ufficiale' non sembra in grado di fornire strumenti efficaci.
"Il verbo leggere non sopporta l'imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo ‘amare'...il verbo ‘sognare'..." E' l'incipit di un delizioso libretto (Come un romanzo, Feltrinelli, 1993) che  Daniel Pennac, un romanziere francese di grande successo, ha dedicato al problema. Queste poche parole, grazie alla potenza significante della forma, mettono subito in chiaro che leggere, proprio perché è un atto vitale (non semplicemente intellettuale: infatti il verbo ‘studiare', per esempio, sopporta benissimo l'imperativo) può nascere solo da una libera scelta, dalla voglia di soddisfare un bisogno, dalla ricerca personale di un piacere. Pennac ha almeno due titoli per dare consigli circa la migliore strategia da mettere in atto per una buona educazione alla lettura: prima di tutto i suoi molti romanzi sono tutti best-seller, quindi ha trovato il modo di farsi leggere, e poi è stato a lungo professore di francese nei licei, quindi conosce i ragazzi e sa come trattarli. Vale la pena di stare a sentire le sue indicazioni, che in estrema sintesi si possono riassumere così:
1.Bisogna dedicare del tempo alla lettura all'interno dall'orario scolastico. I libri che vengono letti in questo spazio non devono avere niente a che fare col programma. L'attività di lettura non deve essere sottoposta a interrogazioni e valutazioni (almeno in un primo tempo); quindi niente analisi stilistiche, niente domande su sequenze, personaggi, ambiente storico, ecc..
2. " ‘Bene', dice il prof, ‘visto che non vi piace leggere...sarò io a leggervi dei libri,' " (Come un romanzo, p. 88). Cioè,  l'unico modo praticabile per imporre la lettura agli studenti in classe è ‘somministrare' loro una lettura ad alta voce. Ai ragazzi non viene chiesto nulla, nemmeno di ascoltare. Solo di rilassarsi, poiché si trovano di fronte a un dono offerto gratuitamente. Qui si gioca tutto, poiché la scommessa sta nel suscitare la loro curiosità. Pennac ci racconta di averla vinta, di aver trasformato una classe di studenti riottosi, tutti reduci da insuccessi scolastici, in un gruppo di formidabili lettori, e commenta: "Certo la voce del professore ha contribuito alla riconciliazione. Risparmiando lo sforzo della decodificazione, delineando chiaramente le situazioni, dipingendo le scene, incarnando i personaggi, sottolineando i temi, accentuando le sfumature, facendo nel modo più chiaro possibile il suo lavoro di rivelatore fotografico."(ibidem, p. 96)
3.E' essenziale scegliere un libro adatto all'uditorio, capace di presentare subito una situazione intrigante, che faccia venir voglia di guardare più a fondo, o più oltre. Di solito i grandi servono splendidamente a questo scopo, perché oltre a ‘inventare' una storia interessante, la raccontano con uno stile che nel ritmo, nella sapienza della struttura retorica, nel suono della lingua ha un potente motivo di fascino. E' bene assicurarsi che il traduttore non abbia tradito l'autore, se il libro è scritto in una lingua diversa dall'italiano.
4.Nonbasta leggere ad alta voce, bisogna raccontare storie intorno al libro che si sta leggendo. Per rispondere alla curiosità degli ascoltatori, ma anche per eccitarla. Un primo invito all'osservazione critica avviene in forma narrativa: si può aggiungere qualcosa a quanto dice il libro sul personaggio (la figura di Don Chisciotte, per es., ridisegnata mettendo da parte l'ironia di Cervantes e evidenziando la componente patetica, la profonda tristezza che lo abita ); si possono fare accenni alla persona dell'autore che comincia ad intravedersi dietro le sue parole, raccontare aneddoti sulla sua vita o sull'ambiente in cui si svolge la vicenda. Attenzione, la forma deve essere quella della storia, non quella del commento. Il punto 4 non è in contraddizione col punto 5.
5.Principio basilare è questo: la lettura viene primadi ogni esame e commento culturale. " Se il pedagogo che è in me si risente di non poter ‘presentare l'opera nel suo contesto',persuadere il suddetto pedagogo che l'unico contesto che conta, per ora, è quello di questa classe. [...] Per il momento, leggo dei romanzi a un uditorio che crede di non amare leggere. Non potrò insegnare nulla di serio finché non avrò dissipato questa illusione e fatto il mio lavoro di intermediario." (ibidem p. 102).
6.Se il metodo funziona, gli studenti divenuti lettori tenderanno a sfuggire sempre più spesso alla voce del professore per gustare una lettura personale e silenziosa. La paura del testo è passata, sono diventati dei lettori autonomi. E cominceranno loro a fare domande su ciò che hanno letto. Saranno loro a sentire la necessità di capire meglio, di approfondire, di esplicitare il senso - i sensi - di ciò che hanno letto. Soddisfacendo lo loro richieste, l'insegnante può cominciare a fareil suo lavoro di critico: illuminare il contesto, mettere in rapporta l'opera con il suo autore, sottolineare le problematiche dell'epoca, parlare di estetica e di poetica. Tutto molto gradualmente e naturalmente, rispettando un ruolino di marcia nonimposto, ma negoziato con gli studenti.
7.Una volta che gli studenti si siano riconciliati con i libri, che abbiano scoperto il piacere di leggere si potranno proporre loro i libri che si devono leggere secondo il programma. "Solo la paura può rendere ‘una palla' i testi del programma. Paura di non capire, paura di rispondere a sproposito,paura dell'altro che si erge sopra il testo [...]: quanto basta per confondere le righe, per annegare il senso del letto nella frase." (ibidem, p. 107). I libri che bisogna leggere sono ormai uguali a tutti gli altri, e siccome sono dei gran bei libri, sarà facile trarreda loro quel piacere della letturache è stato felicemente conquistato.
8.Gli studenti hanno adesso le basi culturale e la disposizione mentale per affrontare proficuamente un lavoro critico approfondito. " Il programma sarà dunque svolto, le tecniche della relazione scritta, dell'analisi testuale (le deliziose griglie, oh, quanto metodologiche), del commento organico, del riassunto e della discussione verranno debitamente trasmesse, e l'intero meccanismo sarà messo perfettamente a punto affinché il giorno dell'esame risulti ben chiaro alle istanze competenti che non ci siamo limitati a leggere per distrarci, ma che abbiamo anche capito, abbiamo compiuto il famoso sforzo di capire." (ibidem, p. 108). Si può dire ancora di più: vinta la paura di non capire, lo sforzo dell'analisi e dell'approfondimento sarà affrontato volentieri perché, fornendo strumenti interpretativi del testo (cioè dilatandone il senso, moltiplicandone le chiavi di lettura, illuminandone le tecniche retoriche) avrà come risultato un incremento del piacere. Attraverso il lavoro critico lo studente impara necessariamente a parlare del testo, abilità spendibile proficuamente in esami e concorsi anche al di fuori dell'ambito scolastico.

4. Perché la narrativa contemporanea
Qualunque libro, purché sia un buon libro, ‘somministrato' agli allievi nel modo giusto, può trasformare adolescenti riottosi in lettori appassionati: l'epoca in cui è stato scritto, il tempo e il luogo in cui la storia è ambientata, il soggetto o il genere non assumono un'importanza significativa. Il lettore immerso nel suo libro viaggia senza nessuna difficoltà nello spazio, nel tempo, e nella cultura degli autori più diversi. Se la scrittura ha ritmo, i personaggi forza, la vicenda interesse, niente altro conta veramente. Tuttavia molte ragioni consigliano all'insegnante di riservare, quando pensa ad un percorso di lettura ‘ludica' (vedi il punto 1: che non abbia niente a che fare col programma) uno spazio privilegiato a romanzi o racconti contemporanei, addirittura di recente pubblicazione.
Innanzitutto le storie di oggi, gli autori di oggi, magari giovani (uno scrittore tra i trenta e i quarant'anni è ancora considerato tale) hanno una naturale vicinanza ad un pubblico di ragazzi per la comunanza di interessi che presuppongono. Naturalmente anche un romanzo che ambienti la sua storia in un passato più o meno lontano, se è scritto in questi anni, sarà orientato su problematiche contemporanee, che lo sforzo di comprensione non mancherà di individuare. Scrittori e lettori contemporanei condividono la stessa temperie culturale non solo se gli autori sono italiani, ma anche se appartengono alla cosiddetta ‘civiltà occidentale': certo, bisognerà mettere in luce, nel lavoro di analisi dei libri, le differenze piccole o grandi di mentalità e abitudini. Sarà l'insegnante a valutare l'opportunità di inserire nel percorso anche narratori di paesi a noi meno familiari, che portano alla ribalta modi di pensare e di vivere più lontani dai nostri, e che hanno perciò bisogno di una mediazione meglio approfondita. Nel mondo globalizzato però alcuni problemi sono generali, presenti nel dibattito politico e nei mass media: le vicende romanzesche spesso affrontano temi pubblici e privati,difficoltà esistenziali,mutamenti nel costume e nella sensibilità che fanno parte anche dell'esperienza quotidiana, diretta o indiretta dei ragazzi che leggono, specie se i libri sono usciti in anni recenti o addirittura negli ultimi mesi.
Particolarmente rilevante è il caso degli scrittori ‘meticci', nati proprio dallo scontro e dall'incontro di culture. Pensiamo, per es. ai molti indiani e pakistani, sia rimasti in patria, sia immigrati,che scrivono in inglese; agli Africani che hanno adottato per raccontare se stessi e le tragedie dei loro paesi le lingue dei colonizzatori inglesi, francesi, portoghesi; ai fuggiaschi dalle guerre europee (ex Jugoslavia) e dalle dittature mediorientali che sono diventati cittadini di paesi europei o degli Stati Uniti, adottando la lingua della nazione ospite per far sentire la loro voce. Il romanzo di uno scrittore ‘meticcio' può essere un vero palinsesto in cui si trovano allusioni ad argomenti a tutti noti, trattati da TV e giornali (una guerra, un'emergenza umanitaria, il terrorismo), e fatti storici antichi che hanno condizionato la vita di un popolo, ma che al di fuori di quella cerchia non sono conosciuti, e in cui si mescolano temi politici e esperienze personali, la miseria dell'emarginazione, la paura della persecuzione, la perdita di valori conseguente allo sradicamento.

5. La contestualizzazione

L'insegnante, seguendo la metodologia di Pennac, legge un romanzo ai suoi studenti, in questo caso un romanzo contemporaneo. L'operazione è vincente, i ragazzi, interessati al libro. se lo procurano, cominciano a leggerlo da soli scoprendo il piacere della lettura solitaria, del dialogo privato con il testo. Precedono il professore, e a poco e poco fanno tacere la sua voce di attore improvvisato e riaccendono la sua funzione di ‘informatore culturale' subissandolo di domande. Al professore spetta il compito non solo di soddisfare la curiosità, ma di dare un ordine alle informazione che fornisce. Il mondo possibile del romanzo, abitato, come quello reale, dalla mobile vita delle azioni e dei sentimenti dei personaggi, dalla varietà degli scenari, dal succedersi degli eventi, porta il lettori a porre questioni sui grandi temi della responsabilità umana nei comportamenti e nelle passioni, sul giusto e l'ingiustoper quel che riguarda le coscienze, la società, le istituzioni. Questo interrogare il professore -come guida adulta -e se stessi, è quel "famoso sforzo di capire" di cui parla Pennac, alla ricerca del senso profondo del romanzo letto. Ma un'altra serie di domande è invece una richiesta di chiarimenti su passi difficili da decodificare perché parlano, o alludono, a qualcosa di oscuro o ignoto. Una attenta e precisa contestualizzazione fornirà la risposta alla maggior parte di questi interrogativi. Ma attenzione ad organizzare il discorso non come una lezione frontale sull'epoca storica, l'ambiente sociale descritto, la mentalità del tempo e del luogo, la cultura dell'autore e le sue scelte in fatto di estetica e di poetica, ecc. ecc. In questo modo non si farebbe che guastar l'opera appena compiuta. Deve essere un percorso fatto all'incontrario: ad ogni domanda bisogna tornare al punto (o ai punti) del testo che l'ha fatta nascere e tirare il filo sottile che porta ad una risposta motivata. Deve essere un dialogo tra lo studente che interroga e l'insegnante che risponde: prima di tutto verificano insieme se ci sono altri punti di quello stesso libro che possono aiutare a capire, o a mostrare, al contrario, che il problema è più ampio di quanto non appaia da un unico passo. Ecco allora informazioni fornite direttamente dall'insegnante, per le questioni più semplici, o rimandi all'enciclopedia, al libro di testo di storia, di filosofia, di scienze, o addirittura la programmazione di un iter di ricerca più strutturato, magari con il coinvolgimento di insegnanti di altre materie. Il libro in esame è contemporaneo, scritto nell'ultimo decennio: allora il lavoro sarà più semplice, perché molti dati sono già noti, e anche più vivo, perché lo studente sente che è in gioco il suo presente, le sue opinioni sul mondo, la sua mentalità, che può confrontare con quelle dell'autore. Certo il rapporto con un autore italiano, magari solo di quindici, vent'anni più vecchio di lui, sarà molto diverso da quello con un romanziere come il premio Nobel 2001 Viadiadhar Surajprasad Naipaul. Esempio altissimo di scrittore ‘meticcio', Naipaul scrive per scelta in inglese, che non è la sua lingua madre, perché è nato a Trinidad, nelle Antille da una famiglia originaria dell'India settentrionale, e solo a diciotto anni si è trasferito in Inghilterra dove si è laureato a Oxford.Tuttavia la contemporaneità di Naipaul è forte, poiché nelle sue opere risuonano temi e problemi di oggi in una dimensione planetaria: e come potrebbe essere altro che planetario l'orizzonte di uno che ha origini in tre continenti, in almeno tre lingue e in chissà quante suggestioni culturali e spirituali? Cosi il lettore italiano (come quello di qualunque altro paese) leggendo i suoi romanzi vede transitare tematiche che ha già incontrato, di cui ha visto traccia sui mezzi di informazione, anche se probabilmente trattati da un diverso punto di vista. Ma riconosce che sono cose che lo riguardano nell'oggi, e si accorge di una contiguità con quel narratore così lontano.
La lettura di narrativa contemporanea diventa dunque un ampliamento sul presente, una presa di coscienza della realtà politica, sociale, culturale, una messa a fuoco dei problemi sul tappeto con cui gli studenti, passando insensibilmente dall'adolescenza all'età adulta proprio nel corso delle superiori, dovranno misurarsi in termini di assunzione di responsabilità e di interventi decisionali. Così questa attività ‘ludica' può diventare un momento fortemente privilegiato nella formazione dell'uomo e del cittadino.

6. Una palestra di educazione linguistica
Anche per quanto riguarda l'educazione linguistica, che sempre accompagna la lettura, sia nel momento della ricezione, sia in quello successivo della riflessione, la lingua vivadella narrativa contemporanea, nell'infinita varietà stilistica degli scrittori ( e dei traduttori) e nella molteplicità delle voci e dei registri che in ogni romanzo viene utilizzata, mette a disposizione dell'insegnante un materiale estremamente utile. In quelle pagine che creano ambienti, azioni, personaggi resi ‘veri' dalla collaborazione fantastica del lettore, risuona una lingua ‘artisticamente' elaborata, ma tanto più vera quanto più l'arte è sapiente.Così invece di brani antologici, che spesso sono offerti nei libri di "educazione linguistica" come palestra di esercizi, il lavoro di analisi e la fondazione delle abilità linguistiche può essere esercitato direttamente sui testi letterari , collaborando fattivamente allo sforzo di comprensione. Una lavoro più affascinante, che darà risultati migliori.
Con queste premesse, e in questa ottica, cercheremo di offrire esempidi libri ‘leggibili', cioè idonei a costituire le tappe di una progressiva educazione alla lettura e alla letteratura per studenti delle superiori, secondo criteri di opportunità che si articolano in un primo e in un secondo biennio, ben consapevoli però che le caratteristiche della classe possono consigliare una diversa successione. Con una scelta soggettiva, ma speriamo condivisibile, abbiamo limitato le proposte per il biennio ai libri in lingua italiana. Sentire risuonare la propria lingua nell'elaborazione ‘artistica' dell'autore in persona, senza nulla togliere all'eccellenza professionale dei traduttori, ci sembra il modo migliore per approfondirne, meglio ancora ‘affinarne' la conoscenza,per apprezzarne tutta la potenza espressiva e la capacità comunicativa. Solo il bello educa al bello. In modo particolare ci preme sottolineare che tutte le proposte di interpretazione, di commento e di analisi dei romanzi in esame sono suggerite come possibili tracce di un lavoro che solo l'insegnante può rielaborare e offrire, nei tempi e nei modi che riterrà più produttivi, agli allievi con cui vive l'esperienza di un incontro con la narrativa, in armonia con le considerazionifin qui fatte.

PROPOSTE DI LETTURA PER IL PRIMO BIENNIO

Paola MASTROCOLA Una barca nel bosco, Guanda, 2004, premio Campiello 2004

L'autrice è nata a Torino nel 1956, dove risiede e lavora come insegnante di lettere in un liceo scientifico.
Sempre presso l'editore Guanda ha pubblicato i romanzi:
La gallina volante, 1999
Pallina di pane, 2001
e il saggio: La scuola raccontata al mio cane, 2004

Una barca nel bosco
(il titolo è un modo di dire piemontese per alludere al disagio di chi sia fuori dal proprio ambiente) è un romanzo che sembra fatto apposta per agganciare l'attenzione degli adolescenti, a cominciare dal fatto che parla di uno di loro: lo presenta alla conclusione della scuola media inferiore e lo accompagna per tutto il corso degli studi, fino all'università ed oltre; la scuola è lo sfondo di gran lunga privilegiato della vicenda, ed è anche l'idolo polemico dell'autrice.
Dunque un secondo, e non piccolo, motivo di interesse: è un libro che mette sotto accusa la scuola, i presidi, i servizi di assistenza psicologicache nella scuola operano, e anche i genitori. Tutti gli adulti, almeno quelli che dovrebbero occuparsi a vario titolo dell'educazione dei giovani, sembrano perseguire obiettivi contrari rispetto a quelli che sono loro naturalmente o istituzionalmente imposti.
Il protagonista, Gaspare, è un ragazzo povero ma pieno di talento che grazie ai sacrifici materiali e morali dei suoi parenti(un padre pescatore, una madre casalinga e poi cuoca, una zia vedova innamorata di lui) lascia la sua amata isola meridionale per venire a studiare a Torino (la mamma lo accompagna, la zia che lì abita da tempo offre la casa), in modo da godere dei vantaggi di un'istruzione più qualificata, del prestigio di un liceo del nord.
La scuola che il povero studente modello (ahi lui, gli piace il latino) trova ad accoglierlo, funziona come segue:
·riduce al minimo il tempo dedicato all'insegnamento, per ampliare attività di accoglienza e socializzazione;
·facilita le discipline fino a banalizzarle ("...cercheremo di fare un latino agile flessibile. Un latino divertente .."), svolge il programma con esasperante lentezza, tiene accuratamente gli allievi lontano dai testi;
·esclude dallo studio delle lingue la letteratura: il nostro, che conosce le poesie di Verlaine, e arde dal desiderio di parlarne, viene giudicato insufficiente in francese e mandato al corso di recupero: la metodologia didattica della ‘lingua in situazione', richiede infatti che l'alunno risponda a domande del tipo "Comment t'appelles-tu?", o "Quelle heure est-il", ma Gaspare non riesce a spiccicare parola, annichilito dallo stupore per la discrepanza tra le sue aspettative culturali e la banalità delle richieste;
·penalizza la cultura autentica: il nostro adora i poeti latini, ma li traduce nel più assoluto segreto, quasi coltivasse un vizio occulto, perché altrimenti desterebbe la diffidenza degli insegnanti e lo scherno dei compagni;
·difende i meschini privilegi degli insegnanti: quando Gaspare cerca di protestare con la preside perché i suoi insegnanti arrivano abitualmente in ritardo (a lui piacerebbe andare un po' più avanti con il programma), viene considerato un disadattato;
·offre servizi di appoggio (colloqui con una psicologa) di una inadeguatezza totale.
In una parola la scuola non solo non insegna le cose che dovrebbe insegnare, ma deforma agli occhi dei ragazzi il concetto stesso di cultura. Invece di adoperarsi per suscitare la curiosità delle giovani menti, la uccide nei pochi che la possiedono e la rende definitivamente estranea per tutti.Didattichese e psicologismo di maniera hanno steso una fitta rete su tutto quello che di vivo c'era nelle materie. Italiano, latino, arte, matematica, fisica, scienze, storia, filosofia e via dicendo - grida l'autrice - non sono riducibili a schede e verifiche ma hanno a che fare direttamente con la poesia, la narrativa, le ricerca scientifica, le problematiche storiche e filosofiche, eccetera eccetera. La tesi è che la giusta preoccupazione di non emarginare i meno dotati sul piano intellettuale e sociale si è tradotta, per la responsabilità di un personale docente conformista, pigro e sostanzialmente disinteressato alla cultura e alla sua trasmissione, in una grande agenzia di omologazione delle nuove generazioni. E l'università è la copia, ancora più disarticolata, della scuola media, e riproduce solo se stessa.
Purtroppo non va molto meglio sul versante studenti, anch'essi irreggimentati in una tipologia di gruppi diversi a seconda dei capi d'abbigliamento prediletti, dei gusti musicali, delle abitudini, dei gerghi. Naturalmente l'appartenenza all'uno o all'altro gruppo ha un rapporto più o meno diretto con la classe sociale d'origine. Nell'universo giovanile dominano istinto gregario eleaderismo (necessariamente complementari), con la conseguente ghettizzazione di chiunque sia fuori del coro. Ma genitori e insegnanti non sembrano cogliere questa realtà, non esercitano alcuna capacità di critica. Non vi è dialogo tra le generazioni; tanto il conformismo individuale e sociale provvederà a mettere i figli più o meno al posto dei padri, in modo che sia garantita coesione e continuità.
Il pregio maggiore della Mastrocola consiste nel fatto che tutto ciò non lo argomenta, ma lo racconta. Servendosi del punto di vista del protagonista trasforma la vis polemica in storie raccontate con un'ironia impietosa che spesso sconfina felicemente nel grottesco. La sua lingua precisa, il suo periodare breve, scandito dai tanti punti e dagli spazi bianchi degli ‘a capo' costruisce non personaggi, ma funzioni (la madre affettuosa e realista, la preside ‘agita' dalla pseudopedagogia delle circolari ministeriali, il padre e Madame Pilou, nell'isola lontana, mitici eroi del bene,i compagni chiamati alla ribalta ciascuno per la sua caratteristica distintiva, ecc.), disegna sfondi sommari per gli attori (la ‘sala' barocca della zia, la presidenza, le ville dei ricchi, gli appartamenti con biblioteca degli intellettuali); eppure ogni bozzetto ha una verità coraggiosa da dire, e la dice efficacemente con le sue figurine di carta, come un disegno di Luzzatto.Così racconta, anzi recita, la storia del suo fallimento Gaspare, sullo sfondo del bar che s'è comprato, quando l'unico vero amico degli anni di scuola torna a cercarlo. Sotto le parole controllate, i gesti gentili, i banali particolari dello sfondo, si nasconde una requisitoria appassionata e terribile:
Cosa potevo fare?, non è stata colpa mia. Va bene, ho aperto un bar. Ma cos'altro dovevo fare? A Latino no, non mi ci sono poi iscritto. Ti avevo detto che lo facevo e invece non l'ho fatto. Tu andavi a Barkeley e io t'ho detto che facevo Latino. Ti ho detto così e poi non l'ho fatto, e allora? Qualcosa da dire?
Tu quella sera sei venuto da me e mi hai piantato addosso due occhi da carpa bollita e mi hai detto: Vado a Barkeley. Va bene. Mi hai detto così quella sera. E allora adesso cosa vuoi da me?
Sono un po' nervoso, scusami, Furio. Non ti aspettavo. Diciamo che non ti aspettavo stasera qui, nel mio bar. Ti sembra possibile una cosa così? Quindi adesso dammi tempo. Va proprio bene che ti sei messo lì seduto ad aspettare. Aspetta.

Qui alle sei è l'ora degli aperitivi e allora dài con la tovaglia verde di raso, i plateau d'argent, le tartine, olive, pizzette, crocchette, focacce...
Vedo che mi guardi, di sottecchi. Cosa vuoi che ti dica?
L'ora dell'aperitivo tu non hai idea. Ormai la gente ci fa la cena con gli stuzzichini dell'aperitivo. E guai se non gli dai le noccioline, e guai se non gli dai le patatine. (pag. 210)
Tuttavia il senso di questo romanzo, solo apparentemente facile, non si esaurisce nella polemica pur abile ed efficace. Un livello più alto corre lungo tutto il romanzo opponendo la luminosa isola lontana alla città ostile e incomprensibile, gli affetti autentici ai ruoli istituzionali (categoria a cui appartengono anche ‘certi' genitori), le parole ‘vere' dei poeti, degli scrittori, a quelle mistificanti della didattica ufficiale e della burocrazia, inaltre parole il bene e il male. Solo una interpretazione simbolica conduce ad una vera comprensione del romanzo, e giustifica una conclusione non del tutto negativa della vicenda di Gaspare, che ha fallito il suo sogno di conquista culturale. Non è diventato latinista, come sperava, ma ha spezzato la continuità nemica della città con un'isola verde: infatti, cominciando dal virgulto di pioppo comperato per conquistare una ragazza, ha trasformato la sua casa in una specie di serra, e il verde sta conquistando anche le vicine aree del suo quartiere. E, miracolo, gli abitanti sembrano apprezzare al novità.....


Niccolò AMMANITI  Io non ho paura, Einaudi Stile Libero, 2001
L'autore è nato a Roma nel 1966; ha esordito con il romanzo Branchie, Ediesse 1994 (Einaudi 1997) Altre opere: Fango, racconti, Mondadori,1996; Ti prendo e ti porto via, romanzo,Mondadori, 1999, Fa un po' male, fumetto in collaborazione con il disegnatore Davide Fabbri,Einaudi'2004
Da Io non ho paura è stato tratto nel 2003un film dallo stesso titolo, per la regia diGabriele Salvatores
La storia di Io non ho paura è ambientata nel 1978, e questa data assumerà un suo drammatico significato nello scioglimento dell'intrigo. Siamo in un piccolo borgo dell'Italia meridionale, Acqua Traverse, in un'estate torrida. La vicenda corre verso una terribile rivelazioneche il lettore, e soprattutto al lettore adulto ed esperto, intuisce ben prima del protagonista, Michele Amitrano, un bambino di nove anni, anche se è lui, purinconsapevole, a tirare tutti i fili. Affidando questa lettura a ragazzi intorno ai quindici anni, bisogna fare molta attenzione a graduare le informazioni, in modo da non alterare il processo di scoperta finale, mabadando a spiegare in modo aperto e non semplicistico il clima degli anni '70, nell'Italia della brigate rosse e dei sequestri di persona, a ragazzi che non ne sanno nulla. E' un periodo ormai lontani dalla cronaca, ma non ancora entrato nella tranquilla obbiettività della storia. Questo lavoro di contestualizzazione può essere realizzato attraverso il reperimento e la presentazione di documenti (giornali di diverso colore politico, riviste) e di saggi di approfondimento; un contributo eccellente, ed un ampliamento del campo di indagine, è assicurato da opportuni percorsi di carattere interdisciplinari, purché siano elaborati secondo una autentica necessità di conoscenza e non artificialmente costruiti per rispondere ai suggerimenti della didattica. Una attenta contestualizzazione, che non preceda la lettura, ma entri intelligentemente nel processo di comprensione, è per questo libro particolarmente importante.
La natura del romanzo sconsiglia qualunque allusione alla trama dei fatti, il cui calibrato tessuto costituisce una naturale spinta alla lettura. Il lettore, e certo a maggior ragione il lettore adolescente, è catturato all'interno di quel fuoco fisso di ripresa che sono gli occhi di Michele. Tutto il mondo, il paesaggio pieno di sole e di grano, le notti buie, i fiori e le strade dei campi, gli interni notturni, gli odori e i sapori: tutto è filtrato dallo sguardo attentodi Michele. Quella particolarissima telecamera delinea anche l'ambiente sociale della borgata, i suoi abitanti miseri o sgradevoli che nel procedere della storia si rivelano feroci, la figura protettiva e amata del padre, quella affascinante della madre, forte nell'amore ma ambigua nell'acquiescenza verso il marito, la sorellina sicura nell'affidarsi a Michele e da lui responsabilmente difesa, e tutti gli altri bambini, pieni di sole e di grida, ma anche già implicati in rapporti difficili tra di loro e con i grandi. Ma su tutto domina la personalità del protagonista, ancora immerso nella fanciullezza, arreso completamente alla fiducia e all'amore verso i genitori, ma insieme impegnato nella costruzione di una sua autonomia. Sa usare le categorie logiche e lo spirito di osservazione per risolvere le successive difficoltà incontrate nella soluzione del mistero che il caso gli ha messo di fronte. Coraggiosamente va avanti,spinto dalla curiosità e da un responsabile senso di umana pietà, ignaro di lavorare contro se stesso e il suo mondo. Tuttavia in questa storia che si tinge sempre più di nero non manca l'amore, non solo nel cuore di Michele, ma anche in alcuni dei grandi, perfino dei grandi cattivi: anzi il romanzo si chiude proprio con un grido di amore e di disperazione del personaggio che è, in qualche modo, il colpevole principale, almeno per la personale inchiesta di Michele.
Tutti quelli che abbiamo indicato - il tempo, i luoghi, gli interni, i rapporti tra i personaggi, la sensibilità e l'intelligenza di Michele, la famiglia, gli affetti e la malvagità, la quête - sono altrettanti livelli di lettura che possono essere indagati ad uno ad uno, e cooperare alla rilevazione finale del senso.
La lingua, il gioco delle parole che ritornano per riportare alla ribalta un tema, o come ‘segnal' di un personaggio, ma soprattutto il ritmo del discorso catturano il lettore. E' una lingua sempre parlata, sia nei dialoghi rapidi fortemente sceneggiati , sia nell'ininterrotto discorso del protagonista che, come abbiamo detto, è l'unica voce della narrazione: nutrita di dialettalismi autentici, non di derivazione letteraria, è veloce e duttile per seguire la nebulosità dei sogni, le fantasie paurose delle credenze popolari.
Ecco come Michele sa usare questa lingua quando riconosce e descrive un malvagio, ( "il vecchio") che gli è entrato in casa e sta lì a parlare con suo padre ed altri amici del paese.
E' "il vecchio" che ha la parola: Fin dall'inizio avete fatto uno sbaglio dietro l'altro -. Parlava strano [...]
Ha preso uno stecchino e ha cominciato a pulirsi i denti gialli. [...] Il vecchio si è grattato la gola. - Su lo avevo detto che non ci si doveva fidare di voi. Non siete buoni. E' stata un'idea del cazzo. Avete fatto stronzate su stronzate. Voi state a scherzare col fuoco - .Ha buttato lo stecchino nel piatto,- Sono un idiota! Me ne sto qui a perdere tempo ...Se le cose andavano come dovevano andare,a quest'ora dovevo stare in Brasile e invece sto in questo posto di merda.
Papà ha provato a ribattere. - Sergio ascolta ... Stai tranquillo ... Le cose non sono ancora ...Ma il vecchio lo ha zittito [...]
Tu devi stare zitto perché sei peggio degli altri. E lo sai perché? Perché non ti rendi conto. Non sei capace. Tutto tranquillo, sicuro, hai infilato una cazzata dietro l'altra. Sei un imbecille ...
Papà ha cercato di rispondere poi ha ingoiato il boccone e ha abbassato lo sguardo.
Lo aveva chiamato imbecille.
E' stato come se mi avessero dato una coltellata in un fianco. Nessuno aveva mai parlato così a papà. Papà era il capo di Acqua Traverse. (pp. 88 - 89)

 Gianluca MOROZZIAccecati dalla luceFernandel 2004
 L'autore è nato a Bologna nel 1971 dove vive dividendosi tra le sue due passioni, della musica e della scrittura.
Altre opere: Despero, romanzo, Fernandel, 2001;  Luglio, agosto, settembre nero, sette episodi che raccontano l'Italia di oggi, Fernandel, 2002;  Dieci cose che ho fatto ma che non posso credere di aver fatto, però le ho fatte, Fernandel, 2003; Blackout, romanzo, Guanda, 2004.
Nel romanzo l'autore si mette in gioco in prima persona: è lì che ‘riprende'se stesso mentre riceve una telefonata, si infila una maglietta, e nel breve respiro di trenta secondi è già in strada a maledire il traffico, a sfrecciare, a sgommare, a stracciare semafori, per arrivare da Freejoint (un negozio di dischi, probabilmente) in tempo per mettersi in lista: una lista d'attesa che gli permetterà di assicurarsi un biglietto per il concerto che Bruce Springsteen, una celeberrima stella del rock, terrà nel palasport di Bologna, la sua città. Accecati dalla luce sono i fan di Bruce: "Quando diventi springsteeniano è come quando diventi tifoso di una squadra,devi saperlo, quello che ti toccherà da quel momento per il resto dei tuoi giorni, devi saperlo, che ti stai comprando tutto il pacchetto.Non è che te la caverai con una decina di dischi, [...], no, il giorno che diventispringsteeniano automaticamente ti voti a una vita di corse senza fiato alle transenne, di file notturne per introvabili biglietti, di inseguimenti a Bruce Springsteen intorno agli alberghi, discussioni deliranti, feste springsteeniane, cloni diSpringsteen con basette e stivali di pitone, questo vuol dire, comprarsi tutto il pacchetto." (così in 4° di copertina). In questo romanzo Morozzi è, come Omero, il redattore in lingua scritta di una mitologia creata, trasmessa e rielaborata nell'oralità: sono i discorsi che fioriscono all'interno del gruppi di amici legati dalla stessa fede, impegnatiin una ripetizione continua delle memorie e delle emozioni iscritte nell'universo springsteeniano (i suoi concerti, le sue performance, le sue canzoni); sono le frasi rituali, sempre identiche di tappa in tappa e di anno in anno, che il popolo dei fedeli si scambia come segnali di riconoscimento, quando si ritrova, schiacciato a centinaia di migliaia, negli stadi di tutta Europa.
Il racconto corre su due linee parallele. La prima comincia lunedì 9 settembre 2002, e racconta un'epopea: la conquista, da parte del protagonista e dei suoi amici, del biglietto per il concerto che Springsteen avrebbe tenuto al Palamaguti di Bologna il 18 ottobre. Il contesto non ha bisogno di essere costruito o esplicitato attraverso un processo di riflessione critica perché è dato immediatamente dalla narrazione. Il protagonista, completamente identificato con l'autore (è proprio lui, il giovane scrittore appassionato di rock) corre alla conquista del biglietto e corre nelle librerie per presentare il suo ultimo libro o per controllare come procedano le vendite. Nei suoi spostamenti disegna la topografia della sua città percorrendone le strade a piedi o in macchina e studiando i percorsi più veloci per non mancare agli appuntamenti. Il traffico, i negozi, le abitudini della gente, i ristoranti, gli incontri con la rock star e con i musicisti della sua band, tutto è realtà, cronaca puntuale di giornate affannose. La lingua è magnifica, dipinge la fretta, l'affanno, le code, le veglie, i mille espedienti per assicurarsi l'ingresso al Palamaguti. Quando siamo all'ultimo atto dell'impresa, e si tratta di arrivare in tempo al punto vendita - solo rispettando al secondo l'orario potranno finalmente stringere in mano i sospirati biglietti - il protagonista e il suo ‘socio' in questa fase dell'operazione, Michele da Butrio saltano in macchina e si lanciano in un folle attraversamento della città, e con loro il lettore: sembra di sentire il motore che sale di giri, le marce che vengono scalate, di vedere il groviglio del traffico, le infrazioni al codice, i semafori sempre rossi, gli ostacoli che l'autista-eroe epico supera come un cavaliere che disarciona i suoi avversari:

Visto?, ghigna soddisfatto [Michele]. Adesso ci beviamo come niente due semafori della Magneti Marelli, e passa come un ciclone davanti al bar Stadio [...] poi s'incarna nel Pompeo di Pazienza, segue una bizzarra strategia topografico - stradale, taglia, scorcia, sensovieta, supera, s'incanala, viadotta, inversiona, dove passa è tutto uno strombazzo cattivo. Straccia l'ennesimo rosso, all'incrocio che a destra va sui viali e a sinistra all'ospedale schizza verso i viali, si fa centro metri sulla corsia riservata agli autobus di via Saffi, urla Che ore sono? Che ore sono?, io guardo l'orologio, gemo Sette e cinquantuno, sette e cinquantuno, porca troia, lui si carica come un discobolo, ruggisce. Ce la facciamo, dice, - Ce la facciamo, dai, dai, su, e poi ci si gela il sangue.
Più avanti sulla strada [...] c'è una pattuglia di vigili. Intenta a multare due ragazzi su un motorino.
E noi stiamo piombando su di loro, lanciati a tutta velocità. [...]
Nell'altro senso di marcia c'è un fiume d'auto, fare inversione ai cento all'ora ci schiantiamo contro una barriera di lamiere. Tra noi e i vigili - ancora non ci hanno visto, le grandissime teste di cazzo - non c'è che un vicoletto sulla destra. Con un divieto d'accesso grande quanto il palco dei Rolling Stones.
Michele da Budrio strizza gli occhi tipo Bruce Willis sull'elicottero in fiamme, ringhia Reggiti!, e s'infila ai cento all'ora nel budello.
In contromano.(pp. 37 -38)
La seconda linea del racconto ripercorre, in una serie di flash back sapientemente orchestrati, le tappe dell'iniziazione del protagonista alla religione del rock e in particolare al culto di Springsteen, non senza spingersi in brevi incursioni in epoche anche più remote della sua vita, quando il rock non era per lui che un genere musicare tra gli altri, e il suo gusto ancora incerto, addirittura ‘perverso'. E' un resoconto tra la confessione e la blanda difesa, come un bilancio su di un passato ormai redento. Infatti, quasi trascinato da un amico, che cercava anche di aiutarlo a liberarsi da un amore finito male, al concerto springsteeniano di Zurigo del 7 e 8 aprile 1993, finalmente il nostro vide la luce e ne fu accecato, entrando entusiasticamente nella nuova fede.
La vicenda è popolata da una nutrita schiera di amici, comprimari nell'impresa dell'oggi - la conquista dei biglietti per il Palamaguti - e compagni delle diverse avventure del recente passato - i viaggi per l'Italia e l'Europa, dovunquesi esibisca Springsteen - ma tutti esistono solo in quanto suoi fan. In questo ambito hanno caratteri diversi, sensibilità e comportamenti loro propri; ciascuno ha un suo modo di amare l'idolo e di gustare la sua musica, ma si spengono appena escono dal palcoscenico dove vengono messi in scena come sacerdoti della rockstar. Anche il narratore protagonista è essenzialmente uno springsteeniano, anche se di lui ci viene detto qualcosa di più: la sua timidezza, la tenerezza nei sentimenti, le simpatie politiche per la sinistra, le sofferenze d'amore, le speranze di un successo come romanziere. Poco, ma abbastanza per suscitare nel lettore una complicità che cattura anche chi è completamente estraneo al mondo del rock.
Potente motivo di simpatia è anche l'ironia che fa tutt'uno con la scrittura e colora il racconto, in una dimensione che è contemporaneamente affettuosae criticamente consapevole, partecipe e distaccata.
Viene presentato in modo molto vivo, attraverso lo strumento narrativo, un mondo musicale e poetico: anche il profano intuisce che i testi delle canzoni devono essere piuttosto belli, viene voglia di leggerli, anzi di sentirli (rispettiamo le caratteristiche del genere!!!). All'eventuale interesse degli studenti, magari solo di alcuni, si offre in questo senso un variegato terreno di approfondimento e ricerca.

PROPOSTE DI LETTURA PER IL SECONDO BIENNIO

Jonathan COE, La banda dei brocchi,
1° edizione inglese 2001
Traduzione italiana di Roberto Serrai, Feltrinelli, 2002,
Universale Economica Feltrinelli, 2004.

L'autore è nato a Birmingham, in Inghilterra, nel 1961e si è laureato a Cambridge e a Warwick. E' autore di biografie (di Humphrey Bogart,di James Stewart) e di molte opere di narrativa, parecchie delle quali tradotte in italiano: Quella notte mi ha aperto gli occhi, romanzo, Polibio Editore, 1996; La famiglia Winshhsw, romanzo, Feltrinelli, 1995; La casa del sonno, romanzo, Feltrinelli,  1999; L'amore non guasta, racconti, Feltrinelli,  2000; Donna per caso, romanzo, Feltrinelli,  2003; Caro Bogart.Una biografia, Feltrinelli, 2004; Il circolo chiuso, romanzo, Feltrinelli, 2005.
Il sipario si alza a Berlino nel 2003: due turisti inglesi, un ragazzo e una ragazza, cenano nel ristorante girevole in cima alla torre della TV in Alexanderplatz. Sono Patrick e Sophie, e si sono appena conosciuti: sono soli per permettere ai loro genitori - il padre di lui, la madre di lei - di parlarsi in piena confidenza. I due si sono poco prima incontrati per caso in una sala da the di Berlino, ma erano amici dai tempi della scuola, lui era stato addirittura innamorato di lei. Forse per questo, tra loro si era subito ristabilita un'intimità spontanea che cancellava i ventinove anni trascorsi dal loro ultimo incontro. I figli, guardando dall'alto la città,commentano la bizzarra situazione in cui sono venuti a trovarsi, e con curiosità si domandano cosa mai abbiano da dirsi la madre e il padre, quali ricordi, quali esperienze, comuni e parallele, stiano rievocando. I loro anni giovani erano gli anni '70, un tempo ormai lontanissimo, quasi inimmaginabileper chi è ragazzo all'aprirsi del terzo millennio. Dice infatti Sophie:
 "Allora vieni con me, Patrick. Torniamo indietro. Indietro nel tempo, sino in fondo, sino all'inizio. Torniamo a un paese che forse non riconosceremmo. Inghilterra del 1973 [...]."
Completamente diversa. Pensaci. Un mondo senza i cellulari, MTV, la Playstation, nemmeno il fax! Un mondo che non ha mai sentito parlare della principessa Diana o di Tony Blair, non ha mai pensato neanche per un attimo di andare a combattere in Kosovo o in Iraq. A quei tempi in tv c'erano soltanto tre canali, Patrick. Tre! E i sindacati erano tanto potenti che se volevano potevano bloccarne uno anche per una serata intera. A volte la gente doveva anche fare a meno dell'elettricità. Immagina!( p. 9)
La rivoluzione nello stile di vita e nella realtà politica è misurabile sul piano della storia; in modo complementare anche il mondo dei sentimenti, tutta la vita interiore di un giovane degli anni '70 appare ad un osservatore di oggi come una realtà lontana. Ma su quello sfondo già di per sé intrigante - si domandano Patrick e Sophie - quel è stata la vicenda personale di quel padre e quella madre che ora passeggiano insieme per Berlino, quale il gioco delle relazioni nel gruppo dei compagni di scuola e inquello più vasto degli amici?Dai discorsi dei due genitori sono emersi, in passato, di tanto in tanto, accenni ad eventi di ‘allora' che devono aver avuto una rilevanza non trascurabile, in qualche momento drammatica. Sophie sembra essere la più informata:
"Sai, io questa storia te la posso anche raccontare, ma potrebbe deluderti. Non ha una vera fine. Si interrompe e basta. Non so come finisce." (p. 9)
Alla pagina successiva comincia la rievocazione. L'inizio è segnato da una data precisa: 15 novembre 1973. Siamo a Birmingham, nella casa di Lois Trotter (la madre di Sophie) allora adolescente. La famiglia è al completo: oltre a Loisvi sono i genitori e i due fratelli minori,Benjamin e Paul. La voce di Sophie si fa sentire ancora per un po', per esempio per avvertire che lo zio Benjamin avrà un posto di rilievo nella storia, ma ben presto si affievolisce e esce di campo per lasciare il posto ad altri narratori, prima di tutto ad un narratore onniscienteche organizza con mano salda l'intreccio.
Questa sua funzione non gli impedisce di essere mobile, di seguire ora l'uno ora l'altro dei personaggi principali entrando a tratti dentro i loro occhi e dentro i loro pensieri. Il risultato è un moltiplicarsi dei punti di vista che dilatano il reale. Lo stesso scopo viene ottenuto con i dialoghi, costruiti con grande sapienza al livello dei contenuti, delle caratterizzazioni psicologiche e della struttura retorica:la drammatizzazione che ne risulta è assai produttiva per accrescere il coinvolgimento e sollecitare processi di identificazione.
Il narratore onnisciente lasciaspazio anche ad altro materiale narrativo, scritti di diverso genere e variamente datati, inseriti con lo scopo di fornire uno sfondo documentario alla vicenda romanzesca: un racconto inedito di Benjamin, premiato nel 1976 in un concorso scolastico (rinvenuto tra le carte di famiglia da Sophie nel 2002); un testo di Doug Anderton (l'amico del cuore di Benjamin diventato giornalista ) letto in una riunione nel 1999sulle cose da rimpiangere e su quelle da dimenticare alla fine del millenni; il diario di Lois,steso durante la sua permanenza in una clinica psichiatrica; articoli del giornale scolastico La Bacheca e lettere dei lettori (queste in realtà ‘falsi' costruiti da uno degli studenti, un ribelle autore di scherzi audaci, matroppo spesso ambigui o cattivi); un frammento di autobiografia di Benjamin, che sposta in avanti il limite temporale della ‘rievocazione', fino alle elezioni del 1979. A questa specie di monologo interiore di Benjamin, felice per l'amore di Cicely (la ragazza da sempre amata, e da poco conquistata) e per
le promesse del futuro, è affidato il compito di concludere la storia, quella dentro gli anni '70. Lo fa riferendo le parole augurali di Sam, il padre di un vecchio compagno di scuolaincontrato al pub:

Sam [...] oggi ha detto: Benjamin, non sono bravo a fare pronostici, ma questo è un giorno speciale e oggi ne faccio due, e allora ho detto: ah, sì?, e lui avanti: Numero Uno, e ha alzato un dito, Numero Uno, tu e Cicely vivrete una vita lunga e felice insieme, e naturalmente mi sono messo a ridere perché lo so che è vero, e poi ha alzato un altro dito e ha detto: Numero due, e poi ha indicato il giornale [...] con una grossa fotografia di Mrs Thatcher in prima pagina, Numero Due, ha detto: quella donna non diventerà mai primo ministro, e allora tutti e due scoppiammo a ridere .(pag. 374)

Come tutti sappiamo, nel 1979 Margaret Thatcher vinse la elezioni e divenne Primo Ministro.
 Solo in un ultimo, brevissimo capitoletto i lettori saranno riportati a Berlino in cima alla torre della TV dove Patrick e Sophie, con malinconia e speranza, commentano i fatti che l'una ha appena raccontato all'altro. La battuta finale è di Sophie:
"Va bene, allora tocca a te." (p. 376).
E' la promessa di un seguito (che ci rivelerà l'esito del pronostico Numero Uno di Sam), come l'autore conferma subito dopo in una ‘nota'; gli scrittori lavorano anche così, per opere che si legano l'una all'altra per formare una catena.
Se l'incontro di Patrick e Sophie, le parole che si scambiano,costituiscono l'attraente copertina del romanzo, il suo corpo è costituito dalla storia dei ‘favolosi' anni '70, precisamente dal periodo che va dalla fine del 1973 al 1978, quando Benjamin e i suoi amici si licenziano dalla scuola media e si preparano ad entrare all'università. Vi sono parecchie anticipazioni del futuro, che movimentano il quadro e lanciano segnali al lettore che conosce il seguito, almeno per quanto riguarda le vicende pubbliche. Salvo poche ma significative eccezioni - vacanze in Danimarca e in Galles, gite a Londra, ecc. - il teatro dei fattiè la città industriale di Birmingham, il cui centro economico è costituito dalla British Leyland; la grande fabbricacondiziona la vita degli abitanti in modo più o meno diretto.
Sulla scena si agitano lotte sindacali, tensioni razziali, attentati dell'IRA, violente reazioni anti-irlandesi,insofferenze di minoranze gallesi per il ‘dominio' britannico, tentazioni xenofobe, residui sentimenti anti-tedeschi, e altro ancore. Naturalmente tutto ciò, interagendo con la mentalità, la cultura, e le caratteristiche personali di ciascuno, produce le reazioni e i comportamenti più diversi. Il tessuto narrativa che ne risulta è affascinante per la sapienza della struttura narrativa, la ricchezzadel contenuto, la complessità dei problemi sociali e personali, la drammatica profondità dei sentimenti e delle emozioni, la forza e la verità dei personaggi coinvolti nell'azione.
L'opera di contestualizzazione di un romanzo così ricco di motivi richiede un impegno notevole. Tuttavia è indispensabile fornire un buon supporto, dal momento degli studenti italiani del 2005 hanno ben poche informazioni sugli anni '70 in generale, e quasi nessuna su quanto accadeva in quel periodo in Gran Bretagna. Non possiamo quindi contare affatto su di un processo messo spontaneamente in atto dal lettore.Si tratta di ricostruire la storia politica (complicata dalla questione irlandese), i problemi sociali ed economici, il clima generale, il profondo mutamento nella mentalità e nei costumi che era in atto nel Regno Unito. Le diverse competenze necessarie a comporre il quadro suggeriscono con immediata evidenza la dimensione0 interdisciplinare del lavoro. Naturalmente non è una ricerca di carattere strettamente scientifico, non è finalizzata alla stesura di una tesi di laurea: quello che serve è la capacità di illuminare in modo semplice, ma chiaro, i territori indispensabili alla comprensione del testo, cercando i documenti adatti tra la pubblicistica che si è occupata delle questioni incontrate nel libro.
Trattandosi di un romanzo inglese, che parla di ambienti e situazioni inglesi, è naturalmente assai interessante paragonare il contesto de La banda dei brocchi conil contemporaneo stato delle cose in Italia. Invece di un'operazione condotta su materiale documentario o su saggi specialistici, suggeriamo un confronto con un romanzo italiano, ambientato anch'esso negli anni '70, Io non ho paura, di Niccolò Ammaniti (ne abbiamo consigliato la lettura nel 1° biennio). Il gioco di scoprire analogie o differenze non solo nelle condizioni sociali e politiche dei due paesi, ma anche nelle strategie ‘autorali' per riprodurre dati reali sulla pagina sembra piuttosto produttivo, ma può essere ampliato all'intera costruzione romanzesca. I romanzi possono essere messi in condizione di parlarsi tra loro, in modo che si ‘scambino' non solo informazioni, ma anche emozioni, e il lettore esperto, seguendo la sottile rete dei rapporti, arreda il suo immaginario.Un percorso di letture che si proponga di formare lettori esperti dovrà seguire un itinerario di questo tipo, permettendosi tempi articolati su più anni. Partendo da La banda dei brocchi (a proposito, per il significato del titolo si veda a p. 44) , ad esempio, passando per Io non ho paura ci si può dirigere verso il seguito promesso, che è nel frattempo uscito, ed è anche stato tradotto in italiano: Il circolo chiuso.

Mia COUTO  Sotto l'albero del frangipani *, traduzione di Roberto Mulinacci, Guanda, 2002
L'autore è nato a Beira, in Monzambico, nel 1955. E' considerato una dei maggiori scrittori contemporanei in lingua portoghese. Esercita anche l'attività di giornalista e di direttore di giornali e riviste.
Solo un'altra delle sua molte opere è stata tradotta in italiano: il romanzo Terra sonnambule, Guanda, 1999.
* nome comune della plumiera rubra e alba, pianta originaria dell'America centrale: ha grandi fiori rosei di profumo analogo a quello del gelsomino. Massimo Frangipani, nobile romano di epoca medioevale, aveva inventato un profumo che risulto poi essere simile a quello della plumiera rubra
Il racconto si apre, precipitando il lettore in una dimensione di totale straniamento, con le parole di un narratore che parla in prima persona: "Sono il morto: se avessi una croce o marmo ci sarebbe scritto: Ermenegildo Macunga.". (p. 9). Una sola battuta fonda - grazie al prestigio che le convenzioni narrative garantiscono alla voce narrante, fonte autorevole per definizione -un ‘mondo possibile ' in contraddizione con il mondo reale di riferimento, almeno con quello familiare alla coltura occidentale contemporanea. I successivi arredi della ‘realtà romanzesca ' si dispongono, nella forma di informazionisu dati di fatto, in una identica linea di assurdità verosimile. Ermenegildo è morto, ma è un morto imperfetto. Poiché è stato sepolto senza i dovuti adempimenti rituali, rimane allo stato di xipoco (una sorta di fantasma), anima che vaga senza trovare riposo definitivo, senza la speranzadi ascendere "allo stato di xicuenco [antenato divinizzato], che sono i defunti definitivi, con diritto a essere chiamati e amati dai vivi." .(p. 10). La sua fossa è scavata sotto un albero del frangipani, cresciuto in un terrazzamento della fortezza coloniale di Sâo Nicolau a picco sul mare, in un superbo scenario naturale che fa da sfondo fisso a tutta la storia.Finora s'è adattato a quella prigione,  ma recentemente la sua quiete è stata disturbata da colpi e scosse che toccavano il luogo della sua sepoltura. Ecco come il narratore racconta quello che sta accadendo, e che sarà il motore di tutta la vicenda:
Finché un giorno fui svegliato da colpi e scosse. Stavano toccando la mia tomba. Pensai alla mia vicina, la talpa, quella che divenne cieca per poter guardare le tenebre. Ma non era l'animale scavatore. Pale e zappe mancavano di rispetto al sacro. Cosa rovistava quella gente, ravvivando così la mia morte? Spiai tra le voci e capii: i governanti mi volevano trasformare in un eroe nazionale. Mi avvolgevano nella gloria. Avevano già fatto circolare voce che ero morto in combattimento contro l'occupante coloniale. Adesso volevano i miei resti mortali.O meglio, i miei resti immortali.Avevano bisogno di un eroe, non di uno qualunque.Gli serviva uno della mia razza, tribù e regione.Per accontentare le discordie, equilibrare le scontentazioni.Volevano mettere in vetrina l'etnia, volevano grattare la buccia per esibire il frutto.La nazione abbisognava di una messinscena.O era viceversa?Da necessitoso io passavo a necessario. Per questo mi scavafossavano il cimitero, benea fondo nel giardino della fortezza. Quando me ne resi conto, rimasi impagliacciato.
Non sono mai stato un uomo di idee, ma non sono neanche morto arrotolandomi la lingua. Dovevo disfare quell'inganno. Altrimenti non avrei più avuto pace. Se sono deceduto è stato per diventare ombra solitaria. Non ero fatto per feste, chitarrate e tamburi. Inoltre, un eroe è come un santo.
Nessuno lo ama davvero.(pp.11-12)
Per fuggire l'odiato destino di eroe nazionale, Ermenegildo decide di servirsi del privilegio concesso agli xipoco, che hanno potere di ritornare in vita andando ad annidarsi nel corpo di un vivo anche lui imperfetto, cioè destinato a morire entro breve tempo. Dopo un periodo di coabitazione lo xipoco morirà con il suo ospite e con lui godrà, questa volta, di un funerale canonico, diventando un morto definitivo. Altri esseri, suoi amici e consiglieri, abitano con Ermenegildo il mondo intermedio tra vita e morte, e lo informano che la persona giusta, il vivo con una corta speranza di vita, è in arrivo: si tratta di Izidine Naita, un investigtore incaricato dalle autorità nazionali di indagare su una morte sospetta. Sulle rocce della scogliera in riva del mare è stato trovato il cadavere di Vasto Excelêncio, direttore dell'ospizio per anziani e profughi, attualmente ospitato della fortezza. Izidine Naita dovrà far luce sull'accaduto e trovare chi ha spinto nel baratro il povero Excelêncio. Da questo momento la storia si struttura secondo lo schema classico del giallo, ma con parecchie anomalie.Couto sostituisce il consueto protagonista con una coppia di personalità, costrette nello stesso corpo per tutta la durata dell'indagine, e la ricerca del colpevole con una imbarazzante folla di personaggi desiderosi di assumersi la responsabilità della morte. Tutti quelli che vengono interrogati come testimoni, dagli stralunati ospiti dell'ospizio alle amanti di Excelêncio, si autoaccusano, impedendogli di arrivare alla ricostruzione veritiera dei fatti. Né l'investigatore, né i suoi molti seppur ambigui aiutanti risolvono il mistero; il libro non propone una vera conclusione, ma sottolineail prevalere dell'onestà sul piano morale ed affettivo, e il valore positivo di una sorta di animismoche imparenta tutte le manifestazioni della natura.
Servendosi della detective-story come di una traccia,l'autore illumina realtà psicologiche e abitudini mentali in cui la strumentazione logica tipica del giallo convive senza contraddizione con il ricorso spontaneo alle pratiche magiche e al potere allucinatorio delle droghe, in una mescolanza difficilmente comprensibile per lo spirito critico occidentale. Il risultato è un partecipato ritratto della complessa mentalità della sua gente, che non ha esaurito l'esperienza della magia come mezzo di conoscenza e di intervento sul mondo.
Couto ci dice moltissimo sulle condizioni politiche e sociali del Mozambico, e lo fa non con digressioni teoriche, ma attraverso la storia e i personaggi, soprattutto nei dialoghi, o nei lunghi monologhi del protagonista-narratori (vedi, per un significativo esempio tra i molti, il brano sopra riportato, tratto delle pp. 11-12 del romanzo). La guerra di liberazione ha posto fine ad un feroce dominio coloniale, ma ha sostituto la violenza con un burocratismo ottuso, una diffusa corruzione delle classi dirigenti, un regime nazionalista che resta lontano della gente. Le realtà locali, fortemente ancorate all'identità etnica e ai costumi tradizionali, non trovano il dovuto ascolto nel centralismo amministrativo del governo: ciò favorisce la tendenza a rifugiarsi nel microcosmo della tribù e rende difficile la nascita reale e non formale di una comunità di cittadini di dimensione nazionale. Per ben comprendere questo livello di senso occorre una contestualizzazione che percorra la storia coloniale e post-coloniale del Monzambico, e che dia conto, per quanto possibile, delle condizioni precedenti la conquista e di quelle attuali, in modo che sia possibile un confronto di massima. Le informazioni sulle guerre e sulle realtà sociali dell'Africa sono sempre precarie, le prime perché sono per lo più di fonte europea, le seconde perché studiare e interpretare quelle società è veramente arduo, anche per gli ostacoli di carattere pratico. Tuttavia possiamo accontentarci di una conoscenza generica, perché, come già abbiamo detto, Couto denuncia i mali del suo paese con i mezzi della creazione letteraria, tanto più efficaci perché non dicono ma mettono in scena, sollecitando non solo la ragione, ma le facoltà immaginative ed emotiva. E attraverso quelle facoltà perfino un lettore solo sommariamente informato può cogliere il senso profondo della sua critica. Anche questo sforzo di comprensione entra di pieno diritto a far parte di un percorso di educazione alla lettura di testi letterari.
E' però nella sapienza linguistica il merito più alto del nostro romanzo. La scrittura portoghese di Couto fa risuonare, nella lingua del colonizzatore europeo, deformandone le strutture sintattiche e gli usi semantici, i ritmi della lingua orale del popolo. Li rende come può, forzando in paradigmi estranei modi di dire e di pensare dei parlanti locali, in una mescolanza audace, straordinariamente innovativa. La genialità del traduttore ha conservato (come risulta evidente anche dal brano di pp. 11-12 sopra riportato) queste caratteristiche nella versione italiana,permettendo agli studenti di esaminare l'inedito impasto linguistico, e di ‘giocare' ad individuare e a smontare le creazioni espressive più sorprendenti. Un filone stimolante è quello dei neologismi, mai casuali, ma rispondenti sempre ad un bisogno di senso. Basta uno sguardo al brano di pp. 11 - 12, dove troviamo "scontentazioni"per indicare, attraverso il suffisso un'attività (az-ione), e non lo stato passivo connesso al sostantivo di uso comune scontento; o la coppia "necessitoso\ necessitario", dove il primo terminesignifica bisognoso, colui che ha necessità di qualcosa, mentre il secondo designa colui di cui altri ha bisogno (sempre per via del suffisso), e sinteticamente evidenzia la mutata condizione di Ermenegildo.Un esempio ancora: quando da un suo ‘aiutante' gli viene consigliato ri-vivere, per poi poter ri-morire con tanto di esequie, Ermenegildo spaventato risponde: "Vuoi dire che dovrò fantasmicarmi in qualcuno?". (p. 14). In un solo vocabolo abbiamo il significato del processo (trasformar-), dell'azione riflessiva ( -mi), del fantasma (ciò che diventerò) e, grazie alla similarità del significante, della fantasia, forza mentale autrice del processo di trasformazione. E poi i verbi intransitivi violentati dal complemento oggetto, i paragoni assurdi (per noi), le metafore impossibili, ecc. ecc. Andare a caccia di ‘mostri' di grande intelligenza e straordinaria pregnanza significativa è davvero un gioco bellissimo e ricco di soddisfazioni.

Ugo RICCARELLI
Il dolore perfetto
Mondadori 2004, Premio Strega 2004

L'autore è nato nel 1954 a Ciriè, in provincia di Torino, ma la sua famiglia è di origine toscana; attualmente vive a Roma.
E' autore anche di altri romanzi: Le scarpe appese al cuore,  Feltrinelli 1995; Oscar Mondadori 2003;
Un uomo che forse si chiama Schulz, Piemme 1998, Premio selezione Campiello; Stramonio, Piemme 2000; L'angelo di Coppi, Mondadori 2001

Il dolore perfetto è un romanzo storico: la grande storia costituisce uno sfondo strutturalmente interrelato alle vicende private dei personaggi ed appare come un'immensa macchina che tritura, per motivi destinati e rimanere oscuri, le vite degli uomini generando paura e dolore. Gli eventi pubblici si succedono nel corso degli anni investendo con la loro drammatica influenza la folla dei personaggi romanzeschi: il fallito sbarco di Pisacane a Sapri, la costruzione dell'Unità d'Italia, le persecuzioni degli anarchici in lotta per realizzare un'utopia, la strage di Bava-Beccaris a Milano, la tragedia africana dell'Amba Alagi, la Grande Guerra, l'epidemia di spagnola, gli scioperi di operai e braccianti, le violenze degli squadristi, le repressioni poliziesche, il ventennio fascista, la conquista dell'Etiopia e l'Impero, e infine la grande tragedia della Seconda Guerra Mondiale e, ma appena accennati, il dopoguerra e i decenni successivi . I grandi eventi ci sono tutti, ma non sono indagati dalla critica dello storico, bensì descritti per i mali che portarono alla gente. E per l'impulso che imprimono ai mutamenti sociali: la società cambia nella composizione di classe, nei rapporti di lavoro, nei sistemi di produzione. Leclassi subalterne prendono coscienza del loro sfruttamento e dell'ineguaglianza, ma la consapevolezza non cambia - non abbastanza - la violenza della prevaricazione e il dominio dell'ingiustizia. Neppure le grandi innovazioni della tecnologia che avanza e trasforma la vita - la ferrovia che unisce i luoghi lontani e rende mobili le persone, il prosciugamento delle paludi che procura nuova terra all'agricoltura - ha un reale potere salvifico, anche se queste realizzazioni vengono accolte dai personaggi (e raccontate dal narratore) con stupore e partecipazione. Non solo non salvano dal dolore, ma spesso si fanno addirittura strumento di un destino feroce.
Parallelamente alla storia pubblica corrono le vicende private, il cui sfondo è un paese sulle colline toscane, non lontano dal mare. Sono quelle di due famiglie destinate a confondersi per via di un matrimonio. La prima è quella del Maestro, mai chiamato altrimenti, e della vedova Bertorello, con i loro figli e nipoti. Il Maestro è il modello dell'onestà intellettuale, della passione politica e morale, dell'eroica fedeltà all'utopia anarchica, dell'amore esclusivo e fedele, degli affetti intensi e generosi.Naturalmente è destinato al martirio; la pratica costante e altruista del bene gli vale per un certo periodo il sostegno pubblico, addirittura l'ammirazione, ma il potere fascista, pur a tanti anni di distanza dalla sua morte per mano dei soldati di Bava-Beccaris,ne farà ufficialmente un delinquente. La sua memoria vivrà solo nell'anima dalla donna amata e poi dei suoi figli. I discendenti lo seguiranno nella testimonianza del bene; vi saranno dei deboli che si perderanno, ma nessuno sarà veramente cattivo.
L'altra famiglia ha invece un nome: sono i Bertorello. Lafamiglia Bertorello è portatrice di valori diametralmente opposti a quelli del Maestro: brama di ricchezza e di potere, gusto della scalata sociale, indifferenza morale, egoismo personale. I più abili e spregiudicati tra loro si arricchiranno col commercio dei maiali (merce simbolica) e saranno pronti, quanto i tempi matureranno, a fondare una dinastia industriale, incarnazione della nuova borghesia rampante che sosterrà il fascismo. Alcuni membri della famiglia tradiranno, in modi e per motivi diversi, il cliché famigliare, ma è alla seconda generazione che si verifica una drammatica apostasia, quando l'Annina, figlia primogenita del capostipitedei Bertorello, si innamora di un figlio del Maestro e, sposandolo, passa al campo opposto. Annina è l'eroina al centro del romanzo: la sua vita è dedicata a quella difesa dell'umano che l'autore affida prevalentemente alle donne, concrete nelle piccole cure quotidiane e fantasiose nell'apertura ai sogni. Sono le donne la forza coesiva della famiglia: si mostrano capaci di qualunque cosa per difendere quelli che amano, e restano tenacemente fedeli agli ideali e alle memorie. Sono qualità, meglio abitudini di vita, che espongono alla prevaricazione dei malvagi e all'angoscia della perdita: così l'autore racconta, quasi alla conclusione del libro, il dolore perfetto di Natalia, la nuora dell'Annina, a lei simile come una figlia:
Un fuscello nell'acqua si sentì, un giocattolo strapazzato da un bambino capriccioso, e si lasciò scappare un lamento strozzato per tutto quanto era successo, e lei non aveva potuto fare a meno che succedesse nonostante avesse creduto di poterne determinare il corso. Per l'amore, per la morte [...], per i giorni di solitudine, i rimorsi e i pianti, per le notti passate a desiderare che tutto tornasse indietro, che il tempo si fermasse e cambiasse direzione. (pag. 308)

 Molti personaggi condividono con Natalia l'esperienza bruciante del dolore perfetto: la presenza del male materiale e morale è costante, un brivido sotterraneo che percorre tutto la trama e suscita un oscuro presentimento di sciagura - prima di tutto nel lettore - anche nei momenti di serenità, o quasi di gioia. Eppure nonostante ciò altrettanto costante è una sorta di vitalità che si esprime non solo nella forza degli affetti, ma anche in una vocazione al sogno, alla rievocazione e trasfigurazione fantastica dei fatti e delle emozioni. E' una voce che parla attraverso i simboli e fa del romanzo, per un verso cosìinteressato agli eventi della Storia ‘grande' e al suo potere sulla ‘piccola' storia degli individui, un'opera insieme realistica e visionaria in cui possono coabitare documenti e miracoli.Cifra simbolica del libro è una grande macchina, intrico di ruote, pulegge e tubi che Ideale, figlio di Annina e nipote del Maestro (il nome è infatti di tradizione anarchica, oltre che di pregnanza significativa) costruisce nel corso di molti anni. Lo scopo è la realizzazione del moto perpetuo, il nome della creazione è Libertà. E, almeno qualche volta, funziona.

Quello che un tempo era stato il più grande locale dei Bertorelli [...] era adesso occupato interamenteda una costruzione indefinibile, una sorta di gigantesca scultura di acciai, tubi, ruote e fili, qualcosa allo stesso tempo di incongruo e armonico, di sgraziato e sublime. [...]
Senza dire nulla Ideale si avvicinò al frontale di quell'ammasso, da dove spuntava una manovella. Si chinò e dette un solo, unico, lento giro. Immediatamente quel groviglio iniziò a cigolare, le ruote si mossero, le cinghie partirono, gli ingranaggi cominciarono a girare e tutto quanto prese vita, sembrò dondolare, ansare, pulsare come un organismo reale. (pag. 250, 251)

 La macchina, per la complessità dei suoi meccanismi, è metafora dei mille legami che costituiscono le famiglie. Ad un livello di senso più universale però, nella sua realtà precaria, affidata a sottili tiranti e a giunti traballanti, è il simbolo delle utopie generose e disperate. Grazie all'ambiguità dell'arte, e alla promessa scritta nel suo stesso nome, Libertà è anche il simbolo della speranza tenace e sempre rinnovata in un improbabile mondo futuro dove il dominio del male sia più limitato, il dolore meno perfetto.

Per leggere con gli studenti Il dolore perfetto di Riccarelli è necessario un lavoro approfondito di contestualizzazione, perché, trattandosi di un romanzo storico, il contesto non si limita ad essere uno sfondo, ma diventa un elemento dinamico della narrazione. Si tratta di delineare in modo non superficiale lo sviluppo di un secolo della storia italiana, dal Risorgimento al secondo dopoguerra e oltre; perché il quadro abbia vera chiarezza, la ricognizione dovrà essere non solo politica, ma sociale, economica, culturale. Il cento anni trascorsi hanno prodotto un mutamento profondo nella composizione di classe, nella mentalità collettiva, nelle abitudini, nei rapporti tra i gruppi sociali e gli individui; ideologie e valori si sono affermati e sono tramontati, e così concezioni morali e modi di sentire ed esprimere le emozione, di vivere la vita pubblica e quella interiore. Tutti questi aspetti del reale devono essere attualizzati e sottoposti all'attenzione di ragazzi meno che ventenni, per i quali l'epoca narrata, è lontana, anche se, nelle ultimissime pagine - ma è solo un breve accenno - si arriva all'epoca dei computer. Si tratta anche di seguire l'autore nelle incursioni che fa in altre realtà geografiche: la Svizzera e la Francia del primo dopoguerra, l'Ucraina occupata dall'esercito tedesco nella II Guerra Mondiale, la Russia del dopoguerra, e di oggi, il remoto oriente, non altrimenti presente però che come sogno di un altrove misterioso e utopico. Qualche accenno merita anche l'universo scientifico, anche se nel romanzo è chiamato in causa in una dimensione mitica; tuttavia la costruzione di una rete ferroviaria in Italia nella seconda metà dell'Ottocento era destinata a cambiare il volto del paese, e il risanamento delle paludi ebbe un'importanza notevole per le zone interessate (sono queste le due realizzazioni dalla tecnologia a cui Riccarelli affida, come abbiamo detto, significati fattuali e simbolici.). Dal contesto più generale è giocoforza fare un zoom sul microcosmo toscano teatro principale della vicenda, per meglio interpretare il quadro preciso, ma fantasticamente trasfigurato, che troviamo nel romanzo. Il lavoro richiede una interdisciplinarietà allargata, e davvero la lettura di questo libro può costituire il centro di un curricolo ampio e gravido di risultati.
Il romanzo ricchissimo di motivi e rimandi culturali (viene solo il dubbio che vi sia un difetto di eccesso) è scritto in una lingua sontuosa, colta senza essere astrusa, spesso poetica, lontana sempre, anche quando racconta fatti di banale realtà, dai modi della cronaca. Certo alla scrittura di Riccarelli è estraneo il ritmo e il lessico del parlato, mentre è costante la ricerca di una moltiplicazione del senso attraverso il rincorrersi degli aggettivi, le strutture sintattiche nuove o ricercate, gli accostamenti semantici inusuali e ‘stranianti'.Lingua difficile, ma sottilmente musicale, che cattura con le sue cadenze da poema in prosa: adattissimo ad una lettura ad alta voce.

ESERCIZI



Paola MASTROCOLA Una barca nel bosco, Guanda, 2004, premio Campiello 2004,

L'autrice è nata a Torino nel 1956, dove risiede e lavora come insegnante di lettere in un liceo scientifico.
Sempre presso l'editore Guanda ha pubblicato i romanzi: La gallina volante, 1999, Pallina di pane, 2001 e il saggio: La scuola raccontata al mio cane, 2004

Le forme del racconto

1) Il romanzo è articolato in cinque parti, ciascuna delle quali suddivisa in capitoletti (di numero variabile da 11 a 5). Le cinque parti sono intitolate UNO DUE TRE QUATTRO CINQUE: sembra che la narrazione debba distendersi nel tempo secondo il ritmo ordinato del succedersi degli anni. Infatti UNO si apre col protagonista che sta per affrontare il suo primo giorno di scuola in un istituto superiore, e racconta le novità e gli affanni di quell'anno scolastico. Ma la successione cronologica non procede senza salti: la parte TRE vede il protagonista già diplomato e iscritto all'Università, e la parte CINQUE lo vede ormai inserito in un'attività lavorativa. Dove individui le ellissi (cioè i periodi di tempio di cui la narrazione non dice nulla)? Perché, a tuo avviso, vi è questo cambiamento nel trattamento del tempo?

2) Una parte rilevante della narrazione è affidata ai flash back: quale parte della vita del protagonista ci viene raccontata attraverso questo espediente narrativo? Quali personaggi significativi per la vita del protagonista sono delineati esclusivamente nei flash back?

3) Il protagonista - che è anche il narratore in prima persona – occupa subito la scena nella prima pagina del libro: lo vediamo mentre, con grande emozione e grandi aspettative, si prepara ad entrare per la prima volta in un liceo scientifico della città del nord in cui è appena arrivato. Ma la sua storia comincia molto prima, in una lontana isola del sud: ricostruisci la sua vicenda in ordine strettamente cronologico, prima e dopo il suo primo giorno di scuola superiore con il quale il libro inizia.

4) Dove è ambientata la vicenda del protagonista? Elenca sia i luoghi geografici, cercando di evidenziarne le caratteristiche, sia gli interni (es. la casa nell'isola, la casa della zia, ecc.) in cui prevalentemente sono messi in scena i vari episodi che costituiscono il racconto.

5) Quali sono gli ambienti sociali (es. i paesani del villaggio sull'isola, i professori e i compagni, gli amici che frequenta fuori scuola e le loro famiglia, ecc.) che fanno da sfondo alle vicenda del protagonista? Quali le caratteristiche più importanti di ciascuno?

6) Il protagonista è sempre al centro della storia, ma alcuni personaggi sono strutturalmente significativi, sia per l'evolversi della storia, sia per la vita interiore del protagonista, poiché suscitano in lui emozioni e sentimenti, e influiscono sui mutamenti del suo modo di sentire e di pensare. Elenca i personaggi più rappresentativi evidenziandone le caratteristiche e i rapporti col protagonista (per es. il padre = è oggetto di affetto e ammirazione, è un modello di moralità, si sacrifica per farlo studiare e non deve essere deluso, è oggetto di perenne nostalgia, ecc.)

Le forme della lingua

1) ..... e questi sono vestiti strani, con i pantaloni immensi così larghi che non sembra nemmeno che ci siano due gambe dentro, ci navigano dentro e fanno blom-blom quando camminano, anche le ragazze.
Poi invece ci sono altri gruppi che portano i pantaloni strettissimi, di solito jeans e hanno tutto stretto, e anche corto, tipo la maglie che gli arrivano sopra la pancia. le ragazze fanno anche vedere l'ombelico, e alcune dentro l'ombelico ci portano un brillante. In ogni caso glielo guardo, il brillante, ma non tantissimo perché non è che uno possa stare con l'occhio pendulo sugli ombelichi degli altri, soprattutto se sono ragazze.
A parte questi Larghi e questi Stretti, ci sono ci sono anche altri grippi, tipo quelli 7che chiamano Truzzi, ma io per il momento ci ho capito solo fino a qui, solo a vedere come si vestono, poi non so.
p. 29

Questo brano - uno fra i tanti proponibili – contiene termini lessicali e descrizioni che permettono di individuare con notevole precisione gli anni in cui si svolge la vicenda narrata. Elenca questi indizi, ed esplicita a quali anni all'incirca rimandano.

2) Rileggi il capitolo La ragazza in viola (parte UNO): il protagonista ritrae in una condizione di straniamento (cioè dall'esterno', poiché non è integrato nel gruppo sociale che osserva) le abitudini e i consumi di adulti e adolescenti – suoi compagni di scuola, i loro genitori – appartenenti ad una fascia alta della società. Ma il filtro dello sguardo stupito del ragazzo serve all'autrice come veicolo per una critica feroce di quelle abitudini e di quei consumi, e più in generale della standardizzazione dei comportamenti, che sembrano dettati da regole non scritte: bisogna avere il fuoristrada, il motorino, il ragazzo\a, la play station, ecc. Sottolinea nel capitolo i brani in cui la critica ti pare più pungente, ed esprimi il tuo personale parere in proposito.

3)Nel capitolo Latino agile flessibile (parte UNO) l'insegnante di latino presenta una sua metodologia didattica, e subito dopo viene illustrato il metodo dell'insegnante di francese (pp. 26-28). Quali sono le spie linguistiche e retoriche - parole e frasi - che evidenziano l'atteggiamento ironico e critico dell'autrice? Sottolineale.

Il lettore e il senso

1) Che cosa spinge il protagonista a trasformare lentamente l'appartamento in cui vive in una serra? A quale scopo aveva comprato, quando ancora era al liceo, la sua prima pianta?

2) Ritorna al capitolo Latino agile flessibile (parte UNO), che abbiamo già preso in considerazione in un precedente esercizio: sei d'accordo con la metodologia dell'insegnante di latino che propone un insegnamento estremamente facilitato, forse banalizzato ? Qual è invece l'idea della scuola e dell'insegnamento di Madame Pilou? Quale è secondo te il compito della scuola?

3) Esamina il rapporto tra il protagonista, con la passione per le piante, e il suo amico Furio, con la passione per i ‘pelucchi': in che cosa sono simili, e in che cosa diversi?

4) Esamina l'ultimo capitolo del libro, Ma tu...(parte CINQUE): quel è il significato della conclusione, un lungo monologo del protagonista che si rivolge, come in un dialogo a senso unico, al padre morto da tempo?

5) La dedica del libro recita: A tutti coloro che amano le isole o che sono, essi stessi, un'isola. Qual è, secondo te, il significato di tale dedica? Per rispondere, tieni presente il senso del romanzo nel suo complesso, la figura del protagonista, e le sue passioni, aspettative e delusioni, e i cambiamenti che il suo animo subisce nel corso del tempo. Soprattutto tieni presente il senso profondo della conclusione (Ma tu..., parte CINQUE).

Niccolò AMMANITI Io non ho paura, Einaudi Stile Libero, 2001
L'autore è nato a Roma nel 1966; ha esordito con il romanzo Branchie, Ediesse 1994 (Einaudi 1997) Altre opere: Fango,racconti, Mondadori,1996; Ti prendo e ti porto via, romanzo, Mondadori, 1999; Fa un po' male, fumetto in collaborazione con il disegnatore Davide Fabbri,Einaudi'2004

Da Io non ho paura è stato tratto nel 2003 un film dallo stesso titolo, per la regia di Gabriele Salvatores

Le forme del racconto

1) Il racconto è collocato nel tempo in modo esplicito e preciso: infatti a p. 6 (la seconda pagina del testo) si legge: " Quella maledetta estate del 1978 è rimasta famosa come una delle più calde del secolo."
Caldo, afa, siccità sono elementi importante per evocare l'atmosfera, non solo in senso climatico, in cui è immersa la vicenda: seguendo tutti gli indizi utili, in particolare quelli di carattere meteorologico, cerca di determinare approssimativamente la durata nel tempo della vicenda narrata.
2) Durante una scorribanda col suo gruppo di amici nella campagna intorno al loro villaggio, Michele si arrampica su un vecchio rudere e di lì, per ridiscendere, salta sul ramo di un vicino albero, che si spezza. Michele cade, ma non si fa male.
"Ho toccato con le mani la terra, e ho scoperto di essere su una cosa soffice. Il materasso.
[...]
Ho mosso i piedi e ho scoperto che sotto le foglie, i rametti e la terra c'era un ondulato verde, una tettoia di plastica trasparente. Era stata ricoperta come per nasconderla. E quel vecchio materasso ci era stato poggiato sopra.
[...]
Ero cascato sopra un buco [...]
Mi sono avvicinato e ho sporto la testa.
Era la gamba di un bambino. E un gomito spuntava dagli stracci.
In fondo a quel buco c'era un bambino.
[...]
Sono rimasto a guardarlo per non so quanto tempo. C'era anche un secchio. e un pentolino." pp. 31-33.
Qualunque lettore adulto, che abbia vissuto le vicende degli anni '70, capisce immediatamente che cosa sia quel buco, a quale scopo vi venga tenuto nascosto un bambino. Michele ha solo 9 anni e non capisce niente, anche se da quel momento si darà da fare per svelare quel mistero.
Se anche per te questa situazione appare oscura, chiedi all'insegnante, o ai genitori, di aiutarti a capire la situazione, guidandoti nella ricostruzione del clima degli anni '70 attraverso la lettura di giornali e riviste dell'epoca. Questo lavoro di contestualizzazione ti servirà per meglio apprezzare il romanzo e coglierne tutte le sfumature di senso.

3) Quali sono le caratteristiche di Michele, il protagonista della storia? Fanne un elenco, cominciando da quelle esplicitamente indicate (per es. l'età, a p. 6), e aggiungendo poi tutte quelle che è possibile inferire (cioè capire, dedurre) dal testo. Distingui quelle fisiche da quelle del carattere e del comportamento.

4) La vicenda è narrata in prima persona dal protagonista, un ragazzino. Quali effetti ha questa scelta sul tono e sull'andamento della narrazione?

5) Il romanzo ben presto si organizza intorno ad un mistero che il protagonista, e insieme a lui il lettore, sono impegnati a scoprire. Poiché il punto di vista della narrazione è costantemente quello di Michele (anni 9), il lettore, dotato di una enciclopedia più ampia, si rende conto della situazione reale molto prima dello stesso Michele. Quali sono gli effetti di questo artificio narrativo? A che punto del testo il lettore si rende conto di tutte le implicazioni della situazione reale? Che cosa lo aiuta in questa presa di coscienza ? (tieni conto solo di fatti e notizie contenuti nel testo)

Le forme della lingua

1) " Nunzio Scardaccione [era] il fratello maggiore di Salvatore [amico di Michele]. Nunzio non era un pazzo cattivo, ma io non lo potevo guardare. Avevo paura che mi mischiava la sua follia. Nunzio si strappava i capelli con le mani e se li mangiava. In testa era tutto buchi e croste e sbavava. Sua madre gli metteva un cappello e i guanti così non si strappava i capelli, ma lui aveva cominciato a mordersi a sangue la braccia. Alla fine lo avevano preso e lo avevano portato al manicomio. Io ero stato felice.
Poteva essere che il bambino nel buco era mio fratello, ed era nato pazzo come Nunzio e papà lo aveva nascosto lì, per non farci spaventare me e mia sorella. [...].
Forse lui e io eravamo gemelli. Eravamo alti uguali e sembrava che avevamo la stessa età." pp.71-72
Sono i pensieri di Michele, sconvolto per il ritrovamento del bambino nascosto in una specie di prigione scavata sottoterra. Quali parole o espressioni, ‘scorrette' dal punto di vista lessicale o sintattico, sono il segnale che la voce parlante è quella di un ragazzino?
Che rapporto scorgi tra la descrizione di Nunzio, un malato di mente che Michele ha realmente visto, e la fantasia sul bambino nel buco? Quali emozioni spingono Michele ad ‘inventarsi' questa fantasia?

2) A p. 130-131 è messo in scena Felice (un personaggio che ha un certo rilievo nella storia): il narratore lo descriva in preda all'ira, mentre prende a calci ciò che ha intorno, e intanto si abbandona a una specie di monologo, quasi uno sfogo isterico contro un ‘capo' i cui ordini deve suo malgrado eseguire. Nel monologo ( da riga 18 di p. 130 a riga 5 di p. 131) Felice si lascia scappare parole e espressioni ‘pericolose', che potrebbero insospettire un ascoltatore, e portarlo a curiosare su qualcosa che deve essere tenuto assolutamente segreto (il sequestro). Sottolinea le parole e espressioni ‘pericolose', e dì qual è la reazione di Michele.

3) L'artificio linguistico-narrativo messo in atto dall'autore di Io non ho paura consiste principalmente nell'inventare una lingua per Michele, un ragazzino di nove anni che è (deve apparire) l'unico responsabile dell'enunciazione, cioè della lingua del racconto. L'autore crea un gergo infantile efficace ed espressivo che è caratterizzato da:
Rileggi il capitolo 1 controllando se sono davvero presenti le caratteristiche linguistiche che abbiamo elencato: scegli una risposta tra sì \ poco\ abbastanza \ molto \ no.
Vi sono dei punti in cui ti pare che tali caratteristiche siano particolarmente evidenti? Segnalali. Segnala anche i brani che non presentano le caratteristiche indicate (per es. a p. 7 c'è un periodo piuttosto complesso:"Stavo decidendo se tornare indietro o lasciarla là, quando mi sono trovato quarto").

Il lettore e il senso

1) Il protagonista-narratore ha una istintiva sensibilità nell'avvertire il ‘bello' e il ‘brutto', che lo circonda; il giudizio estetico, mai o quasi mai esplicitamente espresso, è implicito, e ben riconoscibile, nelle descrizioni che il suo gergo infantile (vedi esercizio precedente) rapidamente ed efficacemente traccia di cose, persone, paesaggi naturali ed urbani, interni, ecc. Elenca in due colonne le cose che dalle parole di Michele appaiono BELLE , e quelle che appaiono BRUTTE. Per es. BELLE BRUTTE
................................................................................ la mamma ................... Il vecchio
.................................................................................. i tramonti ......................la sua camera da letto.

2) Quali sono i sentimenti di Michele nei confronti di suo padre? rileggi le pp. 160-161: perché, pur avendo scoperto che il padre è fra i responsabili del sequestro del ‘bambino nel buco', Michele gli obbedisce e gli promette di non tornare a trovare il prigioniero? Perché non accusa il padre e non lotta contro di lui? Cosa pensa che succederà al bambino?

3) Rileggi le ultime pagine del romanzo (da p. 201, "Volavo sulla vecchia Scassona." alla fine). Il racconto è concitato: accumula azioni frenetiche e colpi di scena in un crescendo sempre più drammatico. Al centro della scena Michele racconta ed agisce, travolto da emozioni forti: avverte un pericolo terribile e imminente, ma la volontà di salvare il bambino sequestrato è più forte della paura. La narrazione è molto efficace, ma necessariamente ellittica a confusa. Sapresti rimettere in ordine le parole affannate di Michele e raccontare ordinatamente tutto quello che sta succedendo? Mettiti nei panni di un giornalista che debba scrivere un articolo di cronaca.

Gianluca MOROZZI Accecati dalla luce Fernandel 2004
L'autore è nato a Bologna nel 1971 dove vive dividendosi tra le sue due passioni, della musica e della scrittura.
Altre opere: Despero, romanzo, Fernandel, 2001; Luglio, agosto, settembre nero, sette episodi che raccontano l'Italia di oggi, Fernandel, 2002; Dieci cose che ho fatto ma che non posso credere di aver fatto, però le ho fatte, Fernandel, 2003;Blackout, romanzo, Guanda, 2004.

Le forme del racconto

1) L'autore-narratore, per conquistare i biglietti per il concerto di Springsteen al Palamaguti di Bologna il 18 ottobre, deve fare una vera corsa ad ostacoli, contro il tempo e contro difficoltà di ogni sorta. Indica tutte le tappe dell'avventuroso percorso, particolarmente irto arduo perché egli cerca di avere più di un biglietto. A quale espediente ricorre per ottenere il suo scopo?

2) Salvo i viaggi raccontati nei flash back, l'azione del romanzo si svolga interamente a Bologna, che viene continuamente attraversata dal protagonista e dai suoi amici: quale aspetto della realtà cittadina è più frequentemente presente sulla pagina?

3) Intorno al protagonista si muove un affollato universo di tipi umani. In primo piano troviamo gli amici che lo affiancano nella ricerca dei biglietti, o che lo hanno accompagnato nei viaggi organizzati per seguire in altra città le tournée di Springsteen. Sullo sfondo ci sono fan di Springsteen incontrati in questo o quel concerto, con cui bisogna lottare per la conquista dei posti migliori negli stadi o nei palasport in cui si esibiscono Springsteen e la sua band. Il mondo degli springsteeniani è sempre uguale, si manifesta identico a se stesso a Milano o a Vienna, a Bologna o a Barcellona. Morozzi disegna questo mondo e lo popola di personaggi volutamente disegnati a una dimensione, per come sentono e agiscono nel momento in cui si abbandonano alla loro passione.I ritratti sono schizzati in modo veloce ed efficace, e ritornano più volte sulla pagina. Descrivi, nelle loro caratteristiche distintive, alcuni di quelli che ti paiono più riusciti.

4) Ricostruisci, seguendo la linea del racconto costituita dai flash back, la storia dell'iniziazione del protagonista alla religione del rock e in particolare al culto di Springsteen.

Le forme della lingua

1) Come abbiamo già accennato nella presentazione, nel racconto vi è una linea narrativa esclusivamente centrata sul presente. L'impressione è che il narratore-protagonista riprenda se stesso mentre parla e agisce. Eccolo con i suoi amici mentre cerca di intercettare Bruce Springsteen giunto a Bologna per il famoso concerto del 18 ottobre 2003:
"Solchiamo il portico di via Rizzoli a passo svelto, schiviamo gente che cammina in fretta in senso opposto, va di fretta verso il lavoro, va di fretta verso la fermata, va di fretta a casa a vedere Chi vuol essere milionario, senza sapere chi è appena arrivato nella nostra città, chi sta visitando da turista le strade e i vicoli in cui siamo nati, senza sapere niente.
I miei compagni di cordata sono carichi di vinili da farsi firmare, libretti dei cd da farsi firmare, foto da farsi firmare, tutti attrezzati tranne me. [...]
Di fronte al palazzo di re Enzo, Alberto [uno degli amici del narratore] fiuta l'aria come un setter. Guarda a destra, dritto, a sinistra, domanda Voi dove andreste se foste un musicista americano in giro per Bologna?, più a se stesso che a noi. Non aspetta nemmeno la risposta, dice Io andrei a sinistra, e si proietta sotto il Pavaglione con noi tre alle calcagna." pp. 107-108
In questo brano parole, espressioni, riferimenti a realtà fuori del testo, ne segnalano la ‘contemporaneità, cioè ci dicono che è stato scritto negli anni che stiamo vivendo. Sottolinea tutto ciò che ti pare indicativo in questo senso.
Anche la punteggiatura contribuisce a rendere veloce e divertente la scena: in quali punti si discosta dall'uso canonico? Con quale effetto?
Il brano è dominato dalla figura retorica dell'ironia: quali espressioni usa l'autore per renderla evidente?

2) L'ironia pervade tutto il romanzo, ne costituisce per così dire il tono generale: cerca un brano in cui ti paia che sia felicemente espressa, e motiva la tua scelta.
Come avrai notato, la sintassi è molto veloce (vedi, per es., pp. 91-95), prevalentemente paratattica; a volte il periodo è costituito da una proposizione nominale (senza predicato verbale), o da una proposizione dipendente (senza la principale). Ti sembra che questo ritmo sintattico indiavolato sia un artificio retorico funzionale al tono ironico del testo? Motiva la risposta. Sapresti trovare, in altri passi del romanzo, esempi indicativi in questo senso?

3) Il narratore-protagonista dipinge se stesso per quello che veramente è nella vita: un fan di Bruce Springsteen, e un giovane scrittore che ha già pubblicato qualche libro, e sogna il successo. Alle pp. 69- 73
le due anime sono entrambe in scena: come presenta se stesso in veste di scrittore? Rileggi l'episodio della presentazione del libro nella libreria di Rimini (pp. 69-71): con quali artifici, narrativi e retorici, costruisce l'ironica relazione dell'evento e l'improbabile ritratto di sé come autore? Sotto il tono scanzonato e paradossale quale opinione ha di sé come scrittore?

Il lettore e il senso

1) Il narratore-protagonista, dominato dalla passione per la musica di Bruce Springsteen e pronto a spendere tempo e fatica per riuscire ad ascoltare dal ‘vivo'la sua star, sia pure timidamente e come fra parentesi parla anche dei propri affetti profondi. Sapresti ‘ripescare' i passi del testo in cui colloca questi momenti sentimentali? Che cosa aggiungono al senso generale dell'opera?

2) Quali sono le idee politiche del narratore-protagonista? In quale occasione deve scegliere tra la fedeltà alle sue idee e la sua passione per Bruce Springsteen?

3) Al di sotto dello scatenato ritmo linguistico e dell'ironia pungente il narratore-protagonista esprime una sua filosofia di vita e un sistema di valori coerente. Prova a renderli espliciti osservando il comportamento dei personaggi e interrogando il testo.

Jonathan COE, La banda dei brocchi, 1° edizione inglese 2001
traduzione italiana di Roberto Serrai, Feltrinelli, 2002
Universale Economica Feltrinelli, 2004.

Le forme del racconto

1) Il libro inizia con una data – 2003 – e il capitoletto introduttivo si chiude sulla voce di Sophie che promette al suo compagno, Patrick, di raccontargli la storia degli anni giovanili dei loro genitori. La voce narrante di Spohie si mantiene coerentemente per tutto il racconto? Nel corpo del romanzo – cioè dalla p. 15 alla p. 374 - la narratrice Sophie compare ancora in modo riconoscibile? Se sì, dove? Che tipo di narratore è responsabile della narrazione? (per la risposta non tenere conto delle pagine in cui sono riportati documenti scritti attribuiti a vari autori).
Gli autore dei vari documenti scritti che integrano il racconto principale sono sempre indicati, ma le loro caratteristiche ovviamente sono visibili anche nell'organizzazione dello scritto e nella materia narrata: scegli i due o tre documenti che ritieni più significativi e indica le caratteristiche di ciascun autore.

2) Tra i documenti scritti inseriti nel romanzo quasi tutti, e sicuramente i più significativi, hanno anch'essi un carattere narrativo, cioè raccontano un pezzo della vicenda. Quali, a tuo avviso, entrano organicamente nella struttura dell'intreccio e concorrono con un contributo necessario (cioè non eliminabile) alla costruzione del senso complessivo del romanzo? Motiva la tua risposta in moto preciso per ciascuno dei documenti che prenderai in considerazione.

3) La vicenda narrata – escluse le poche pagine di introduzione e conclusione – è collocata negli anni '70. Con un'evidenza quasi pedante viene indicata la data di inizio: 15 novembre 1973. Il contenuto riporta il lettore all'atmosfera di quegli anni: abitudini e modelli di vita, tematiche politiche e sociali, fatti di cronaca e avvenimenti pubblici, fino al dramma del terrorismo dell'IRA. Cerca nel libro un certo numero di questi ‘segnali epocali' e su di ognuno scrivi un breve commento sottolineando i motivi per cui lo consideri significativo.

4) Il più importante tra i documenti inseriti nel corpo della narrazione è un frammento di autobiografia di Benjamin, il protagonista, che assume così il ruolo di voce narrante. Questo documento sposta in avanti il limite temporale della ‘rievocazione', fino alle elezioni del 1979, e riprende da un punto di vista in parte nuovo alcuni dei temi e delle storie già presenti nel romanzo. Fai un riassunto ordinato ‘per argomenti' del documento, sottolineando quanto ci sia di nuovo o di diverso rispetto alla narrazione precedente.

Le forme della lingua

1) Alcuni dei documenti scritti inseriti nel romanzo provengono dal giornale scolastico La Bacheca. Tra gli altri troviamo, tratte dalla rubrica La posta dei lettori, curiose lettere a firma Arthur Pusey-Hamilton, Mbe (member of the british empire). Rileggi quella riportata alle pp. 225-227 Quale registro linguistico vuole parodiare? (un suggerimento: è il registro linguistico usato comunemente in una corrispondenza di carattere ufficiale)
Come, dal punto di vista retorico e stilistico, la scrittura di questa lettera?

2) Nell'economia del romanzi i dialoghi hanno una notevole importanza: sono costruiti con grande sapienza al livello dei contenuti, delle caratterizzazioni psicologiche e della struttura retorica, portando in primo piano i punti di vista degli interlocutori e alludendo al contesto sociale e culturale del momento.
Ecco un esempio: Binjamin è al pub con due amici più grandi, Malcom e Reg.
"Sei mica un socialista?" domandò Reg [ a Benjamin]. "O un deficiente di un Tory?"
"Non so" disse Benjamin. "Un deficiente di un Tory. Credo."[Tory era il padre di Benjamin, vedi p.
173]. Un'altra risata sguaiata.
"E scommetto che pensi che quelli dell'IRA sono una banda di stracciaculi assassini, vero? [...]"
"Lascialo in pace, Reg. Va a una scuola per fighetti, non ha avuto la possibilità di imparare."
"E allora regalagli Il filantropo vestito di stracci per il suo compleanno. E qualche libro di George Orwell, già che ci sei." Reg si chinò fin quasi a toccare il viso di Benjamin. [...] "Devi svegliarti, Figliolo, presto o tardi. Devi svegliarti e accorgerti di quello che sta succedendo in questo paese."
"Vuoi dire con i sindacati?"
"No, non voglio dire con i sindacati. Nei sindacati c'è brava gente, sai. Intendo quelli che si stanno mettendo insieme contro i sindacati. Parlo di colonnelli in pensione con idee ingannevoli [...]. E amici del partito conservatore."
Stando a quanto dice in questo dialogo, quali sono le idee politiche di Reg ?(nota che la prima domanda rivolta Benjamin implica un giudizio negativo anche sui socialisti).
A quale contesto politico e sociale rimanda questo dialogo? Quali sono i problemi sul tappeto in Gran Bretagna negli anni '70?
La battuta di Reg sull'IRA implica che Reg approva le loro azioni terroristiche? O piuttosto vuole sottolineare che nella questione irlandese non vi è solo il fenomeno del terrorismo, ma vi sono anche problemi di ordine politico e sociale? Quali?
Quale giudizio dà Reg del King William? Pensa che cerchi di influire sull'orientamento politico degli allievi? In quale direzione? A quale classe sociale appartiene la maggioranza degli allievi del King William?
Benjamin, all'invito di Reg ad accorgersi "di quello che sta succedendo in questo paese" (dal contesto è chiaro che Reg pensa stia succedendo qualcosa di negativo) risponde: "Vuoi dire con i sindacati?": quale parte politica attribuiva al sindacato la responsabilità della difficile condizione economica dell'Inghilterra in quegli anni? In che relazione sta questa posizione col fatto che Benjamin si è dichiarato un Tory?
Reg, specie nei suoi ultimi interventi, afferma è cominciata una fase di deterioramento del clima sociale e politico della Gran Bretagna: quale fu l'evoluzione politica della Gran Bretagna nei decenni '70-'80? Per rispondere rileggi anche p. 174, righe 1-12 ed eventualmente conduci una piccola ricerca storica.

Il lettore e il senso

1) Nella vicenda narrata assume una significativa importanza la vita scolastica, sia per l'incidenza che nell'economia della vicenda ha l'ambiente scuola - molti dei protagonisti sono compagni di classe – sia per i modelli che istituzione scolastica propone ed impone agli alunni, e in modo indiretto all'intero corpo sociale. Come risulta chiaro leggendo il romanzo, il sistema scolastico inglese degli anni '70 ha due fondamentali caratteristiche. Da un lato, grazie ad un sistema di borse di studio, è largamente democratico in quanto fa sì che "un sindacalista e un dirigente possano mandare i figli alla stessa scuola " ( v. p. 22: si tratta del prestigioso istituto superiore King William, i cui diplomati sono destinati a Oxford e Cambridge), e noi sappiamo che quella scuola è frequentata anche da Richard, un nero figlio di immigrati giamaicani, operai. Sembra siano garantite pari opportunità a tutti, per lo meno a tutti i meritevoli. Dall'altro lato è una scuola decisamente, a volta duramente meritocratica (vedi, per es. la storia della rivalità tra Richard e Culpepper, con la sua coda di violenze e sopraffazioni). Tenendo conto di tutto ciò, e soprattutto della lettura del romanzo, dove questi temi emergono intrecciati alle storie e alle sensibilità dei personaggi, esprimi la tua opinione su questo sistema scolastico in modo articolato (i pro e i contro) e motivato. Cerca anche di impostare un confronto tra il sistema scolastico dell'Inghilterra degli anni '70 e quello che stai sperimentando nel corso dei tuoi studi nell'Italia di oggi.

2) Nel libro affiora a più riprese il problema del razzismo, reso più esplosivo dall'alto numero di persone di colore residenti in Gran Bretagna. Il governo del Regno Unito, infatti, mentre la sue ex colonie si costituivano in stati indipendenti, aveva rispettato tutti i diritti acquisiti dagli ex sudditi, e aveva concesso con larghezza la cittadinanza britannica. Metti insieme tutti i brani del romanzo che portano un contributo significativo al tema del razzismo, in particolare quelli che raccontano i rapporti tra Culpepper e Richards e la loro rivalità, fino alla drammatica conclusione.
Quali sono i termini del problema secondo la presentazione che ne fa il narratore? Da quanto dice nel romanzo, è possibile indovinare le sue personali posizioni politiche e morali sul razzismo?

3) Nonostante la composita struttura dell'intreccio e la varietà delle voci narranti che concorrono a costruire la storia, nel romanzo è ben riconoscibile una visione del mondo e un sistema di valori e modelli comportamentali connotati come positivi. Delinea un quadro il più possibile esaustivo di questo livello del significato. Secondo te l'autore si riconosce in questo patrimonio di idee e di scelte morali?
Quali sono le tue opinioni rispetto a questo patrimonio di idee e di scelte morali?

Mia COUTO Sotto l'albero del frangipani *, traduzione di Roberto Mulinacci, Guanda, 2002

L'autore è nato a Beira, in Monzambico, nel 1955. E' considerato una dei maggiori scrittori contemporanei in lingua portoghese. Esercita anche l'attività di giornalista e di direttore di giornali e riviste.
Solo un'altra delle sua molte opere è stata tradotta in italiano: il romanzo Terra sonnambula, Guanda, 1999.

* nome comune della plumiera rubra e alba, pianta originaria dell'America centrale: ha grandi fiori rosei di profumo analogo a quello del gelsomino. Massimo Frangipani, nobile romano di epoca medioevale, aveva inventato un profumo che risulto poi essere simile a quello della plumiera rubra

Le forme del racconto

1) Esamina la situazione di straniamento ad apertura del romanzo, costituita dalla voce narrante affidata ad un morto, e mantenuta inalterata per tutta la narrazione. Il lettore (in particolare un lettore del mondo occidentale) è trasportato in una ‘cultura altra' rispetta a quella abituale: quali sono le caratteristiche distintive di questa ‘cultura altra'?
Pensa ora a capolavori della letteratura occidentale del passato, per esempio ai poemi omerici dove le divinità si incontrano con gli uomini, le ombre dei morti sono chiamate ad agire e a parlare, e tra i personaggi vi sono animali divini (per es. i cavalli di Achille): è possibile trovare qualche analogia tra questo mondo e quello del romanzo di Couto?

2) Alcune caratteristiche del romanzo sembrano rimandare allo schema della detective story: una morte misteriosa, un investigatore, un'inchiesta, una serie di interrogatori a possibili testimoni o indiziati. Quali elementi sono invece contraddittori rispetto alla struttura del classico romanzo giallo?

3) Abbiamo detto che la voce narrante, quella del ‘morto', si mantiene costante per tutta la narrazione: tuttavia l'autore moltiplica i punti di vista affidando a tutti i personaggi interrogati come testimoni una porzione di racconto. Esamina in particolare il capitolo XI: qual è il ‘pezzo di verità' raccontato da Ernestina?

Le forme della lingua

1) Nella presentazione al romanzo abbiamo sottolineato la eccezionale pregnanza espressiva dei neologismi, creazioni linguistiche che sono costellazioni di sensi: cerca degli esempi (sono frequentissimi) e per ciascuno esplicita tutti i significati a cui rimandano.

2) Nella Confessione di Nâozinha (capitolo IX) leggiamo:
"Ma io ho un segreto, mio e unico. Qui lo sanno i vecchi e nessun altro. [...]. Ascolti bene: ogni notte io mi converto in acqua, mi trapasso in liquido. Il mio letto è, per questa ragione, una tinozza. Perfino gli altri vecchi sono venuti a testimoniarmelo: mi corico e comincio a traspirare in abbondanza, la carne si traduce in sudori. Scorro, liquidisfatta. Ciò duole tanto a vedersi che gli altri si ritirano timorosi Non c'è mai stato chi assistesse fino alla fine quando io mi svanivo, trasparente, nella tinozza.
Lei non mi crede? Venga a vedermi, allora. Stanotte stessa, dopo questa conversazione. Ha paura? Non tema. Perché, appena fa giorno, di nuovo la mia sostanza si rifà." p. 83
In questo brano la realtà di riferimento abituale (quello che siamo abituati a chiamare ‘il nostro mondo') e il mondo ‘altro' del romanzo di Couto sono intrecciati insieme nel breve giro di poche righe; la sintassi è regolare, il lessico presenta un solo audace neologismo, liquidisfatta . Individua i due ‘mondi' nelle loro diverse caratteristiche e analizza in che modo sono messi in contatto tra di loro. (Un esempio: l'invocazione di testimoni coma garanzia di verità rimanda a dati reali, mentre la trasformazione ‘magica' evoca un'esperienza onirica, ecc.)

3) Ermenegildo, la voce narrante, è uscito dal suo sepolcro e si è annidato nel corpo e nella mente di Izidine Naita, l'ivestigatore. Ecco come Ermenegildo descrive questa stravagante intimità: "Perché questo Izidine, adesso, sono io: Vado con lui, vado in lui, vado lui" (p. 19). Le tre diverse funzioni sintattiche del pronome ‘lui' costituiscono un climax per descrivere una intimità sempre maggiore tra le due persone. Traduci in parole tue questa progressione, rendendo esplicito il significato dei tre diversi usi di ‘lui'.

Il lettore e il senso

1) Uno dei significati del romanzo riguarda il giudizio sul periodo post-coloniale e sull'efficace dell'azione del governo nazionale in campo sociale e politico. Quali sono le critiche mosse al governo?

2) Nel capitolo V, La confessione del vecchio portoghese viene a galla il problema dello sradicamento. Quali sentimenti il vecchio portoghese nutre nei confronti della sua patria d'origine? e nei confronti del Monzambico? Perché non è partito con la moglie dopo la guerra d'indipendenza? Con quale paragone esprime il suo stato d'animo? Perché dice che il Monzambico che ha amato sta morendo? (p. 47)
Rileggi le parole che Ernestina, la moglie di Vasto Excelêncio (l'uomo sulla cui morte si indaga) rivolge al vecchio portoghese:
" E' che lei è bianco. Lui [Vasto Excelêncio] ha bisogno di maltrattarla"
[...]
" Ha paura che lo accusino di razzismo"
(capitolo V, La confessione del vecchio portoghese, p. 51),
Che cosa intende dire Ernestina con queste affermazioni?
Quale pregiudizio condiziona il comportamento di Vasto Excelêncio?

3) Un elemento (definirlo semplicemente ‘personaggio' sarebbe riduttivo ) importante per la particolare struttura di questo romanzo è il pangolino, "il mio animale di stima" (vedi p. 13), cui è affidata una fondamentalmente una funzione di collegamento: tra quali diversi livelli del mondo possibile rappresentato nel romanzo?

4) Il mondo del romanzo è ancora immerso in una cultura di tipo animista: l'individuo non vive solo dentro la propria vita personale, ma in una realtà per così dire collettiva, il gruppo etnico di appartenenza. La tribù mantiene la propria coesione attraverso miti e riti comuni, e sempre grazie ad essi spinge le sue radici oltre il confine della morte per affondarle nell'humus salvifico costituito dalle anime degli antenati. In questa cultura la vita vegetale e animale ha una contiguità fisica con il mondo umano ed è d'altra parte sede e simbolo di forze naturali investite di un potere soprannaturale.
Cerca nel libro passi significativi a conferma di questa affermazione.
Vi sono nel mondo di oggi, secondo te, residui riconoscibili di una mentalità e di una cultura animista?

Ugo RICCARELLI Il dolore perfetto Mondadori 2004, Premio Strega 2004

L'autore è nato nel 1954 a Ciriè, in provincia di Torino, ma la sua famiglia è di origine toscana; attualmente vive a Roma.
E' autore anche di altri romanzi: Le scarpe appese al cuore, Feltrinelli 1995; Oscar Mondadori 2003;
Un uomo che forse si chiama Schulz, Piemme 1998, Premio selezione Campiello;
Stramonio, Piemme 2000;
L'angelo di Coppi, Mondadori 2001

Le forme del racconto

1)Quali sono le caratteristiche strutturali, riscontrabili nel romanzo in esame, che collocano Il dolore perfetto nel sottogenere romanzo storico? (Vedi, a questo proposito, anche la presentazione del libro).

2) La vicenda del romanzo si distende per un lungo arco di tempo, ed ha come sfondo un travagliato periodo di storia italiana (ed europea). In quali anni il Maestro arriva al Colle? Quali sono gli indizi forniti dal testo per questa collocazione temporale? Quale evento storico, già antico quando il Maestro arriva al Colle, ma ancora vivo nel suo ricordo (vi partecipò un cugino) viene ricordato nelle prime pagine del romanzo, contribuendo alla datazione?
Quali indizi presenti nel testo (dopo che a p. 293 un inciso: "qualche anno dopo che la guerra era finita" indica per l'ultima volta una datazione precisa) consentono di collocare nel tempo, sia pure in modo approssimato, l'ultimo atto della vicenda, il viaggio di Sole in Russia per conoscere la cugina?

3) In quale spazio geografico si colloca la vicenda? Tralasciando i viaggi dei protagonisti e i loro soggiorni, a volte lunghi, o addirittura definitivi, in paesi lontani, descrivi il paesaggio toscano che è, in modo quasi esclusivo, il palcoscenico della vicenda disegnando (con le parole o, se ne sei capace, anche con la matita) gli aspetti che lo compongono (il paese in alto, la zona del Prataio, ecc. ecc.), senza dimenticare gli elementi che lo ‘arredano' (vegetazione, case, ferrovia, ecc.), e facendo cenno alle mutazioni strutturali che hanno avuto luogo nel corso del tempo.

4) Quali sono le caratteristiche distintive del narratore del romanzo? Serviti di rimandi al testo per rispondere.

Le forme della lingua

1) La vedova Bartoli si guadagna la vita ospitando nella sua casa dei pensionanti: uno di questi è il Maestro, appena giunto dal suo paese del meridione per prendere servizio nella scuola elementare del Colle. Bastano pochi giorni perché la donna si senta catturata da quella presenza riservata e gentile. Questo amore metterà in moto tutta l'intricatissima vicenda:

"Fu con un certo stupore, dunque, che nel mezzo di una notte si mise a pensare alla vita del Maestro, immersa com'era nel desiderio di scoprire qualcosa di più su di lui, sulle sue abitudini schive, su quelle lunghe passeggiate solitarie. Quasi si spaventò nel constatare che già da molte notti questi pensieri l'accompagnavano per le stanze della casa, o giù per la discesa verso il Padule, dove immaginava il Maestro a passeggiare non più da solo ma in sua compagnia, leggendole un libro e raccontando di sé, del suo lavoro.
Eppure, nonostante cercasse il sonno, e nel cercarlo si sforzasse di tornare all'antica abitudine di immaginarsi Fosco Bartoli e una vita che mai sarebbe stata accanto a lui, dentro quei sogni l'imponente figura del marito pian piano si mutava, e il suo volto prendeva sempre i contorni giovani e gentili del Maestro e, addirittura, talvolta questi si stemperavano, si addolcivano sempre più e scivolavano assieme a lei dentro il conforto di un sonno caldo e ristoratore nel quale, non poche volte, il suo pensionante aveva osato rivolgerle lo stesso sguardo d'intesa con cui il defunto la sapeva tranquillizzare." (pp. 15-16)

In questo passo il narratore sembra ritirarsi nell'ombra per lasciare il primo piano al punto di vista del personaggio; tuttavia il personaggio non prende direttamente la parola, la mediazione della voce narrante non viene mai meno. Quali segnali denunciano ne denunciano la presenza?
Trova altri esempi in cui la situazione narrativa sia analoga a quella esemplificata da questo brano.

2) la lingua del romanzo di Riccarelli è costantemente tenuta su un registro formale, lontana da quello del parlato anche nel dialogo (salvo poche eccezioni). Rileggi per es. il dialogo tra i due fratelli, Cafiero e Ideale delle pp. 166-167 e cerca nelle battute le caratteristiche formali che (a livello sintattico e lessicale) sono tipiche della lingua scritta.

3) Durante la lettura del lungo e complesso romanzo il lettore è accompagnato dalla voce narrante, sempre avvertibile; i personaggi non sono mai completamente padroni della scena, nemmeno nei dialoghi (pochi e solitamente brevi), dove le battute degli interlocutori sono intercalate da circostanziati commenti del narratore. Secondo te questa caratteristica del romanzo è connessa con la predilezione dell'autore per una scrittura di registro formale ?
La scelta di un registro costantemente formale che cosa lascia capire circa il rapporto dell'autore con il mondo esterno che ricrea nella sua opera?

Il lettore e il senso

1) Durante l'arco di tempo in cui la narrazione di Riccarelli si dispiega, molti sono gli avvenimenti che segnano la storia dell'Italia (e dell'Europa), e ciascuno di essi in vario modo interagisce con profondi mutamenti nella struttura economica e sociale della società italiana in generale, e del microcosmo regionale (la Toscana meridionale) in cui è collocata la vicenda. Scegli uno degli avvenimenti della ‘grande storia' ricordati nel romanzo ed esplicita le novità in campo economico e sociale che ad esso si accompagnano. Scendendo poi dalla ‘grande storia' del potere alla ‘piccola storia' della gente comune, analizza le conseguenze di quello stesso avvenimento sulla vita del personaggi.

2) Il Maestro, presentato ad apertura di libro, è l'archetipo di tutti i personaggi positivi del romanzo. Il suo operare si dispiega in molti campi dell'attività umana: quali? Quali virtù specifiche mostra in ciascuno di essi?
Nel Maestro anche l'affettività è ricca e si dispiega in diverse direzioni: chi ama? come si rapporta con coloro che ama?
Nella sua vicenda biografica e nella sua dimensione spirituale sono rintracciabili i tratti che costituiscono le caratteristiche tipiche del ‘martire': sapresti indicarne alcune?

3) Il romanzo manifesta una forte sensibilità etica, poiché i personaggi sono prima di tutto giudicati secondo la loro condotta, e severamente divisi in buoni e cattivi.
Ti pare che questo implichi da parte dell'autore un atteggiamento rigido e conformista? Ti sembra che si adegui ad una morale socialmente consolidata, o che scavi al di sotto della superficie del perbenismo? Quali sono i criterio di giudizio per riconoscere i buoni? e i cattivi? Quali valori sono considerati positivi e quali negativi?

4) La passione per i motori e la meccanica riempie l'anima di Ideale, figlio di Annina, fin da quando chiede allo zio di entrare a lavorare nella sua officina (vedi p. 241). Da quel momento prende corpo un grande progetto, nutrito di spinte intellettuali e morali: sognando di produrre il moto perpetuo, Ideale fa crescere nelle viscere della casa una macchina labirintica chiamata Libertà (vedi p. 251). Sarà Sole, figlio di suo fratello, e dunque nipote di Annina, a perfezionarne il meccanismo, che però non è ancora perfetto, ancora non raggiunge il moto perpetuo (vedi pp. 320-321). Rintraccia le apparizioni della macchina nel romanzo e cerca di scoprire le connotazioni simboliche e salvifiche che convergono su di lei parallelamente al suo crescere, fino a contenere "tutta la vita del Colle" (p. 321).
Nella presentazione del romanzo di Riccarelli abbiamo scritto: "Cifra simbolica del libro è una grande macchina, intrico di ruote, pulegge e tubi che Ideale, figlio di Annina e nipote del Maestro ...costruisce nel corso di molti anni. Lo scopo è la realizzazione del moto perpetuo, il nome della creazione è Libertà.
La macchina, per la complessità dei suoi meccanismi, è metafora dei mille legami che costituiscono le famiglie. Ad un livello di senso più universale però, nella sua realtà precaria, affidata a sottili tiranti e a giunti traballanti, è il simbolo delle utopie generose e disperate. Grazie all'ambiguità dell'arte, e alla promessa scritta nel suo stesso nome, Libertà è anche il simbolo della speranza tenace e sempre rinnovata in un improbabile mondo futuro dove il dominio del male sia più limitato, il dolore meno perfetto."
Alla luce della ricerca condotta sul significato della ‘macchina' nell'economia del romanzo, trovi questo intervento totalmente, parzialmente, per nulla accettabile? Motiva la risposta.